La drammatica vicenda di Einar Carrara, ex biathleta della Nazionale italiana, che ha perso l’uso delle gambe per un grave incidente sul lavoro.
Mi chiamo Einar Carrara, ho 29 anni ed abito a Serina. Ho sempre praticato sci nordico sin da bambino. In seguito avendo mio padre che dagli anni ’90 agli anni 2000 è stato allenatore di tiro della nazionale Italiana di Biathlon (sci nordico + tiro con la carabina), dopo qualche gara, con mia sorpresa, sono entrato a far parte della Nazionale Italiana di biathlon, anche se nel dicembre del 2012 sono stato escluso per mancanza di risultati. Ma la mia vera storia, piena di ricoveri in ospedale, comincia il 10 dicembre 2014 in un bosco della Val Brembilla. Nel 2013 ho cominciato a lavorare come giardiniere e successivamente come boscaiolo: fin da piccolo, infatti, sono stato amante delle motoseghe. A dicembre 2014, però, mentre stavo tagliando degli alberi con un mio collega, un pino cadendo è finito su un altro, marcio, che rompendosi mi ha travolto: colpendomi alla nuca ed alla schiena, causandomi un politrauma da schiacciamento. Ma questo l’ho scoperto dopo. Mi sono risvegliato in ospedale, infatti, dopo dieci giorni di coma. I medici sono subito stati chiari: la mia colonna vertebrale era spezzata e l’unica soluzione sarebbe stata l’utilizzo della sedia a rotelle. Lentamente ho ripreso l’uso della parola e delle funzioni cognitive e, quando ho realizzato effettivamente cosa mi aspettava, in realtà non mi sono mai disperato: forse perché non ricordo nulla dell’incidente, o forse perché essendo in giovane età ed avendo un buon fisico da atleta, non ho mai dato troppo peso alle conseguenze dell’incidente. Semplicemente, mi sono detto, non potevo e non dovevo mollare.

Sin dall’inizio non ho pensato a cosa avevo perso ma a cosa potevo fare per migliorare la mia condizione. Ricordo esattamente, dopo telefonate su telefonate e richieste continue, tutte le tappe del mio percorso riabilitativo fino ad oggi: il 15 gennaio 2015, dopo un mese agli Spedali Civili di Brescia dopo l’incidente, sono stato trasferito per la riabilitazione all’ex Casa degli Angeli di Mozzo dove sono restato fino al 20 giugno 2015. Successivamente, dal 31 agosto 2015 al 28 febbraio 2016 sono stato ricoverato presso la Casa di cura Quarenghi a San Pellegrino Terme. Una volta dimesso ho conseguito la patente speciale per guidare l’automobile. Dal 15 luglio 2016 alla Vigilia di Natale, ho continuato la mia riabilitazione presso l’Habilita di Sarnico, mentre nel febbraio del 2017 ho trascorso tre settimane al centro protesi di Budrio per l’addestramento con l’esoscheletro Indego. Dal 15 giugno al 31 agosto del 2017, poi, presso la casa di cura Domus di Brescia mi sono addestrato con l’esoscheletro Rewalk 7.0. A inizio 2018, invece, ho passato sei settimane al centro protesi Inail di Budrio per l’addestramento con i tutori Kafo. Strano a dirsi, ma non mi è mai pesato nulla. Ho fatto tanta fisioterapia. E palestra mattina e pomeriggio.

Giornate piene, colazione, palestra, pranzo, riposino e ancora palestra, piscina, handbike montata sui rulli. Oggi nella riabilitazione mi aiutano molto i tutori che partono dalla scarpa e vanno fino al gluteo e che hanno bisogno di una buona potenza dei muscoli nelle braccia per poter camminare. Mi hanno chiesto di far parte di una squadra di tiro con la carabina. Ero bravo a sparare, ma ho detto di no. Come alla proposta di partecipare alle gare in handbike. Per il momento ho rifiutato, anche se ogni tanto ci ripenso. Pratico handbike per stare all’aria aperta. La mia storia ha colpito sia la Val Brembana, dove abito, sia la Val Seriana, tanto da scatenare una gara di solidarietà con una sottoscrizione nata per me: il “Progetto Einar” che ha l’obiettivo di aiutare la mia famiglia. In Val Seriana mi conoscono tutti per lo sci di fondo: ho disputato tante gare vincendole o comunque salendo sempre sul podio e dopo l’incidente tutti gli appassionati degli sport invernali della zona hanno voluto aiutarmi. È stato davvero bellissimo ed emozionante sapere di avere tanta gente vicina. E questo mi ha dato un’ulteriore spinta per cercare di tornare quello che ero prima. Oggi sto bene. Potrei anche andare a vivere da solo.

Da sei anni e mezzo, passo le mie giornate tra palestra ed handbike per provare a tornare a camminare di nuovo senza aiuti, senza sedie a rotelle, senza tutori, ma come una persona normale. Ora mi alleno in casa, nel mio box dove ho le parallele e posso camminare con i tutori “Kafo” che sono stati creati su misura per me dal centro protesi Inail di Budrio nel 2018. Altre volte, invece, mi alleno con l’handbike per potenziare braccia, spalle, pettorali e tutta la parte del tronco. Una vita tranquilla insomma: guido l’auto, vado a fare la spesa al supermercato, mi preparo pranzo e cena (non sono amante dei primi, preferisco le uova o la carne, sia bianca che rossa). Il duro lavoro ripaga sempre, la fatica mi piace, gli esercizi non mi pesano assolutamente, anzi più ne faccio e più mi sento meglio. Nella mia mente c’è solo la riabilitazione. Voglio tornare a camminare. Il consiglio che do sempre è proprio questo: siate sempre positivi e, se anche qualche volta la vita colpisce in malo modo, NON MOLLATE MAI! Continuate a vivere con tutte le vostre forze nel raggiungimento dei vostri obiettivi e non lasciatevi scoraggiare da niente e nessuno. Il duro lavoro ripaga sempre! 

A cura di Lucio Buonanno

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