Finita l’estate, periodo durante il quale spesso ci si concede qualche strappo alla dieta, è il momento di riprendere le corrette abitudini alimentari. Qualcuno si è già rimesso in riga perdendo quel peso in più acquistato durante le vacanze. Tuttavia, una volta raggiunto il peso forma, il problema è riuscire a non vanificare i risultati ottenuti. Come fare? Esistono diverse strategie. Tra queste, una delle più importanti è spegnere l’infiammazione, una condizione strettamente legata a sovrappeso e obesità. Ne parliamo con la dottoressa Cristina Robba, nefrologa e nutrizionista.

"L’eccesso di grasso corporeo fa sì che si instauri un processo di infiammazione cronica e silente che è causa a sua volta di altro accumulo di grasso"

Dottoressa Robba, che relazione c’è tra sovrappeso o obesità e infiammazione?

Il tessuto adiposo è un tessuto “infiammato”. Si è visto infatti che l’obesità è associata a una down regolazione (sottoregolazione) di tanti fattori anti infiammatori come l’adiponectina (l’obeso ne produce di meno) e a una up regolazione (sovraregolazione) dei fattori che producono infiammazione. Anche la vascolarizzazione del tessuto adiposo sembra svolgere un ruolo fondamentale nell’origine dell’infiammazione: l’obesità si associa a una diminuzione della vascolarizzazione del tessuto adiposo con una conseguente ipossia (condizione di carenza dell’ossigeno) tessutale. Questo stato di ischemia relativa potrebbe contribuire a innescare le risposte infiammatorie in conseguenza di una necrosi (morte) degli adipociti, le cellule del tessuto adiposo, indotta proprio dall’ischemia. Quando ciò accade, devono intervenire i macrofagi presenti nel tessuto, cellule “spazzino” che hanno il compito di eliminare le cellule morte. Nell’obesità però aumentano maggiormente i macrofagi M1, che hanno significato pro infiammatorio e una ridotta capacità di “ripulire” il tessuto adiposo dalle cellule apoptotiche, mentre diminuiscono i macrofagi M2 che sono invece presenti e attivi quando vi è un bilancio energetico negativo. Insomma un cane che si morde la coda, che mantiene così un substrato proinfiammatorio.

Cosa fare allora per evitare questo circolo vizioso?

Perdere peso innanzitutto, ma avere poi uno stile di vita e alimentare che combatta l’infiammazione. Esistono alcuni alimenti che ci vengono in aiuto, se utilizzati in modo costante. Innanzitutto gli omega 3, in particolare EPA (acido eicosapentaneoico) e DHA (acido docosaesaenoico), che contrastano l’infiammazione del tessuto grasso e sono in grado di abbassare i livelli di insulina nel sangue aiutando a mantenere il peso forma. Via libera allora ad alimenti come salmone e sgombro, trota e pesci grassi in generale, ma anche olio di semi di lino, usato rigorosamente a crudo. L’aumentato apporto di questi alimenti deve comunque essere sempre concordato con il medico, soprattutto nelle persone in trattamento con medicinali anticoagulanti oppure con FANS, in quanto gli acidi grassi polinsaturi possono aumentare il tempo di coagulazione. Un capitolo a parte lo merita poi la cannella, spezia veramente dotata di virtù terapeutiche: contiene calcio, ferro, fosforo, potassio, rame, selenio e zinco e anche vitamine del gruppo B. Ma il vantaggio di assumere la cannella nel mantenimento del peso deriva in particolare dalla sua capacità di stimolare la termogenesi cioè la produzione di calore da parte dell’organismo, processo che interessa sia il tessuto adiposo sia il tessuto muscolare. Se possibile, è suggerito scegliere i cannelli da polverizzare al momento dell’uso, conservandoli in vasetti chiusi e custoditi lontani da fonti di luce e da qualsiasi forma di calore. Una dieta antinfiammatoria non può non includere i frutti rossi, cioè tutti i frutti di bosco come mirtilli, more lamponi e ribes: contengono flavonoidi e antocianine, sostanze antiossidanti che aiuterebbero a ridurre la assimilazione dei grassi e migliorerebbero l’infiammazione del tessuto adiposo. Poco calorici, ricchi di fibre e minerali, basta aggiungerne una manciata al giorno, a colazione o come spuntino spezza fame, per garantire un miglior controllo del peso. Inoltre possono essere introdotti anche come succhi, puri o diluiti, sfruttando così anche il loro effetto contro la ritenzione idrica. Sempre di colore rosso e con proprietà simili è il succo di melograno, alleato della dieta: la dose giornaliera suggerita è di una tazza di succo di melograno, meglio ancora se spremuto, assunto al mattino. È anche una iniezione di vitamina C e A, ma è sconsigliato a chi soffre di gastrite. Importante, infine, è il coenzima Q10: contribuisce a combattere l’esposizione del nostro corpo ai radicali liberi che aumentano con l’avanzare dell’età. Le principali fonti alimentari di coenzima Q10 sono fegato, pesci grassi e cereali integrali, ma anche piante come spinaci e soia, frutta a guscio e oli vegetali. L’organismo è in grado di produrre Coenzima Q10, ma tale proprietà diminuisce con l’età, pertanto è consigliato integrarlo con capsule, sempre però sotto controllo medico, poiché può scatenare effetti collaterali e abbassamenti di pressione e non deve essere utilizzato durante l’allattamento o durante chemioterapie. Concludendo, una manciata giornaliera di frutti rossi, un succo di melograno con un cucchiaio colmo di frutta secca, un cucchiaino di cannella in polvere aggiunto a uno yogurt magro, associati a una dieta che introduca moderate quantità di cereali integrali e abbondi invece di pesce azzurro o pesce grasso ci garantisce il mantenimento del peso. Ovviamente il tutto associato a abbondanti porzioni di verdura condita con olio extra vergine o olio di semi di lino, cotta e cruda, almeno due frutti di stagione al giorno e, solo se consigliati dal medico, integratori farmaceutici come Coenzima Q10, Vitamina D, Vitamine del gruppo B e zinco.

A cura di Rita Compostella
con la collaborazione
della Dott.ssa Cristina Robba
Specialista in Nefrologia
Responsabile dell’Ambulatorio di Nutrizione Clinica Policlinico San Marco Zingonia e Nutrizionista di Smart Clinic