Bruciore di stomaco dietro lo sterno. È questo il sintomo principale con cui si manifesta il reflusso gastroesofageo (o malattia da reflusso gastroesofageo - Mrge), disturbo che secondo le stime riguarda il 15% degli italiani con spesso un peggioramento della qualità della vita. Con i farmaci giusti e abitudini corrette, però, può essere tenuto sotto controllo.
“Fuoco e fiamme” nello stomaco e rigurgito, i campanelli d’allarme
Il reflusso gastroesofageo si verifica quando il materiale gastrico acido prodotto durante la digestione refluisce nell’esofago e provoca un sintomo volgarmente chiamato bruciore (scientificamente definito pirosi, dal greco pyr, fuoco) avvertito dietro lo sterno, che s’irradia fra le scapole o al collo fino alle orecchie. Spesso è associato anche a rigurgito acido. Oltre a questi due sintomi tipici, a volte se ne manifestano anche altri, cosiddetti “atipici”, tra cui difficoltà a deglutire (disfagia), tosse secca, mal di gola, asma, fino al dolore toracico (spesso scambiato dal paziente per un dolore cardiaco). Il reflusso è un disturbo che probabilmente chiunque nel corso della vita ha provato almeno una volta. Quando però il bruciore di stomaco si presenta almeno due volte alla settimana o se interferisce con la vita quotidiana allora si parla di malattia da reflusso gastroesofageo.
Una risalita anomala di acido dallo stomaco
Il reflusso di materiale acido si verifica perché l’anello muscolare che separa l’esofago dallo stomaco (sfintere esofageo inferiore), con una funzione di “barriera”, può essere debole. Questo succede per diversi motivi, ad esempio nei casi di malattie muscolari croniche che indeboliscono tutta la struttura muscolare dell’organismo, o di malattie sistemiche (sclerosi multipla), oppure ancora di malattie cerebrovascolari. Può essere poi indebolito da altri fattori di rischio come l’abuso di determinate sostanze come l’alcol, il fumo, i farmaci miorilassanti e alcuni farmaci ipotensivi, l’obesità o comunque l’aumento del volume addominale, la gravidanza. Infine, anche la presenza di ernia iatale può essere tra le cause.
La prevenzione migliore? Cambiare stile di vita
La prevenzione passa innanzitutto dallo stile di vita e da alcune buone abitudini. Tra queste, una delle prime è evitare pasti abbondanti, specialmente la sera. Inoltre è sconsigliabile l’abitudine di passare dalla tavola direttamente al divano: sarebbe più indicato fare due passi prima di sedersi nuovamente. Per quanto riguarda invece l’alimentazione, sarebbe meglio non mangiare, soprattutto la sera, alcuni cibi, come la liquirizia, la menta e il cioccolato. Utile è anche mantenere il peso il più vicino a quello ideale, evitando sovrappeso e obesità, e ridurre drasticamente (o meglio ancora eliminare) il fumo. Infine, è consigliabile dormire con la testa leggermente sollevata, meglio però non con un secondo cuscino (dannoso per la colonna cervicale), ma utilizzando le moderne reti del letto che permettono questi leggeri sollevamenti. È importante adottare comportamenti corretti perché a lungo andare il reflusso gastroesofageo può portare all’esofagite cronica da reflusso, ovvero un’infiammazione della mucosa esofagea L’alterazione cronica della mucosa protratta nel tempo, a sua volta, provoca dei mutamenti cellulari che possono evolvere fino al tumore dell’esofago.
La terapia: antiacidi e gastroprotettori
Premesso che la terapia farmacologica deve essere sempre associata alle modifiche di stile di vita a cui abbiamo accennato sopra, se il bruciore da reflusso è occasionale, si possono assumere antiacidi al bisogno; se invece i sintomi sono più frequenti, su indicazione dello specialista, può essere indicata una terapia specifica a base di farmaci gastroprotettori che possono agire tamponando l’acidità gastrica o riducendo la produzione di acido da parte dello stomaco.
Test ed esami? Solo in un secondo tempo
Per la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo in genere bastano i sintomi tipici. In alcuni casi, ad esempio se non si ottengono risultati con i gastroprotettori, può però essere necessario ricorrere ad alcuni test diagnostici: Rx del tubo digerente, gastroscopia, manometria esofagea (indagine che permette di studiare la motilità dell’esofago introducendovi un sondino flessibile e sottile, riempito di acqua, in grado di misurare le variazioni di pressione che si verificano, pH-impedenziometria delle 24ore (esame che consiste nella registrazione dell’attività dello stomaco attraverso piccole sonde di 2-3 millimetri introdotte nell’esofago dalla narice).
"In casi selezionati, in cui la terapia medica non bastasse, può essere indicata la chirurgia: l’intervento (fundoplicatio) consiste nel rinforzo dello sfintere esofageo inferiore”
A cura del dottor FAUSTO SVANONI
Specialista in Gastroenterologia
e Medicina interna
Habilita Poliambulatorio
San Marco Bergamo