Anno nuovo, peso aumentato. Le festività ci hanno permesso di allentare le tensioni, di goderci qualche giorno libero e di gratificarci con qualche golosità in più. E così ora ci si ritrova a fare i conti con la bilancia. Ma soprattutto ad avere bisogno di perdere peso in un tempo ragionevolmente rapido e di mantenere poi i risultati ottenuti grazie ai sacrifici. Chi ha già fatto diete lo sa bene: se i risultati non sono rapidi e la perdita di peso non è efficace, spesso ci si demotiva e si getta la spugna. Cosa fare allora? «La strada vincente sarebbe seguire una dieta a step, in cui dopo una fase di “attacco”, con la quale raggiungere velocemente i primi risultati apprezzabili – ovviamente sempre senza mettere a rischio la salute – si passa a una meno rigida e poi a una di mantenimento per consolidare la nuova condizione fisica» osserva la dottoressa Cristina Robba, nefrologo e nutrizionista. «Tra i diversi schemi dietetici, uno dei più efficaci e sicuri è quello che prevede una fase di tre settimane di dieta chetogenica, una di circa 40 giorni di dieta “mitigata” e infine due mesi di mantenimento».

Dottoressa Robba, ci può spiegare in cosa consiste in pratica questo schema dietetico?
Durante la prima visita e colloquio si valutano le motivazioni della persona alla perdita del peso e si fissano gli obiettivi di calo ponderale per ciascuna fase. Nelle prime tre settimane l’obiettivo è raggiungere una chetosi stabile, che è quel meccanismo metabolico che costringe il corpo a usare la sua riserva di grasso come fonte di energia. Per poter raggiungere la chetosi, nelle prime tre settimane s’introducono pasti sostituiti con prodotti appositamente confezionati a basso contenuto di carboidrati, ma con un contenuto corretto di proteine ad alto valore biologico per mantenere la massa muscolare, abbassare i livelli d’insulina riducendo la sua attività antilipolitica. La chetosi inoltre è utile a eliminare il senso di fame e a fornire una sensazione di pieno benessere che facilita il mantenimento dello schema dietetico. È in questa prima fase che s’instaura rapidamente la perdita di peso.

Ma cosa succede se, per qualche motivo, s’interrompe la chetosi? Bisogna ricominciare da capo?
È bene seguire le indicazioni fondamentali per non interrompere la chetosi, ossia utilizzare solo le verdure consigliate durante la visita e non introdurre carboidrati oltre a quelli già presenti nei pasti appositamente preparati. Con queste regole non si corre il rischio di sbagliare. Tuttavia se per qualsiasi motivo la chetosi viene interrotta si riprende subito il percorso. Durante la prima visita di controllo si valuterà se questa interruzione ha influito, riducendola, sulla perdita di peso.

Cosa prevedono, invece, la seconda e terza fase?
La fase successiva della durata di circa 40 giorni permette d’introdurre durante i pasti principali una porzione di carne, pesce o uova associata a verdure a basso contenuto di carboidrati. Questa fase, che possiamo chiamare “mitigata” permette di mantenere la chetosi, diminuire il consumo dei pasti sostituiti e consente una discreta convivialità. Passati questi due mesi, in cui il calo ponderale è maggiore, si entra nella fase di transizione, che è indispensabile per permettere la stabilizzazione del peso. È da qui che dipende, infatti, gran parte del successo nel mantenimento del peso corretto. In questa fase avviene la reintroduzione graduale, sia qualitativa sia quantitativa, di tutti i tipi di alimenti. Ovviamente questo percorso è personalizzabile a seconda delle esigenze del paziente e, con nuovi test genetici oggi a disposizione, è ulteriormente possibile indirizzare la persona verso la dieta e le abitudini di attività fisica più utili a non riprendere peso.

Possono seguire tutti questa dieta? Ci sono controindicazioni?
Le fasi chetogeniche non sono indicate per pazienti affetti da diabete mellito tipo 1, malati con insufficienza renale o epatica, in persone che hanno avuto un infarto cardiaco o ictus recente. Sono invece indicate nelle persone con obesità o sovrappeso associato a comorbilità, come diabete tipo 2 e dislipidemie, obese o sovrappeso con ovaio policistico, in donne in menopausa o con aumento di peso importante dopo gravidanza e allattamento. 

A cura di Giulia Sammarco
con la collaborazione della dott.ssa Cristina Robba
Specialista in Nefrologia
Responsabile dell’Ambulatorio di Nutrizione Clinica Policlinico San Marco Zingonia e Nutrizionista di Smart Clinic