Attenzione alla love addiction: educhiamoci ad amare in modo sano per non dipendere dall’altro, ma crescere insieme.
Il sottile confine tra il bisogno, il desidero e la paura di abbandono che si vivono nella relazione d’amore romantica è da sempre celebrato e condannato dagli artisti ed è oggetto di indagine per le scienze antiche e moderne. Tuttavia, le diatribe tra cuore e ragione possono perdersi e distruggersi in relazioni disfunzionali che poco hanno a che vedere con l’amore. Reynaud e collaboratori (Reynaud, Karila, Blecha e Benyamina, 2010), definiscono chiaramente le differenze tra amore e dipendenza, intendendo con il termine Love Passion uno stato universale e necessario per gli esseri umani, che permette di instaurare relazioni dove la reciprocità concede ad entrambe le persone coinvolte di evolvere, mentre con Love Addiction una condizione disadattiva caratterizzata da una necessità dell’altro. All’ombra del termine “dipendenza affettiva” troviamo un ventaglio di copioni relazionali diversi che hanno un unico comune denominatore: la paura di perdere una relazione percepita come indispensabile per sé, per il proprio esistere (Muriana, Verbitz 2021). Tale paura si esprime su diversi livelli: dalla difficoltà a gestire l’assenza della persona amata sino alla patologia, ovvero forme di sofferenza che si manifestano attraverso comportamenti e sintomi di diversa entità (ansia, pensieri ossessivi, comportamenti compulsivi, astinenza).

L’alfabeto delle emozioni

Ad oggi, la dipendenza affettiva non compare nei manuali diagnostici come un disturbo a sé, anche se all’interno del DSM V (American Psychiatric Association, 2014), nel capitolo sui Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction, viene citata la love addiction senza però fare riferimento né ai criteri diagnostici, né alle caratteristiche proprie del disturbo. Si esulano gli approfondimenti della dimensione clinica del fenomeno per orientarsi a un importante (ma non il solo) fattore per proteggersi dallo sviluppo di una relazione dipendente: la conoscenza dell’alfabeto delle proprie emozioni. Educarsi e riconoscere cosa si sente e come lo si sente implica la necessità di un tempo da dedicare all’elaborazione delle emozioni, da dedicare a sé. Chi dipende “pende da” qualcosa o qualcuno e difficilmente puo’ sperimentare autonomia; tuttavia, queste catene possono apparire più dolci dell’amarezza che si insidia nell’insicurezza o nella sfiducia rispetto le personali possibilità di volare da soli, come ci ricorda la storia dell’elefantino incatenato alla staffa di J. L. Borges. La dipendenza affettiva è democratica, può “colpire” tutti, uomini e donne indistintamente. Conoscere l’alfabeto emotivo e fare propria la necessità di un tempo da dedicare all’elaborazione delle emozioni è necessario come fattore protettivo.

L’importanza delle esperienze di vita

La costruzione della stima di sé è un processo che potremmo definire long life, lungo tutta la vita, ma le esperienze vissute durante la preadolescenza e l’adolescenza giocano un ruolo importante nella costruzione del nostro modo di stare in relazione con gli altri. Nella storia di J. L. Borges, l’elefantino da piccolo non riesce a liberarsi perché non ne ha la forza e da grande non si libera perché ha perso la fiducia in sé, di potercela fare. La stima nelle proprie possibilità è un processo che si costruisce nel tempo, sbagliando, faticando, rischiando, evitando di iper proteggersi ed iper proteggere per scoprire che in fondo “ce la si puo’ cavare” perché si riconosce un valore alla propria persona. Come esseri umani siamo dotati delle capacità di far fronte a quello che la vita ci propone anche grazie al supporto psicologico offerto da relazioni sane e vicine, ma il principale ostacolo in queste situazioni è la persona o la coppia stessa che vivono in una dimensione di dipendenza che inconsapevoli o riluttanti ad ammettere di avere un problema giungono a fare spazio nella propria mente all’idea di domandare aiuto nel momento in cui si è vicini all’oblio, è proprio in questo momento che entra il gioco il supporto psicologico professionale e la Psicoterapia. 

E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro, scriveva Gibrain. Educhiamoci ad amarci, vivendo e conoscendo noi stessi per poter amare gli altri e vivere con gli altri.

A cura della Dott.ssa Beatrice Bernardi
Psicologa Psicoterapeuta
Spazio Elle – Studio di Psicologia, Caravaggio

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