La consapevolezza e la padronanza del nostro corpo sotto ogni profilo funzionale è indubbiamente legata alla connessione di una grande quantità di informazioni cognitive e sensoriali che sono “progettate” e regolate da strutture neuronali differenti.

Tuttavia, di fronte ad una disabilità fisica, psichiatrica e/o cognitivo comportamentale possono subentrare disturbi della cognizione e della consapevolezza corporea sia su di un piano neurologico che psicologico. Ed è proprio anche attraverso lo studio di soggetti che presentavano lesioni cerebrali che è stato possibile comprendere con maggiore chiarezza gli elementi legati alla “fabbricazione” delle nostre consapevolezze somatiche e motorie.

Come intervenire quindi almeno in parte sulle alterazioni a vari livelli della “coscienza” del nostro corpo? 
Indubbiamente una risposta la si ritrova nell’attività fisica: infatti, innumerevoli studi oggi dimostrano proprio come sussista uno stretto rapporto tra disabilità motoria e pratica sportiva; e alla luce di questo è sempre più necessario, quando ci si occupa di disabilità, favorire un graduale mutamento della modalità con cui viene riconosciuta a livello sociale e culturale il senso dell’attività sportiva nella disabilità.

Infatti, per una persona in fragilità riconoscere un corpo sempre più competente permette anche una ricostruzione emotiva delle proprie angosce legate ai vissuti di un corpo (che oltre ad avere perso molti aspetti di funzionalità) si interfaccia non solo a livello soggettivo con se stessi, ma anche a livello relazionale e sociale con il mondo esterno.

Quali sono gli ingredienti per una buona attività fisica e motoria per persone in fragilità?
È necessario partire con una valutazione funzionale, ossia una radiografia iniziale dello stato clinico di partenza. Nel Centro ALP Life, ad esempio, utilizziamo in maniera integrata strumenti BTS Bioengineering, con lo scopo di analizzare le condizioni posturali e elettrofisiologiche del paziente sia in una fase inziale che nel corso dell’intero percorso di attività fisica).

L’attività fisico-motoria nelle disabilità

Anche gli strumenti di lavoro sono fondamentali: è indicato l’utilizzo di attrezzi isotonici, in quanto l’allenamento isotonico risulta funzionale sia per il potenziamento muscolare, che un’azione preventiva verso gli infortuni e il recupero di gruppi carenti. Nella nostra palestra ALP LIFE è presente una macchina per zona del corpo ed è possibile allenare tutti i gruppi muscolari con esercizi differenti; anche la nostra attrezzatura Tecnobody permette di avere un rimando immediato nel visionare i progressi ottenuti.

L’attività fisico-motoria nelle disabilità

Infine, è sempre necessario avere un’équipe specialistica che sia in grado di valutare il corretto percorso da proporre. In ALP Life collaborano: i fisioterapisti Roberta Bonaldi e Matteo Magoni; l’ingegnere biomedico Federico Cavagna; la Psicoterapeuta Dott.ssa Claudia Maggio e il Neurologo Dott. Sandro Feller.

È quindi fondamentale oggi iniziare a valorizzare la pratica sportiva proprio nel mondo delle diverse fragilità attraverso una visione sistemica che possa fondere il concetto di educazione al movimento del corpo in un quadro fisiologico e funzionale e che possa consentire la riappropriazione del riconoscimento di un corpo “in fatica”.

Il nostro corpo, infatti, rappresenta il primo biglietto da visita nella presentazione agli altri: un corpo percepito come totalmente impotente ed inefficace, oltre ad una percezione soggettiva che inevitabilmente sviluppa vissuti negativi del proprio Sé, elicita anche un blocco nel confronto con il mondo relazionale e sociale che ci circonda. Inoltre, le azioni del nostro copro e l’efficacia di esse attraverso il movimento identificano, se in armonia con la sensazione di essere adeguati, un vero e proprio ponte tra il nostro mondo interiore (i nostri pensieri ed i nostri vissuti) e l’esternalizzazione di essi al mondo esterno.

Lo sport in questo senso rappresenta un incentivo ed uno sprono nella ricostruzione di competenze motorie ed in maniera indiretta anche di abilità trasversali anche di fronte a situazioni di fragilità, permettendo di “riprogrammare” in maniera più estesa anche la percezione di noi stessi ed agevolando la “ri-Identificazione” delle nostre potenzialità non solo fisiche e motorie, ma anche emotivo-affettive e cognitive.

Infatti, l’attività sportiva diviene una potente arma di riconoscimento del Sè a vari livelli identitari, basti pensare a come il nostro Sé corporeo si sviluppi in maniera dinamica proprio attraverso quello che conosciamo, le nostre esperienze, il nostro mondo affettivo e i nostri ricordi e il modo in cui questi elementi siano in continuo scambio tra noi stessi ed il nostro mondo esterno.

Lo sport deve quindi entrare a fare parte in maniera continuativa anche nel mondo esperienziale di qualsiasi disabilità, così come nel mondo esterno. È necessario, infatti, liberare quest’ultimo dai tanti pregiudizi (ancora oggi fortemente presenti) sul significato dell’attività fisica nelle fragilità, ossia dove l’attività fisica sia vista solo a scopo di “riabilitazione di un danno” e non come programma di vita continuativo anche nelle disabilità.

 Dott.ssa Claudia Maggio

Per maggiori informazioni: www.alplife.it
 

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