Gaslighting: è questa, secondo il prestigioso dizionario Merrian-Webster, la parola del 2022. Basti pensare che nel corso dell’anno le ricerche in Internet sono aumentate del 1740%. Ma che cosa è il Gaslighting? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Mara Seiti, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Seiti, cosa s’intende per Gaslighting?

Con l’espressione Gaslighting si intende “una manipolazione psicologica agita da una persona e portata avanti nel tempo che induce la vittima a mettere in dubbio la validità dei propri pensieri, della propria percezione della realtà o dei propri ricordi”. È una tecnica di manipolazione subdola, perpetrata lentamente e in modo costante e prolungato, molto spesso da personalità narcisistiche, con la funzione di distruggere l’autostima della vittima, crearne dipendenza psicologica e assumerne il controllo. Il Gaslighting si verifica spesso nelle relazioni romantiche, con partner narcisisti, possessivi o violenti, ma può presentarsi anche nella relazione genitore-figlio, nei rapporti professionali o d’amicizia. Proprio per la natura con cui viene messo in atto, la vittima non si rende conto di essere sottoposta a manipolazione e arriva a dubitare completamente di se stessa, del suo equilibrio mentale, divenendo completamente dipendente dal giudizio e dall’approvazione del suo “carnefice”. Poco importa se il gaslighter è consapevole o meno di tale meccanismo. Negherà qualsiasi intenzione in tal senso, così come qualsiasi elemento volto a svelare la distorsione della realtà. L’autostima stessa del manipolatore dipende dalla costruzione di questa falsa realtà, che cercherà quindi di difendere a ogni costo, completamente privo di empatia verso l’abusato ed esso stesso vittima delle proprie manipolazioni. Vano sarà anche qualsiasi tentativo di cambiare l’atteggiamento del gaslighter e chiunque si cimenti in tale impresa si troverà impotente e privo di energie. Gli abusanti traggono forza e potere dalle loro manipolazioni pertanto sono molto resistenti alla messa in discussione di sé ed è difficile che scelgano di intraprendere un percorso di psicoterapia.

Ma come si fa a sospettare di esserne vittima, essendo una forma di manipolazione così subdola?

Il primo passo è riconoscerlo e diventarne consapevoli.
Alcuni dei segnali a carico della vittima sono:

> trovarsi confusi, dubbiosi della propria capacità di discernere la realtà e disorientati rispetto a cosa stia succedendo (pensare di registrare in qualche modo le conversazioni col gaslighter per avere prova della realtà costituisce di per sè un campanello d’allarme);
> sentirsi affaticati e privi di energia;
> trovarsi isolati, senza una rete amicale o familiare di supporto;
> provare sfiducia verso gli altri, a eccezione del gaslighter, che viene invece idealizzato;
> avere la tendenza a giustificare gli atteggiamenti svalutativi e/o aggressivi del partner, minimizzandone la gravità (ad esempio “è molto stressato..”, “oggi è così carino con me, come ho potuto pensare così male di lui?”);
> sentire di valere poco o nulla e, nel lungo termine, provare ansia e depressione.

 

Un’origine “letteraria”
Il termine Gaslighting, sempre più diffuso anche in Italia, ha origine da un’opera teatrale del 1938 del drammaturgo inglese di P. Hamilton, intitolata “Gas Light” (“Luci a gas”), da cui sono stati successivamente tratti due film, il più famoso, americano, del 1944, con C. Boyer e Ingrid Bergman. La storia racconta degli abusi psicologici fatti dal marito nei confronti della moglie, al fine di farle credere di essere pazza e farla interdire, per potersi appropriare della casa in cui sono nascosti i gioielli della zia, da lui assassinata anni prima. Tra le varie menzogne, il marito induce la moglie a credere che il fatto che le luci a gas della loro casa si stiano spegnendo sia soltanto il frutto della sua immaginazione.

 

Atteggiamenti tipici del gaslighter, invece, sono:

> mentire (anche su cose banali) e negare l’evidenza, al punto da indurre la vittima a dubitare di sé;
> definire la vittima come affetta da patologia o squilibrio mentale e screditarla anche agli occhi degli altri;
> mostrarsi inizialmente come un partner premuroso e attento, facendo innamorare perdutamente di sé, per poi rivelarsi arrogante, insensibile e centrato su di sé;
> usare il rinforzo intermittente, alternando atteggiamenti screditanti e manipolatori a comportamenti apparentemente affettuosi che illudono, destabilizzano e mantengono vicina la vittima;
> fare in modo che si crei “terra bruciata” intorno al partner, insinuando sfiducia nelle altre sue relazioni e/o seminando discordie;
> non essere disposto a mettersi in discussione, sostenere sempre e solo la sua ragione e credere che tutto gli sia dovuto.

Cosa si può fare, allora, per uscirne?

Non entrare in dispute su chi dei due ha ragione o meno ma restare centrati sulle emozioni e i vissuti personali;

> non illudersi che il gaslighter cambierà. Tocca alla vittima fare in modo di non essere più tale ed uscire dal gioco perverso di potere su cui si è strutturato il rapporto di coppia;
> uscire dall’isolamento relazionale e mantenere il contatto col mondo “esterno” alla coppia: coltivare le relazioni e confrontarsi con altre persone;
> alimentare la propria autostima, occupandosi di sé, del proprio benessere e dei propri bisogni (utile è anche mantenere degli spazi e delle attività piacevoli proprie);
> chiedere aiuto a uno psicoterapeuta: essere vittima di manipolazione psicologica è un fenomeno fortemente traumatizzante che porta allo sviluppo di ansia e depressione, compromette l’equilibrio personale e mette a repentaglio il benessere dei propri figli. Le risorse genitoriali sono ridotte e i figli assistono a tale forma di violenza quotidiana subendola a loro volta e rischiando, una volta adulti, di reiterarla nelle loro relazioni.
> quando possibile, chiudere la relazione e allontanarsi dal partner.

Infine, è bene precisare che il Gaslighting non viene riconosciuto come reato, ma si presenta spesso in concomitanza con altri reati ormai noti, come ad esempio la violenza domestica e lo stalking. È fondamentale quindi farsi assistere e supportare da professionisti, denunciare tali violenze e, quando possibile, raccogliere prove al fine di documentare quanto vissuto attraverso testimoni, registrazioni etc..

 

A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione di Dott.ssa Mara Seiti
Psicologa Giuridica e Clinica,
Psicoterapeuta esperta in Ipnosi Clinica
EMDR e Flash Technique
Ospitaletto e Brescia