La “biopsia cutanea” consiste nel prelievo di una porzione di pelle con una lesione di cui si vuole chiarire la natura, a cui segue l’invio a un laboratorio di anatomia patologica così da ottenere una precisa definizione diagnostica utile a prendere successive decisioni terapeutiche. Nella maggior parte dei casi, è il dermatologo a decidere sull’opportunità di ottenere una biopsia cutanea ed è lo stesso dermatologo a eseguire la procedura, con tecniche diverse in funzione del problema in esame. Ma in quali casi può essere indicata? E come si esegue? Ne parliamo con il dottor Luigi Naldi, dermatologo.

Dottor Naldi, quali sono le patologie della pelle che si possono individuare con la biopsia cutanea?
Le condizioni patologiche che possono richiedere l’esecuzione di una biopsia sono svariate. Le biopsie parziali, cosiddette biopsie incisionali, sono più frequentemente eseguite di fronte a patologie non tumorali, orientando la diagnosi tra le oltre 2000 entità cutanee attualmente riconosciute. In presenza di lesioni sospette di essere tumori cutanei l’intervento ideale è, invece, l’asportazione completa della lesione con un adeguato margine, la cosiddetta biopsia escissionale. Tuttavia per lesioni di dimensioni superiori a qualche centimetro e in aree particolari come al viso, la biopsia di una porzione della lesione può servire a confermare la diagnosi così da pianificare i successivi interventi. In alcune malattie bollose autoimmuni, può essere utile eseguire una biopsia sulla cute sana alla periferia di una lesione che permetta di ricercare eventuali depositi di anticorpi con tecniche particolari. Quando, infine, si sospetti che una lesione pigmentaria diversa da un nevo benigno sia un melanoma, si deve procedere, nella maggior parte dei casi, in due tempi. In un primo tempo si esegue l’asportazione completa della lesione con una biopsia escissionale. Questa asportazione permette all’anatomo-patologo di confermare la diagnosi e misurare il livello di eventuale invasione (il cosiddetto “spessore di Breslow”) delle cellule tumorali nei tessuti sottostanti all’epidermide, il derma e il sottocute. In un secondo tempo viene eseguito il cosiddetto “allargamento” che consiste nell’estendere l’asportazione di tessuto, attorno alla cicatrice della precedente asportazione, in funzione del livello di invasione documentato arrivando in profondità, di norma, fino alla fascia muscolare.

Come avviene la procedura?
La biopsia cutanea è, in genere, una procedura di piccola chirurgia ambulatoriale. Si esegue dopo aver informato adeguatamente il paziente riguardo ai motivi dell’intervento, alle procedure adottate e alla possibilità che rimanga una cicatrice. Vanno escluse eventuali allergie agli anestestici locali e va eseguita un’accurata raccolta d’informazioni sulla storia clinica e sui trattamenti in corso, con particolare attenzione per i farmaci anticoagulanti e gli anti-aggreganti piastrinici. L’esecuzione della biopsia non richiede preparazioni particolari del paziente né, in genere, la sospensione di farmaci. Il paziente viene fatto distendere su un lettino chirurgico, scoprendo l’area di cute da esaminare. L’area della biopsia viene infiltrata con un anestetico locale e, dopo pochi minuti, la procedura può iniziare senza che il paziente percepisca dolore. Le modalità di esecuzione possono variare.

> Biopsia incisionale: la più comune, si effettua con un bisturi che incide e asporta una porzione della lesione cutanea.

> Biopsia con punch: si ottiene utilizzando un bisturi monouso, cilindrico, che consente di prelevare sezioni di cute circolari. È indicata quando è richiesto un piccolo frammento di tessuto.

> Biopsia “shave” o “a piatto”: si può utilizzare per lesioni estese ma superficiali; avviene attraverso un taglio tangenziale della cute che asporta una lamina sottile di cute.

> Biopsia escissionale: consiste nell’asportazione completa di una lesione e di una porzione del tessuto indenne circostante.

Per la riparazione della ferita servono alcuni punti di sutura che potranno essere rimossi dopo un tempo variabile, in genere, da una a due settimane, a seconda della sede di cute sottoposta a biopsia. Nel caso della biopsia shave non vengono utilizzati punti di sutura ma il fondo della lesione viene trattato con procedure che interrompano il sanguinamento e la riparazione dei tessuti avviene per cosiddetta “seconda intenzione”.

Indispensabile in caso di tumori della pelle 
I tumori cutanei sono i tumori, in assoluto, più comuni nell’uomo. L’incidenza aumenta con l’età e tali tumori sono rari nei soggetti di età inferiore a 18 anni. Alcuni tumori, come il carcinoma basocellulare e quello squamocellulare, crescono localmente e assai raramente possono dare metastasi. Altri, come il melanoma sono più aggressivi e richiedono una diagnosi precoce per evitare una disseminazione a distanza. L’autoesame che permette di cogliere variazioni nell’aspetto di lesioni preestistenti o di individuare la comparsa di nuove lesioni e il ricorso al medico in caso di lesioni sospette è il miglior modo per ottenere una diagnosi quanto più precoce.
Le procedure diagnostiche di conferma comprendono:
esame clinico da parte di un medico esperto (in genere un dermatologo) che può avvalersi di tecniche di imaging come la dermatoscopia e la microscopia confocale;
asportazione chirurgica seguita dall’esame istologico.

Che precauzioni è bene prendere dopo l’esame per favorire la guarigione dalla ferita?
Al termine dell’esame, e nei giorni successivi, si deve fare attenzione ai punti di sutura, evitare alcuni movimenti, proteggere e tenere asciutta l’area biopsiata. Raramente, si può avere dolore, sanguinamento o infezione. In questi casi è necessaria una rivalutazione da parte del medico.

Come viene poi analizzato il tessuto prelevato?
Il campione di tessuto prelevato con i diversi tipi di biopsia viene inviato in laboratorio dove è processato, tagliato in fettine sottili, colorato con modalità che permettono di evidenziare strutture specifiche o depositi di sostanze patologiche e analizzato al microscopio da un medico specialista in anatomia patologica. Sul pezzo istologico possono essere eseguite delle analisi biochimiche e/o genetiche specifiche. In alcuni casi, attraverso tecniche particolari come quella dell’immunofluorescenza possono essere ricercati anticorpi o altre molecole. Possono anche essere eseguite colture per isolare batteri o funghi. Una volta completate le analisi, l’anatomo-patologo scrive un referto che contiene tutte le informazioni relative alle analisi e una sintesi diagnostica. In base ai risultati della biopsia sarà il dermatologo a prendere decisioni su come procedere discutendo con il paziente quanto emerso dall’esame istologico.

A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione del dott. Luigi Naldi
Specialista in Dermatologia
Unità Complessa di Dermatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza Centro Studi GISED, Bergamo