“Non ci posso fare nulla, sono fatto così”. “È inutile che mi sforzi a cambiare. È questo il mio carattere”. Quante volte avete ripetuto a voi stessi queste e altre frasi simili o ve le siete sentite dire da amici, parenti o compagni di vita. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Siamo davvero “vittime” del nostro carattere, anche quando ci spinge a comportarci in modo diverso da quello che vorremmo, come fosse un ineluttabile destino contro il quale non abbiamo nessuna possibilità di scelta?

Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Francesca Calioni Bembo, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Calioni Bembo, quanto il nostro carattere determina il nostro destino e quanto invece siamo liberi di fare scelte “autonome”?
Secondo il celebre detto del filosofo greco Eraclito “Ethos antropoi daimon”, il carattere o l’indole determinano il destino dell’uomo. Eraclito riporta dentro il cuore dell’uomo ciò che in Omero ne condizionava le azioni dall’alto e da fuori: la volontà degli dei. La frase di Eraclito farebbe pensare dunque che l’inclinazione naturale è proprio ciò che decide dell’uomo e del proprio destino. Riferendosi al daimon, Eraclito ci indica una parte di noi stessi che è come se non avesse mai scordato la propria profonda natura. In ogni uomo, dunque, esiste questa spinta a realizzare la propria natura, a perseguire scelte che noi stessi intuiamo essere quelle più congeniali, più adatte a noi. Quindi, essere in armonia con il proprio daimon significa appassionarsi, coinvolgersi, trarre piacere, gioia e godimento da ciò che si sta facendo. È in questo modo, dedicandosi veramente a ciò che si ama, che si fa un passo verso il cammino del proprio destino più autentico. Destino e carattere non possono quindi essere intesi come ripetizione automatica di una serie di azioni, scelte e comportamenti appresi, ma come possibilità di sentire e scegliere, per esempio attraverso azioni di cambiamento, di andare al di là dei nostri “condizionamenti”. Tutto questo implica una crescita, uno sviluppo e una trasformazione continua nella nostra vita.

Questo significa che il carattere (e quindi anche il nostro destino), anche a una certa età, si può modificare?
È vero che moltissimi dei mattoni che compongono la nostra personalità di adulti sono stati modellati dalle nostre vicende infantili ed è altrettanto vero che la forma che quei mattoni va a comporre dentro di noi ripercorre e ripete le nostre storie infantili. Trasformare il proprio destino e il proprio carattere è tuttavia possibile, è una realtà. Può significare dover incontrare il personaggio che ci siamo costruiti per necessità, attraverso ad esempio gli stessi modelli di relazione, gli stessi stili di vita, le stesse scelte. Questi modelli - radicati e automatici - stanno lì a ingombrarci il presente e attendono di essere visti con sguardo diverso. Fare posto al nuovo, trasformare il vecchio, significa affrontare una crisi con un vero e proprio travaglio interno, come momento in cui cominciare a confrontarci con la nostra immagine di noi stessi, non più per vederla come gli altri ci vogliono o ci hanno imposto di essere fin dalla più tenera età, ma come noi desideriamo, anche nelle parti che ci appaiono più marginali. Essere il proprio destino è insomma, grazie alla consapevolezza di cambiamento che richiede, poterci lasciare alle spalle ciò che non ci appartiene, scoprire e abbracciare ciò che davvero avvertiamo come profondamente nostro, quella spinta a realizzare la nostra più profonda natura, contraddistinta da aspirazioni, gioie, piaceri, incontri, novità, attività che ci appartengono; significa affermare la nostra propria essenza, liberandoci dalla vergogna nel volerci negare a noi stessi, diventare ciò che noi possiamo scegliere di essere nel modo più radicale e profondo.

In che modo possiamo scegliere chi essere, insieme alla possibilità di sviluppare e migliorare il nostro carattere?
Non con la volontà, ma attraverso un lavoro di conoscenza e consapevolezza, che ci aiuti a dialogare con quella storia condizionante, automatica, che ci obbliga a ripetere sempre gli stessi percorsi, a sentirci spinti a comportarci con tutta la pressione inconsapevole che il nostro passato ha depositato dentro di noi. Un lavoro che possa aiutarci a incontrarci e conoscerci profondamente senza pregiudizi, dando voce a tutto ciò che credevamo di non avere dentro di noi fino a quel momento. Nel suo aforisma “Diventa ciò che sei” il grande filosofo tedesco Nietzsche ci ricorda proprio questo.

"Sì, si può cambiare, se ci mettiamo d’impegno e ci fidiamo di noi stessi e di affidarci a uno psicoterapeuta, un compagno di viaggio che ci starà accanto per riscoprire e ritrovare la parte più vera di noi stessi” 

Le nostre scelte? Sono frutto della nostra storia.
“Essere” un certo carattere non è complessivamente frutto del destino o della nostra ereditarietà genetica, ma della storia di tracce scritte in ciascuno di noi dalle relazioni vissute in primo luogo coi nostri genitori e con altre figure familiari. “Non riesco ad avere una relazione soddisfacente”. “Sono così perché sono timido, lo sono sempre stato”. “Manco di sicurezza nelle scelte”. “Non riesco mai a portare a termine quanto mi propongo”. Una storia che abbiamo imparato a leggere come unica versione possibile, che troppo spesso ci impedisce di incamminarci lungo una via diversa.

a cura di Viola Compostella
con la collaborazione della DOTT.SSA FRANCESCA CALIONI BEMBO 
Psicologa e Psicoterapeuta SIPP a Bergamo