L’inizio del nuovo anno - lavorativo o scolastico - è sempre momento di buoni propositi. Tra questi uno dei più gettonati è mettersi a dieta e il primo cambiamento che molti apportano alla loro alimentazione, nella speranza di perdere peso, è tagliare o eliminare del tutto i carboidrati. Ma sarà la strategia vincente? Serve davvero demonizzare i carboidrati? E come è possibile prevenire gli attacchi di fame e la voglia di dolce che così spesso, quando si sta a dieta, si fanno sentire rischiando di compromettere tutto? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Federica Grandi, dietista.

Dottoressa Grandi, partiamo dall’inizio. Cosa sono i carboidrati?
Con il termine carboidrati si intende tutta quella grande famiglia di composti di acqua e atomi di carbonio, che possiamo suddividere in carboidrati semplici e complessi in base alla loro struttura chimica. Tra i carboidrati semplici troviamo gli zuccheri monosaccaridi e i disaccaridi (formati dal legame di due monosaccaridi). I monosaccaridi più comuni sono il fruttosio (abbondante nel miele e nella frutta), il glucosio e il galattosio (che legato al glucosio forma il lattosio, lo zucchero del latte). Tra i carboidrati complessi troviamo invece l’amido, le fibre (solubili e insolubili) e il glicogeno.

Ma a cosa servono?
Il nostro corpo utilizza il carboidrato per sintetizzare glucosio (cioè zucchero) a scopo energetico, che viene subito utilizzato o si deposita nei muscoli e nel fegato come riserva. Perché il nostro organismo possa funzionare al meglio, l’energia derivante dal consumo di carboidrati deve essere all’incirca il 55% della quota giornaliera. Attenzione però, quando diciamo carboidrati dobbiamo ricordare la distinzione che abbiamo fatto prima. È importante infatti che vengano privilegiati quelli complessi, come pane integrale, cereali come pasta, riso, orzo, farro, quinoa meglio se non raffinati, polenta o patate, che devono essere presenti ad ogni pasto. Sono invece da limitare tutti quegli alimenti ricchi di carboidrati semplici come dolciumi, cereali raffinati, bevande zuccherate, caramelle, prodotti da forno e alimenti addizionati di zucchero (yogurt dolci, budini). Questi ultimi, infatti, rispetto a quelli complessi, hanno un indice glicemico più alto.

Ma che cosa è l’indice glicemico?
In parole semplici è la capacità di un carboidrato di innalzare la glicemia, ovvero la concentrazione di glucosio nel sangue. Più è alta, più velocemente si alza la glicemia, dando origine ai cosiddetti picchi glicemici. Questo innalzamento della glicemia determina un innalzamento della curva insulinica (il pancreas viene stimolato a produrre più insulina per contrastare il glucosio) che, successivamente scendendo, manda all’organismo segnali di fame e ricerca di zuccheri. Si innesca così un circolo vizioso che può diventare dannoso non solo per la linea ma per la salute. Al contrario un indice glicemico basso mantiene la sazietà più a lungo e un’energia costante, grazie al lento rilascio del glucosio nel sangue. Va detto, però, che non è solo il singolo alimento a determinare un maggiore o minore innalzamento della glicemia. Certo incide, ma è bene ricordare che va preso in considerazione l’intero pasto; esistono infatti alcuni accorgimenti grazie ai quali è possibile abbassare questo indice. In particolare, alcune tipologie di alimenti sono in grado di modulare l’assorbimento dello zucchero: fibre (verdura, alimenti integrali, legumi), grassi (ad esempio l’olio extravergine) e proteine. Questo è uno dei motivi per cui è fondamentale consumare pasti ben bilanciati: paradossalmente un pasto più abbondante con primo o pane e secondo e contorno di verdura garantisce un miglior assorbimento degli zuccheri.

E per quanto riguarda gli spuntini, quali si dovrebbe prediligere per mantenere a lungo la sazietà?
Valgono le stesse regole dei pasti: è bene saper comporre spuntini bilanciati per evitare l’eccesso di carboidrati semplici (quindi zuccheri), ad esempio abbinando frutta a frutta secca, ricca in grassi buoni o a yogurt intero o a carboidrati complessi come del pane tostato integrale o a cracker integrali. Come per il pasto, la fibra e i grassi modulano e prolungano nel tempo l’assorbimento dello zucchero. Le stesse attenzioni si possono applicare alla colazione: una colazione composta da una fonte di carboidrati complessi, una fonte di carboidrati semplici, grassi buoni e proteine è fondamentale per affrontare al meglio le prime ore della giornata senza rischiare di avere fame dopo poco tempo. Uno yogurt bianco intero arricchito con frutta fresca e cereali integrali o un bicchiere di latte intero accompagnato da pane integrale e marmellata sono due delle molteplici combinazioni consigliate. Al contrario, spuntini e colazioni composte solo da merendine, torte, biscotti, yogurt dolci o dessert (oltre a non essere sazianti né nutrizionalmente bilanciate) provocano innalzamento rapido della glicemia, seguito da calo e richiesta di nuovi zuccheri.

Ma quindi bisogna bandire completamente gli zuccheri semplici?
No, non sono comunque da demonizzare i carboidrati semplici: una quota pari all’8-10% dell’energia totale giornaliera è indicata da Linee Guida e si raggiunge solitamente con le porzioni di frutta giornaliere. È importante poi ricordare che i fabbisogni si modificano anche in base all’attività fisica individuale: negli sportivi, ad esempio, è utile stabilire spuntini che comprendano una quota di glucidi semplici come il fruttosio, ad esempio, che rappresentano energia di pronto utilizzo. 

A cura di Viola Compostella
con la collaborazione della dott.ssa Federica Grandi
Dietista 
Centro per i Disturbi Alimentari Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro