Permette di valutare la funzionalità dell’esofago ad esempio in caso di sintomi come reflusso acido dallo stomaco, difficoltà nella deglutizione o dolore toracico. È la manometria esofagea, esame ormai entrato nella pratica clinica. Approfondiamo l’argomento insieme al dottor Roberto Antonio Noris, gastroenterologo.

Dottor Noris, che tipo di esame è la manometria esofagea?

La manometria esofagea è una metodica che permette di studiare la motilità dell’esofago, vale a dire la sua funzionalità motoria, introducendo al suo interno un catetere in grado di misurare la pressione che si verifica all’interno dell’organo.

A cosa serve?

La manometria esofagea permette lo studio delle alterazioni della deglutizione, del transito del bolo alimentare e dell’attività degli sfinteri esofagei, oltre che per le valutazioni necessarie prima e dopo gli interventi al cardias (punto in cui lo stomaco incontra l’intestino). Le patologie che si individuano sono, quindi, i disordini, primitivi o secondari, a carico dell’esofago e della giunzione tra esofago e stomaco, come, per esempio, le sindromi disfagiche (ovvero la difficoltà a deglutire), la malattia da reflusso gastroesofageo, e disordini esofagei secondari come nella sclerodermia (malattia che può colpire la funzione motoria dell’esofago). Il disordine motorio più severo che si può riscontrare è l’acalasia esofagea, una malattia che comporta una contrazione anomala della parte terminale del muscolo esofageo (che riveste tutto l’esofago) e che è caratterizzata dalla difficoltà a deglutire. Per trattarla è necessario, preferibilmente, eseguire un’operazione chirurgica, chiamata “miotomia esofagea” effettuata in modo mininvasivo, tramite laparoscopia o endoscopia. Raramente le altre anomalie richiedono operazioni chirurgiche, ma possono essere trattate con terapie mediche.

Come viene eseguita e quanto dura?

Lo studio manometrico viene effettuato introducendo un catetere esplorante per via nasale. Si preferisce questa via, rispetto a quella orale, perché le misurazioni dell’attività tonica e della distanza degli sfinteri risultano più precise e costanti, con conseguenti minori oscillazioni, e i movimenti di deglutizione, per lo studio dell’attività fasica, avvengono con maggiore facilità. Durante l’esame, inoltre, il paziente dovrà cercare di ridurre al minimo le deglutizioni spontanee. Identificati lo sfintere esofageo superiore (SES) e lo sfintere esofageo inferiore (SEI) vengono eseguite 10 deglutizioni liquide di circa 5 millilitri d’acqua per stimolare l’attività motoria primitiva esofagea e valutare l’eventuale presenza di alterazioni. In tutto ha una durata di circa 20 minuti.

Prevede una preparazione specifica?

No, non è prevista una preparazione specifica salvo il digiuno dalla mezzanotte prima dell’esame.

Ha controindicazioni?

L’indagine eseguita nel corso della manometria esofagea è generalmente ben tollerata e non presenta rischi significativi, né sono stati descritti eventi avversi seri correlati all’esecuzione dell’esame. Controindicazioni assolute all’esecuzione dell’esame sono la non collaborazione del paziente, l’intolleranza verso il catetere manometrico, stenosi o ostruzioni della faringe ed esofago superiore, patologie cardiache in cui una valutazione specialistica controindichi una stimolazione vagale o documenti il rischio di aritmie (in particolare in pazienti anziani o con precedenti cardiologici) e coagulopatie gravi e non controllate. Controindicazioni relative sono i tumori o ulcere dell’esofago, grosse varici esofagee e grossi diverticoli esofagei e cricofaringei, la cui decisione finale è sempre affidata a valutazione specialistica.

 

A cura di Maria Castellano
con la collaborazione di Dott. Roberto Noris
Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia
Humanitas Castelli Bergamo