66 giorni. Sarebbe questo, secondo alcuni studi, il tempo necessario per trasformare un’azione in abitudine e mantenerla nel tempo. Questo grazie alle plasticità cerebrale del nostro cervello che, anche da adulti, ha la capacità di riconfigurarsi continuamente. Una buona notizia, soprattutto in questo periodo di inizio autunno durante il quale, tipicamente, ci si prefiggono nuovi (o vecchi) buoni propositi, cambiamenti di stile di vita più salutari, modificazioni di routine e ritmi che ci stanno stretti. Ma qual è il primo passo per cambiare? E come fare per non ricadere nelle vecchie abitudini? Lo abbiamo chiesto a Pia Barbato, counselor.

Con gennaio, settembre e ottobre sono i mesi in cui più frequentemente si decide di cambiare qualcosa di sé o della propria vita: smettere di fumare, iniziare una dieta, ritagliarsi più tempo per se stessi, coltivare maggiormente le amicizie. Qual è la mentalità migliore per affrontare il cambiamento?

Si parla di “Cambiamento” come se fosse uno schioccare di dita, ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare, anche se la vita stessa è un continuo cambiamento. Tutto cambia, anche ciò che ci appare immutabile. “Non si può discendere due volte nello stesso fiume” diceva Eraclito. Il fiume, sembra sempre uguale, ma le sue acque, scorrendo continuamente, non sono mai le stesse. Tutto scorre, tutto si trasforma. L’intenzione da sola, però, non basta: ci vuole il desiderio, crederci ma soprattutto l’umiltà di ammettere i propri limiti. Non esiste un modo univoco per affrontare il cambiamento, dipende da una moltitudine di fattori: autostima, capacità di vedere le conseguenze delle decisioni prese, gestione delle proprie emozioni, credenze personali e influenze dell’ambiente (ad esempio un atteggiamento di disappunto di una persona verso la decisione che stiamo prendendo). Alla base, quindi, per riuscire nel proprio obiettivo ci vuole una forte motivazione e volontà che nasce da un bisogno reale.

Quali sono i nemici “interni” ed esterni del cambiamento?

Paura, ansia, timore, insicurezze, demotivazione etc. sono tutte emozioni negative che incidono sulla resistenza al cambiamento. In molti casi si inizia ad avere consapevolezza e prendere in considerazione il cambiare, ma poi scatta la paura di cosa potrebbe accadere, perché può comportare la perdita di ciò che amiamo, una relazione, una posizione comoda e sicura, unita alla paura di non farcela e fallire. Secondo Buddha, “il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è”. Egli sosteneva che la piena accettazione che ogni cosa è temporanea può liberare gli uomini dalla sofferenza, attraverso la decisione di non vincolare la propria felicità al desiderio di trattenere ciò che se ne andrà. Spesso, le persone dicono “non posso farci niente, sono fatto così”, “le gente non cambia”, “chi nasce tondo non muore quadrato”. In realtà le persone non cambiano, quando non lo vogliono. Un altro elemento che, dall’interno, ostacola il cambiamento è lo stress che comporta. Cambiare è un po’ come scalare una montagna: bisogna studiare il percorso, munirsi di attrezzature e poi iniziare la scalata un passo dopo l’altro, facendo fatica per arrivare fino in cima. Un altro punto di resistenza è il vantaggio che una persona ottiene dal suo problema, Prendiamo il dolore: alcuni non riescono a liberarsene perché ottengono un beneficio. Nel caso invece di una persona che non riesce, nonostante gli sforzi, a dimagrire, invece potrebbe nascondersi una strategia, conscia o inconscia, per proteggersi dal “rischio” di imbattersi in una relazione amorosa. A questo, poi, si aggiungono convinzioni o false credenze trasmesse dall’ambiente in cui si vive (genitori, società, religione, cultura etc.). Il risultato è che ci si dice “Lo voglio, ma non ora”, “lo farò da domani”, la tipica modalità con cui le persone si autoingannano.

Impariamo a guardarci con occhi benevoli: “Esiste un curioso paradosso: quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare” diceva lo psicologo americano Carl Rogers”

Ma allora come si fa a cambiare?

Innanzitutto bisogna scegliere un’area della propria vita che si vuole cambiare, non tutte insieme, perché sarebbe troppo oneroso, focalizzandosi su quella che sentiamo come prioritaria in quel momento e ponendosi un obiettivo raggiungibile e non irrealistico. Nel viaggio del cambiamento, poi, bisogna non concentrarsi sul risultato finale ma assaporare i benefici che, giorno dopo giorno, derivano dalla nuova abitudine trasformandoli in “rinforzi positivi” per andare avanti su quella strada. Infine è importante darsi una scadenza. In questo modo si avranno più chance di arrivare alla fine del percorso e consolidare il risultato nel tempo.

A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione
di Pia Barbato
Counselor Supervisor Trainerr
Centro Counseling Integrato Scanzorosciate