Come ci rivolgiamo generalmente ai figli quando facciamo loro delle richieste? Facciamoci caso…Ecco un esempio tratto dalla vita quotidiana che credo interessi diverse famiglie:

“E’ quasi pronta la cena, vai a lavarti le mani, però prima spegni la playstation e poi chiama tuo fratello. E prima di venire a talvolta controllate che le vostre camere siano in ordine”. Questo è un messaggio tipico generalmente urlato dal genitore che si trova in un’altra stanza. Quante probabilità ci sono che il figlio si attivi nell’immediato e rispetti tutta la sequenza delle azioni richieste? E quanto sono alte invece le nostre aspettative? E la nostra delusione o arrabbiatura per quello che succederà dopo?

Analizziamo il messaggio
In questo messaggio sono inserite molte richieste che interessano al genitore ma non al bambino; richieste fatte senza dare una reale attenzione al figlio in quanto enunciate da altre stanze.
La prima cosa che possiamo chiederci è: “Qual è l’obiettivo che come genitore vorrei raggiugere con questo messaggio?”, “A cosa serve quello che sto chiedendo?”, “Cosa mi aspetto da mio figlio?”, “Come ho comunicato il messaggio dato?”

A quali valori facciamo riferimento
Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è a quali valori facciamo riferimento quando chiediamo o vogliamo ottenere qualcosa.
“Devi essere bravo e saper ascoltare perché è importante”, per chi è importante? Per quale motivo lo è e a quale valore fa riferimento?
Spiegare, pertanto, prima a noi stessi e poi al bambino, il motivo per cui ascoltare è importante, quali ricadute ha su di noi e sull’ambiente che ci circonda, che vantaggi otteniamo e come ci sentiamo. 
Modificare la domanda tenendo conto di tutti questi piccoli aspetti ci aiuta a porre una domanda “giusta” che potrebbe farci ottenere una risposta altrettanto “giusta” senza litigi o scontri.

Definire obiettivi chiari e raggiungibili
E’ importante inoltre definire obiettivi realisticamente raggiungibili in termini di costi, impegno e contesto.
Gli obiettivi: “vorrei che mio figlio mi ascoltasse di più”, “vorrei che mio figlio ricordasse quello che gli chiedo”, “vorrei che mio figlio facesse quanto ho chiesto in modo completo e non lasciando le cose a metà”, sono obiettivi molto ambiziosi ma anche molto generici e perseguibili solo attraverso passaggi graduali.
Un primo passaggio potrebbe essere quello di fare un’iniziale stima di quanto l’obiettivo interessi al genitore e quanto al figlio, per poi capire quanto possa essere fattibile e a quale cambiamento positivo porterà. Procedendo poi con le domande viste precedentemente e, a seconda delle riposte che ci diamo, procedere modificando o confermando le nostre azioni.
Ricordiamoci che l’obiettivo può essere ridefinito o suddiviso in tanti obiettivi più piccoli e facili da raggiungere, concentrandoci così su un aspetto alla volta. Negli obiettivi entrano in gioco motivazioni, valori, richieste di cambiamento ma anche limiti e convinzioni su cui è necessario riflettere e lavorare.

Ecco un altro esempio molto comune: l’utilizzo dei device.
“Spegni il tablet e inizia i compiti! Ma perché devo ripeterti le cose infinte volte…??”. E’ possibile ottenere quanto richiesto in modo meno frustrante e condiviso con il bambino?
Il genitore può iniziare a riflettere su quanto questa richiesta incontri l’interesse del bambino e di conseguenza comprendere quanto possa essere difficile per il bambino terminare un’attività divertente per iniziarne una molto meno motivante, come lo svolgimento dei compiti. 
Il genitore può quindi modificare l’approccio al problema, ponendosi alcune domande riportate precedentemente e poi, insieme al bambino, definire e negoziare piccoli obiettivi come: il tempo di utilizzo dei device in una giornata e le modalità di spegnimento, la pianificazione autonoma del bambino a seconda del tempo che ha a disposizione, l’attività intermedia e l’inizio di nuove attività.
La condivisione con il bambino degli obiettivi e delle modalità con cui ci aiuteremo per raggiungerlo aumenteranno probabilmente il suo interesse in quanto si sentirà parte del processo di cambiamento e si sentirà più autonomo e meno controllato. Così facendo il genitore potrà aumentare la motivazione del figlio.
Alcuni accorgimenti nella comunicazione, l’utilizzo di un ascolto attivo e non giudicante, il farsi domande che aumentano la consapevolezza nei genitori delle variabili in gioco sono tutti elementi che permettono di avvicinare il mondo del genitore a quello del bambino.

Farsi e fare le domande giuste è spesso più efficace che aspettarsi risposte preconfezionate che noi consideriamo “giuste”.

A cura di Elena Bongarzone
Psicologa, Game Trainer® e Coach Evolutivo
Centro per l’Età Evolutiva
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