In quali casi serve il parto cesareo? Quali sono le possibili complicazioni? Dopo un cesareo si può avere un parto naturale? Il parto cesareo è un tema che suscita sempre molto interesse, tra dubbi, domande e falsi miti. Di questo si è parlato qualche settimana fa, a Bergamo, durante “Io Parto Consapevole”, evento promosso da Johnson&Johnson Medical SpA con il patrocinio di AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), SYRIO (Società Italiana di Scienze Ostetrico-Ginecologico-Neonatali) e SICHIG (Società Italiana di Chirurgia Ginecologica). Un momento di incontro e confronto tra donne in attesa, medici e ostetriche, per offrire alle future mamme consigli e informazioni utili per prepararsi con serenità e consapevolezza al momento del parto e ai giorni immediatamente successivi. Tra gli esperti presenti, il professor Franco Odicino, Direttore del Dipartimento Ostetrico-Ginecologico degli Spedali Civili di Brescia, il professor Luigi Frigerio, Direttore U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, la professoressa Miriam Guana, Ostetrica, Associato di Scienze Ostetrico-Ginecologiche Neonatali all’Università degli Studi di Brescia e Presidente della SYRIO e la dottoressa Nadia Rovelli, Ostetrica e Presidente Ordine della Professione Ostetrica Interprovinciale BG-CR-LO-MI-MB.

In quali situazioni è indicato?
«Il parto cesareo è un intervento chirurgico importante che come tale può essere associato a dei rischi che devono essere attentamente considerati in fase decisionale. Se è vero che gli interventi non necessari devono essere evitati è altrettanto vero che è fondamentale assicurare l’accesso a questa procedura, potenzialmente salvavita, a quelle donne che presentano condizioni mediche particolari» ha osservato il professor Franco Odicino. «Indicazioni al cesareo sono: malattie della madre (preesistenti o sviluppate in gravidanza); condizioni fetali, ad esempio presentazione podalica; situazioni di urgenza di vario tipo; placenta pervia, pregressa rottura dell’utero. Sono gli operatori sanitari che orientano la donna verso il cesareo valutandone le condizioni. La donna, da parte sua, deve conoscere esattamente quali possono essere le complicazioni».

Quali sono le complicazioni che fanno più paura?
Secondo una recente ricerca condotta da Ipsos, le complicazioni che destano maggiore preoccupazione tra gli uomini e le donne tra i 20 e i 50 anni, oltre al dolore postoperatorio (46%), ai tempi di ripresa dopo l’intervento (45%) e ai problemi legati all’anestesia (40%), viene citata la possibilità di contrarre infezioni (33%). «Le infezioni della ferita sono una delle possibili complicazioni dopo un intervento di parto cesareo. Possono colpire sia le strutture più superficiali sia i tessuti più profondi e si presentano in una percentuale che va dal 3.7 al 9.8% dei casi. Tuttavia oggi, grazie all’adozione di programmi di prevenzione negli ospedali e all’innovazione tecnologica in sala operatoria, come l’utilizzo di suture con antibatterico, è possibile prevenire ed evitare circa il 30% delle infezioni chirurgiche» ha spiegato il Professor Luigi Frigerio. « Per quanto riguarda l’anestesia, invece, nel 99% dei casi non si fa la totale ma la spinale (single shot anesthesia); già dopo un giorno si può togliere il catetere e poi procedere alla dimissione precoce».

Dopo un primo cesareo si può partorire naturalmente?
«Se per esempio il primo parto è stato cesareo per presentazione podalica e nel successivo il bambino è ben posizionato si può fare il Vbac (dall’acronimo inglese che sta per Vaginal Birth After Cesarean, cioè nascita vaginale dopo cesareo)» ha spiegato il professor Odicino. «Ovviamente se il primo parto cesareo era stato dettato da patologie sussistenti l’indicazione al cesareo rimane. Le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità sono molto chiare e dicono che, in assenza di controindicazioni specifiche, la possibilità di un Vbac deve essere offerta a tutte le donne».

Quali sono i tempi di ripresa?
«La ripresa nei giorni successivi al parto cesareo deve essere graduale e senza forzature. I tempi di recupero dipendono da diversi fattori, quali lo stato di salute della donna, i tempi di guarigione della ferita, il sostegno emotivo e pratico dei familiari e la possibilità di poter accedere all’assistenza ostetrica anche dopo il rientro a casa, ad esempio richiedendo la visita al proprio domicilio di un Ostetrica, come previsto dal Modello organizzativo del percorso nascita deliberato lo scorso anno da Regione Lombardia. La Regione ha deliberato nel giugno 2018 la nuova organizzazione della rete del percorso nascita con la presa in carico da parte di un Ostetrica di riferimento, della donna/neonato dall’inizio della gravidanza sino a 8 settimane dopo il parto, in rete con i medici specialisti. Auspichiamo una celere applicazione della delibera in tutto il territorio lombardo» ha affermato la dottoressa Nadia Rovelli. «Ci sono poi alcuni accorgimenti che è importante seguire per favorire una corretta cicatrizzazione della ferita, prevenire possibili infezioni e minimizzare il segno della cicatrice come ad esempio mantenere pulita ed asciutta la ferita proteggendola da traumi. In generale, sicuramente il recupero dopo il cesareo è più lento ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità dice che “l’obiettivo di salute si raggiunge se la donna e il neonato possono interagire e attivare le loro risorse fisiche” e questo è possibile anche per il cesareo. L’assistenza ostetrica deve rimuovere i fattori che impediscono questa interazione».

Quali sono i falsi miti più comuni?
«Uno dei falsi miti più diffusi è che sei “meno mamma” se non hai partorito in modo naturale. Non è assolutamente vero. Il parto cesareo viene fatto per ragioni mediche e in quel momento è la scelta più sicura per mamma e bambino. L’esperienza della nascita è meravigliosa sia che venga fatto in modo naturale sia attraverso il cesareo. Il consiglio è valorizzare l’esperienza, indipendentemente dal modo in cui il bimbo nasce, condividendolo anche con il padre» dice la professoressa Miriam Guana. «Un altro falso mito è che le chance di allattare al seno a lungo siano minori. Effettivamente ci sono dati statistici che indicano che le mamme che hanno avuto un parto cesareo interrompono prima l’allattamento. La causa probabilmente è il fatto che uno degli elementi chiave per un buon allattamento è l’attacco precoce, che avviene generalmente nello “skin to skin” (ndr. pelle a pelle) che oggi è diventato uno standard nel parto naturale e non sempre applicabile in sala operatoria. Questo non significa però che, con le dovute precauzioni e accortezze, anche dopo un cesareo non si possa avviare l’allattamento in modo soddisfacente: ad esempio, contro il dolore, che può essere un deterrente, esistono farmaci compatibili con l’allattamento. In questa fase l’assistenza ostetrica può facilitare il contatto madre-neonato e aiutare a ridurre al minimo i disagi post-intervento che possono ostacolare l’allattamento al seno».

a cura di Lella Fonseca