Si chiama ACPG, ovvero alimentazione consapevole del picco glicemico, ed è un nuovo metodo alimentare che promette di far perdere peso ma soprattutto mantenere i risultati nel tempo. Come? Puntando sulla consapevolezza di quello che si mangia e degli effetti metabolici che provoca sul nostro organismo. Un approccio innovativo che va oltre il semplice calcolo delle calorie e mira a insegnare a “costruirsi” un piano alimentare davvero personalizzato e unico per il proprio corpo, gusti e stile di vita. Come ci spiega il dottor Pier Luigi Rossi, medico specialista in Scienze dell’Alimentazione, docente di questo metodo.

Dottor Rossi, su quali principi si basa questo metodo?
Ogni volta che introduciamo cibo nel nostro corpo il profilo metabolico, ormonale e di espressione genica viene modificato. I nutrienti che ingeriamo condizionano alcuni valori nel sangue, modificano la produzione e il rilascio di ormoni, influenzano il nostro DNA, spingendo l’organismo verso l’accumulo o il calo di peso. Le variazioni metaboliche e ormonali giornaliere causate dal cibo ingerito hanno un ruolo primario sul metabolismo e sulla salute del nostro corpo. Queste variazioni e reazioni sono diverse in ognuno di noi. Esserne consapevoli ci permette di scegliere il cibo migliore per vivere in salute. In particolare, oggi sappiamo che per mantenere la salute metabolica è importante contenere le oscillazioni del picco glicemico postprandiale. In ognuno di noi, infatti, dopo ogni pasto, si verifica un aumento della glicemia che raggiunge i livelli massimi durante la prima ora (picco glicemico) e tende ad abbassarsi fino ai valori di partenza entro due ore. Il metodo, quindi, si basa sulla misurazione della glicemia post-prandiale, ovvero la concentrazione di glucosio nel sangue dopo il pasto. Conoscere il valore della glicemia significa sapere, immediatamente, l’effetto che il cibo produce sul corpo e se, scegliendo quel pasto, ci siamo presi cura della nostra salute metabolica e stiamo facendo un passo verso la perdita di peso. Per misurare la glicemia serve un glucometro, uno strumento molto semplice da utilizzare. Il glucometro e la glicemia sono da sempre correlati al diabete, ma diventano fondamentali strumenti per conoscere il proprio corpo e scegliere il cibo in maniera autonoma e funzionale al controllo del proprio peso corporeo.

Passando alla pratica, in che cosa consiste un’alimentazione consapevole del piccolo glicemico?
Per controllare il picco glicemico, ovvero evitare che si verifichino oscillazioni di glicemia troppo brusche durante la giornata, è opportuno seguire una corretta alimentazione basata sulla conoscenza della composizione molecolare degli alimenti. Il pane, ad esempio, è composto prevalentemente da carboidrati (molecole complesse), digeriti fino a ottenere il glucosio (molecola semplice) che viene assorbito e messo in circolo. La carne invece, è prettamente composta da proteine (molecole complesse) che vengono poi trasformate in aminoacidi assorbibili (molecole semplici). Tra i nutrienti troviamo poi gli aminoacidi, gli acidi grassi, il glucosio, le vitamine e i minerali. Dalla composizione degli alimenti dipende anche l’indice glicemico (Ig) a loro associato. L’Ig è il sistema di classificazione numerica utilizzato per misurare la velocità di digestione e assorbimento dei cibi contenenti carboidrati e il loro conseguente effetto sulla glicemia. Un cibo con un punteggio dell’Ig alto produce un picco più elevato di glucosio dopo il suo consumo. Al contrario, un alimento con un basso indice glicemico provoca un aumento più lento della glicemia. In generale i cibi glucidici raffinati, come i farinacei nel caso del grano o di altri cereali, hanno un Ig più alto; il maggiore contenuto di fibre (specie solubili) determina un Ig ridotto; un cibo glucidico maggiormente idratato è più digeribile di uno secco (l’amido crudo è indigeribile).

Quanti pasti prevede il metodo?
Per seguire un’alimentazione sana e consapevole è fondamentale organizzare la propria giornata alimentare. Questa deve prevedere tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini (a metà mattina e a metà pomeriggio), con un’equilibrata distribuzione di energia, carboidrati, grassi e proteine. Strutturare la giornata in questo modo ci permette di prevenire le eccessive variazioni della glicemia riducendo l’entità del picco glicemico post-prandiale e delle ipoglicemie tra un pasto e l’altro. L’organizzazione però riguarda anche ogni singolo pasto della giornata alimentare. Dobbiamo precisare infatti, che ciò che mangiamo, non sono i cibi, ma i pasti, ovvero combinazioni dei singoli alimenti. Il picco glicemico dipende infatti da tutto il pasto: uno stesso alimento porterà a ottenere un diverso picco glicemico a seconda del cibo al quale è stato abbinato. Mangiare un piatto di pasta con un condimento a base di carne, ad esempio, può avere come conseguenza un picco glicemico più elevato rispetto alla stessa quantità di pasta condita con delle verdure.

Ci può fare un esempio di giornata tipo?
> Iniziare con una porzione di verdura cruda, mista, di stagione, finemente tritata per agevolare la sua digestione gastrica (ridotta permanenza nello stomaco).
> Proseguire con l’alimento principale (piatto unico) o a base di carboidrati (pasta integrale, riso integrale, cerali integrali...) oppure a base di proteine (pesce, uova, carne bianca, carne rossa, formaggi freschi e molli, legumi...).
> Aggiungere eventualmente una porzione di pane, meglio se integrale, nei casi in cui non si mangia il piatto a base di carboidrati.
> Condire con olio extravergine di oliva.
> Quando possibile, soprattutto a cena, terminare con una porzione di verdura di stagione cotta, come tale o come passato vegetale.

La perdita anche solo del 5% della massa grassa corporea è sufficiente per ottenere importanti risultati in termini salutistici

Le 4 fasi
Prima fase, ovvero il primo giorno: bisogna valutare la glicemia basale, cioè la glicemia a digiuno, prima di colazione. La misurazione inoltre andrà effettuata anche prima di pranzo e cena, registrando i valori nella tabella alimentare.
Seconda fase: è dedicata all’analisi dell’alimentazione abituale per comprendere come il corpo reagisce al cibo che solitamente mangi. Si deve mangiare come di consueto e misurare la glicemia 60 minuti dopo i pasti principali per tre giorni. Quanto minore sarà l’oscillazione del valore della glicemia post prandiale rispetto a quello di partenza, tanto più il pasto consumato favorirà la riduzione della massa grassa, e quindi del peso, e sarà utile al mantenimento della salute metabolica. In questo modo ci si potrebbe che cibi che si amano, benché categorizzati come “calorici”, in realtà non incidano troppo sulla glicemia e,l contrario, altri che si pensavano “sani” o “light”, potrebbero provocare alti picchi glicemici e sono quindi da limitare. il consumo.
Terza fase: per almeno quattro giorni si deve orientare l’alimentazione in base ai risultati ottenuti dalle misurazioni.
Quarta e ultima fase: è quella dell’alimentazione consapevole.

a cura DI ELENA BUONANNO
con la collabotazione del dottor Pier Luigi Rossi
Specialista in Scienza dell’Alimentazione