Un campione in tribuna sferruzza per tenere sotto controllo lo stress delle competizioni olimpiche. Questa è l’immagine che ha fatto il giro del mondo lo scorso agosto ai giochi olimpici di Tokyo 2020: il protagonista è Tom Daley, medaglia d’oro nei tuffi sincronizzati, campione olimpico e gay, “orgoglioso di essere entrambe le cose”. Immagini diventate virali quelle di Tom con i ferri in mano, la sua grande passione, come si può ammirare nel profilo Instagram “madewithlovebytomdaley” ricco di un campionario di lavori di ogni tipo: maglioni, coperte, copri teiere, plaid, pupazzi, unicorni. «Da anni mi applico al lavoro a maglia, e durante il lockdown mi sono perfezionato perché ho avuto ancora più tempo a disposizione» ha dichiarato il tuffatore. Il lavoro a maglia, fino a qualche anno fa considerato sulla strada del tramonto, retaggio delle nonne e delle vecchie zie, è tornato alla ribalta in molte nuove e inattese declinazioni, spesso ribattezzato con il suo nome anglosassone knitting. Per fare qualche esempio Julia Roberts ha comprato i diritti del best seller “Le amiche del venerdì sera” di Kate Jacobs, che ruota intorno alla maglia, per farne un film e attrici del calibro di Cameron Diaz, Sharon Stone e Sarah Jessica Parker pare portino con sé ferri e gomitoli sul set.

Un potente anti stress
È ormai provato che lavorare a maglia aiuta a combattere stress, ansia, depressione e alleviare il dolore fisico. I movimenti regolari ripetuti, il vedere la propria creazione prendere forma lentamente, sono in grado di distogliere l’attenzione da ciò che affligge. Sferruzzare induce una sensazione di relax: è stato dimostrato che la tensione muscolare si allenta, la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna diminuiscono, con un meccanismo simile a quello che avviene nella meditazione. In più si può lasciare libera la creatività e l’inventiva personale. Da questa convinzione è nato il progetto Gomitolorosa che promuove il lavoro a maglia per favorire il benessere dei pazienti impegnati in terapie mediche nonché la solidarietà verso soggetti più deboli, facendo leva sul recupero delle lane autoctone e sulla salvaguardia dell’ambiente. Gomitolorosa nasce nel 2012 da un’idea del dottor Alberto Costa, riconosciuto a livello internazionale per il suo contributo alla cura dei tumori al seno, per le idee innovative nel campo della comunicazione scientifica e dell’insegnamento ai medici e per l’innalzamento degli standard delle cure mediche (www.gomitolorosa.org).

Insieme è meglio
Se sono passati i tempi in cui nelle famiglie numerose la sera le donne si riunivano per fare la maglia, l’uncinetto o il ricamo, il desiderio di condividere momenti di lavoro manuale non è venuto meno nelle nuove generazioni, così sono nati circoli, club e gruppi di lavoro negli ambienti più disparati: biblioteche, negozi, librerie, associazioni, centri ricreativi, knit cafè. Una volta la tecnica si tramandava da madre in figlia o da nonna a nipote, ora si seguono corsi collettivi o ci si perfeziona grazie all’ampia offerta web di tutorial, lezioni, guide. L’incontro della tecnologia con attività tradizionali come il lavoro a maglia ha prodotto una sorta di “globalizzazione delle tecniche”. Un tempo ogni Paese o addirittura ogni regione si distingueva per certi accorgimenti tecnici, dal tipo di ferri al modo per impugnarli o di passare il filo, oggi il web ha mescolato le carte. Ne sono un esempio l’affermazione della modalità con i ferri in grembo, il ferro circolare e i maglioni top down (lavorati in modo circolare a partire dal collo verso i polsi e la vita, mentre tradizionalmente in Italia si lavoravano le varie parti dal basso verso l’alto e poi si cucivano insieme).

Un filo che unisce
E non è ancora tutto. Oltre a favorire occasioni per stare in compagnia e per rilassarsi, lavorare a maglia sempre più spesso permette di contribuire anche a buone cause. I progetti solidali basati su lavori a maglia collettivi o condivisi stanno vedendo una grande espansione. Pensiamo ad esempio a Viva Vittoria, nato a Brescia nel 2015, dove un gruppo pilota di donne ha cominciato a produrre quadrati di maglia di misura standard, a raccoglierli e cucirli per fare coperte da stendere in una piazza (Piazza della Vittoria per l’appunto) dove venivano vendute per sostenere la lotta alla violenza contro le donne e sensibilizzare su questo tema. Negli anni seguenti molte città hanno seguito l’esempio di Brescia, ci sono state ormai 12 edizioni, tra le quali anche quella di Bergamo. O ancora Sheep, un’associazione senza fine di lucro fondata dal giornalista Saverio Tommasi con lo scopo di insegnare gratuitamente a lavorare a maglia a persone in situazioni di fragilità che tentano di riprendere in mano la propria vita e per distribuire coperte ai senza tetto (www.sheepitalia.it).

A cura di Lella Fonseca