L’asma rappresenta la malattia infiammatoria cronica delle vie aeree più frequente a livello globale, con una prevalenza che raggiunge il 5-10%. Colpisce circa 340 milioni di persone nel mondo di tutte le età, costituendo un problema sanitario importante, sia per l’impatto negativo che ha sulla qualità di vita di chi ne soffre sia per i costi economici e in termini di perdita di produttività sul lavoro che ne derivano. Inoltre contribuisce a un gran numero di decessi in tutto il mondo, anche tra i giovani. La buona notizia è che oggi è possibile tenerla sotto controllo con terapie efficaci che consentono di svolgere una vita normale senza particolari limitazioni. Come ci spiega il dottor Alessandro Scartabellati, pneumologo.

Dottor Scartabellati, quali sono i sintomi tipici dell’asma?

L’asma causa sintomi respiratori come la tosse, la difficoltà a respirare con respiro sibilante, la costrizione toracica, la limitazione dell’attività fisica e attacchi acuti che talvolta richiedono cure urgenti e possono essere fatali. Tipicamente i sintomi variano nel tempo e spesso si manifestano in condizioni particolari come durante le infezioni virali, durante l’esposizione ad allergeni domestici o occupazionali (acari della polvere, pollini, scarafaggi) o al fumo di tabacco, durante l’esercizio fisico e in condizioni di stress. Anche alcuni farmaci possono indurre o innescare l’asma, ad esempio i beta-bloccanti e (in alcuni pazienti) l’aspirina o altri farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).

Si legge spesso che anche l’inquinamento possa rappresentare un elemento “scatenante”. È davvero così?

Sì, sta assumendo sempre più importanza anche il ruolo dell’esposizione al particolato ambientale dell’inquinamento atmosferico, sia da solo sia come coadiuvante e aggravante delle reazioni allergiche. L’epitelio respiratorio (ovvero il rivestimento interno delle muscose delle vie aeree), infatti, viene attivato non più solo dalle reazioni allergiche, ma anche dalle reazioni dirette delle particelle inquinanti e dalla temperatura elevata. All’inquinamento infatti si aggiunge anche l’impatto dei cambiamenti climatici, che per esempio modificano la stagionalità di presentazione degli allergeni e peggiorano la qualità dell’aria. Nelle aeree urbane, dove è maggiore l’inquinamento ambientale, i pollini assorbono sulla loro superficie il particolato atmosferico aumentando il loro potenziale allergenico. In definitiva il polline, che rappresenta una delle cause più frequenti di asma (esiste anche l’asma non allergica), l’inquinamento atmosferico e il clima (ricordiamo che anche i temporali sono in grado di scatenare crisi di asma) interagiscono fra di loro e influenzano la manifestazione clinica dell’asma.

Giovani a rischio stress e ansia a causa della malattia
Secondo uno studio del 2016, presentato durante l’Annual Meeting 2016 dell’AAAAI (American Academy of Allergy, Asthma & Immunology), gli adolescenti (maschi e femmine) di età compresa tra 14 e 17 anni affetti da asma bronchiale dimostrerebbero livelli di percezione ansiosa e di stress maggiori rispetto ai coetanei non asmatici. La gestione della malattia è identica a quella dell’adulto in queste fasce di età. È spesso però resa più difficoltosa dalla scarsa conoscenza della malattia stessa da parte del giovane paziente e a volte dal rifiuto di essere malato. Superate queste condizioni il giovane può invece condurre una vita assolutamente normale, compresa l’attività sportiva agonistica che, anzi, viene incentivata. 

Esistono terapie efficaci per il trattamento dell’asma?

A questo proposito vanno fatte due premesse. Innanzitutto che l’asma è una malattia cronica e quindi si può curare e controllare ma non guarire; la seconda è che purtroppo l’asma è molto spesso sottovalutata, ritenuta di facile controllo e molti pazienti si “curano da soli” utilizzando un farmaco che è diventato il paradigma della terapia, cioè il salbutamolo solfato. Dal 2019 però le linee guida internazionali hanno dimostrato che il solo uso di questo farmaco espone il paziente a potenziali rischi di crisi gravi in quanto viene tamponato il sintomo ma non combattuta l’infiammazione che sta alla base della malattia. È quindi necessario per prima cosa diagnosticare correttamente l’asma (per farlo è indispensabile la spirometria) e curarla fino a ottenerne il controllo, che viene definito dall’assenza di sintomi ma anche dall’evitare rischi futuri di rimodellamento, cioè di alterazione strutturale irreversibile della parete dei bronchi conseguente al cronicizzarsi dell’infiammazione. Il trattamento dipende dalla gravità della malattia e deve essere sempre concordato con lo specialista, che potrà verificarne periodicamente anche l’efficacia: nei casi di asma lieve-moderata la terapia si basa su utilizzo di spray o polveri inalatorie contenenti obbligatoriamente un cortisonico cronico eventualmente associato a un broncodilatatore (in pazienti collaboranti può essere usata anche solo al bisogno). L’asma di maggior gravità prevede invece una terapia perenne, quotidiana, eventualmente con associazione di altri farmaci broncodilatatori o antinfiammatori. Nei casi, infine, di asma grave, che riguarda circa il 5% dei pazienti asmatici, oggi se accuratamente studiata (fenotipizzata) ci si può avvalere, invece della sola terapia cortisonica (per bocca o iniezioni) come in passato, anche di nuovi farmaci, biologici, costituiti da anticorpi monoclonali indirizzati verso le molecole che determinano la broncocostrizione dell’asma. Questi farmaci sono estremamente efficaci e cambiano la vita al paziente con asma grave, evitando anche gli importanti effetti collaterali della terapia cortisonica. In qualunque forma di asma è comunque indispensabile che la malattia venga ben conosciuta dal paziente e che la terapia venga concordata fra medico e paziente. Questo può evitare un grosso problema della terapia, rappresentato dalla mancanza dell’aderenza. 

A cura di Sara Carrara
con la collaborazione del dott. Alessandro Scartabellati
Specialista in Pneumologia Centro Diagnostico Treviglio Gruppo San Donato