«Il termine “rischio” in gravidanza è un concetto oggi di uso comune da parte delle donne soprattutto da quando Regione Lombardia ha deliberato l’istituzione del cosiddetto percorso BRO (Basso Rischio Ostetrico) negli ospedali lombardi. In pratica in tutti i punti nascita lombardi deve essere attivato un servizio di controllo della gravidanza a basso rischio e conseguentemente di assistenza al parto gestito esclusivamente dalle ostetriche e non dai medici specializzati in ostetricia i quali interverranno solo nelle gravidanze a rischio o quando la gravidanza e il parto si complicano». Chi parla è il dottor Claudio Crescini, ginecologo. Ci siamo rivolti a lui per approfondire il delicato tema della gravidanza a rischio, capire quando si può definire tale e cosa fare.

Dottor Crescini, cosa significa “a rischio” in gravidanza?
Il concetto di rischio è soltanto un calcolo statistico. In senso generale, soprattutto per i casi estremi, il concetto di rischio è facilissimo da capire. Una ventenne sanissima, magra, con una gravidanza desiderata e insorta spontaneamente avrà sicuramente più probabilità di partorire senza problemi un bimbo normopeso e in buone condizioni rispetto alla ultraquarantenne primigravida sovrappeso con intolleranza al glucosio e con una gravidanza insorta con le tecniche di procreazione assistita. La prima donna potrà essere seguita tranquillamente da un’ostetrica, richiederà pochi esami e partorirà probabilmente senza “imprevisti” mentre la seconda dovrà essere seguita molto più attentamente da uno specialista in ostetricia, richiederà più esami e controlli e avrà più probabilità di partorire con un taglio cesareo, magari prima del termine. Parliamo invece di probabilità. Ciò non esclude che la nostra gravida ultraquarantenne possa invece avere una gravidanza perfetta con parto spontaneo, soltanto che avrà meno probabilità rispetto alla ventenne. È un po’ come la lotteria: più biglietti compro, più probabilità (non certezza!) ho di vincere. Nel nostro caso purtroppo più fattori di rischio si hanno (età avanzata, sovrappeso, diabete gestazionale, gravidanza indotta etc.) più aumentano le probabilità di avere problemi. Quello che a noi interessa è calcolare per ogni singola gravida il rischio, cioè la probabilità, che possa accadere qualcosa di negativo o di pericoloso per lei e il suo bimbo. Quindi noi calcoleremo solo la probabilità statistica che questo possa avvenire e non la sicurezza che avvenga (per questo ci vorrebbe un indovino!).

E come si calcola questa probabilità statistica?
Vanno definiti i cosiddetti “fattori di rischio”, cioè quelle condizioni, quegli elementi che aumentano la probabilità che possa succedere qualcosa di negativo durante la gravidanza o il parto. I fattori di rischio per la gravidanza e il parto sono oggi ben conosciuti ed elencati in apposite tabelle grazie agli studi fatti su centinaia di migliaia di gravide in tutto il mondo.

Quali sono i principali fattori di rischio?
I fattori di rischio comprendono molte categorie. Alcuni sono ambientali: per esempio partorire in Sierra Leone è di per sé molto più rischioso che partorire in Italia. Altri sono sociali: partorire in età avanzata è più rischioso che in età giovanile e oggi in Italia l’età media è arrivata ai 32 anni e già questo di per sé rappresenta un fattore di rischio. Ci sono poi fattori di rischio personali come il sovrappeso, il fumo di sigaretta, l’assunzione di alcol, un lavoro faticoso o in un ambiente insano etc.. Anche la storia ostetrica contiene dei fattori di rischio: per esempio avere avuto più tagli cesarei o aver avuto un’emorragia nel parto precedente. Inoltre, va sottolineato che alcuni fattori di rischio hanno un peso molto alto soprattutto se si associano tra loro (sovrappeso + età maggiore di 40 anni + diabete in trattamento con insulina). Ci sono poi, invece, fattori di rischio che possono insorgere inaspettatamente durante una gravidanza assolutamente normale e a basso rischio, come ad esempio la preeclampsia. Si tratta di una complicanza rara ed esclusiva delle donne alla prima gravidanza che si manifesta con un innalzamento della pressione arteriosa anche improvviso e molto elevato che insorge generalmente dopo la 20sima settimana. Per questo motivo chi segue una gravidanza insiste molto sui periodici controlli della pressione e, appena i valori superano i 140 mmHg per la massima e 90 per la minima, interviene immediatamente con una terapia ipotensiva per evitare le gravissime conseguenze che possono derivare. In Italia le conseguenze della preeclampsia sono oggi molto limitate proprio per l’assistenza che viene garantita a tutte le gravide. Non così si può dire per i Paesi a basso reddito dove ancora si muore per le complicanze di questa “malattia” della gravidanza. 

Inquadramento e controlli successivi per la sicurezza di mamma e bambino
I fattori di rischio sono ben conosciuti dal personale sanitario che si prende cura della donna in gravidanza: durante il primo incontro si cerca proprio di verificare se sono presenti, quali sono e che peso possono avere sul decorso della gravidanza; nelle visite successive invece ci si accerta che non insorgano fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa o l’aumento della glicemia o altri ancora e, nel caso si manifestassero, s’interviene con le conoscenze scientifiche di oggi. Questo è il motivo per cui oggi l’Italia ha i valori di mortalità materna e neonatale più bassi del mondo, addirittura un terzo di quelli degli USA e paragonabili alla Svezia e al Giappone. Naturalmente nessuno al mondo ha un valore uguale a zero come nessuno ha rischio zero di incidenti aerei. 

A cura di Maria Castellano
con la collaborazione del dott. Claudio Crescini
Specialista in Ostetricia e Ginecologia Vicepresidente AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani).
Codirettore gruppo GEO (Gruppo emergenze ostetriche). Direttore Scientifico ASST BG Est