A tu per tu con la campionessa paralimpica di Palazzolo che si prepara alle Olimpiadi di Tokyo dopo le tante medaglie italiane, europee e una Coppa del Mondo

«La meningite ha cambiato il mio corpo: mi ha lasciato tante cicatrici ma, come dico nel mio romanzo, la bellezza di ognuno di noi consiste proprio nella diversità. E io mi sento unica. Non ho vergogna. Sono sempre la stessa Veronica di prima. Nel 2011 ho avuto la meningite batterica fulminante di tipo C, che sono riuscita a sconfiggere. È stata un’esperienza traumatica: tutti mi chiedono quanto abbia cambiato la mia vita e io dico sempre che ho avuto la fortuna di essere rimasta Veronica e di affrontare tutto a modo mio. A 15 anni non è stato facile trovarsi con un corpo trasformato: sicuramente ho vissuto alti e bassi ma nei momenti difficili avere la speranza che arriveranno tempi migliori aiuta a superare le difficoltà. Sono riuscita a prendere in mano la mia vita attraverso lo sport che mi ha portato a scoprire possibilità incredibili di cui non avevo minimamente idea».

Allo sport Veronica Yoko Plebani, residente a Palazzolo sull’Oglio, deve molto della sua rinascita. Pochi mesi dopo essere tornata a casa dall’ospedale si è dedicata alla canoa sul fiume Oglio, poco distante da casa e ha strabiliato tutti: dal 2012 ha vinto 14 titoli italiani di paracanoa, un campionato europeo, 2 ori nel paratriatlhon (bici, nuoto e corsa) una coppa del mondo; ha collezionato anche 2 argenti e tre bronzi agli Europei e due partecipazioni con ottimi risultati alle Paralimpiadi. Una vera campionessa anche se a causa della malattia ha cicatrici in tutto il corpo e l’amputazione delle falangi delle mani e delle dita dei piedi.

«La meningite ha lasciato il segno ma non mi ha fermato» racconta. «È successo il giorno di Pasquetta, il 27 aprile del 2011, avevo appena salutato i miei amici. Ho sentito una strana fitta, mi sono messa a letto e un fuoco ha cominciato a bruciarmi il viso e tutto il corpo. Avevo la febbre a 40. Mi hanno portato al pronto soccorso, ma c’è voluto un po’ di tempo per capire che era meningite. Non è facile diagnosticarla subito. Sono stata in ospedale da aprile a settembre, per salvarmi mi hanno dovuto amputare le falangi di mani e piedi. Il sangue non circola più, compaiono emorragie cutanee disseminate, le estremità diventano fredde e violacee, la respirazione diviene estremamente difficoltosa e lo stato di coscienza peggiora nel giro di poche ore. Le cicatrici sono una conseguenza delle mie ustioni interne, come se fossi sopravvissuta a un incendio».

«Non è stato facile per una ragazza di 15 anni» continua Veronica Yoko che significa “figlia del Sole”. «Non è stata una passeggiata, ho avuto alti e bassi. Ma lo sport e soprattutto la mia famiglia, mia mamma Viviana e mio padre Max, mi hanno aiutato a superare ogni crisi. Anzi Max, come chiamiamo in casa papà, mi ha spinto a provare con la canoa. Stavamo tornando in aereo da New York dove avevamo partecipato alla maratona, io in carrozzina spinta da un gruppo di amici, a propormi la nuova sfida. Ed è stato subito amore con il fiume e la canoa nonostante le remore iniziali di Renato, l’allenatore. E subito sono arrivati i risultati. Anche se è diventato quasi un lavoro perché mi alleno ogni giorno in vista delle Paralimpiadi di Tokio».

E adesso il romanzo “Fiori affamati di vita”, scritto con la sua cara amica Francesca Lorusso ed edito da Mondadori. «Mi avevano contattato per scrivere una biografia, ma abbiamo pensato che sarebbe stato meglio un romanzo che inizia prima di ammalarmi e guardandomi indietro analizzo diversamente quello che ho vissuto, come mi sentivo. Ho imparato a conoscere il mio corpo, l’ho studiato ma non l’ho mai ripudiato. I segni sulla mia pelle sono evidenti e a qualcuno fanno impressione. Quando sono uscita dall’ospedale avevo paura di rivedere i miei amici, avevo paura di vedere nei loro occhi la reazione di chi prova pena e tristezza, ma poi ho cominciato a vedere in maniera diversa quegli sguardi, adesso faccio un gran sorriso e non mi feriscono più di tanto. E soprattutto ho scoperto quante cose straordinarie fossi ancora capace di fare praticando sport come avevo fatto prima fin dall’infanzia come danza, ginnastica artistica, snowboard e pallavolo. Spero che molti, soprattutto quelli che non hanno una famiglia spronante come la mia, leggendo il mio romanzo trovino la forza per reagire come ho fatto io».

E questo non è l’unico desiderio di Veronica, stupendi occhi azzurri, grandi sorrisi, che non ha più paura di indossare il costume da bagno. «Sto studiando per prendere la laurea magistrale in scienze politiche dopo aver conseguito quella triennale la scorsa estate. E sogno le Paralimpiadi di Tokio dove gareggerò nel Triathlon e soprattutto vorrei che il mio impegno fosse di esempio a chi è più sfortunato e vive in situazioni problematiche». 

A cura di Lucio Buonanno

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