«Finalmente stiamo lentamente tornando alla normalità e speriamo che il lockdown sia un periodo ormai passato. Pensando ai mesi scorsi, molti di noi potranno concludere che il fatto più difficile da sopportare non sia stato tanto lo stare in casa in sé, quanto il non poter fare determinate cose. Mi spiego meglio: che si sia trattato di lavoro o di un hobby, la maggior parte di noi ha vissuto una vera e propria deprivazione delle occupazioni. Per darvi un’idea di quanto questo influisca sulla nostra quotidianità, vi basti pensare che un modello teorico di terapia occupazionale considera tre aspetti fondamentali per il benessere psicofisico umano: la cura di sé, il lavoro e il tempo libero. Mancando anche solo uno di questi aspetti, l’uomo va incontro a uno scompenso». Esordisce così Renata Canova, Terapista Occupazionale, una figura della riabilitazione poco conosciuta a cui abbiamo recentemente dedicato un articolo nella rubrica “Professioni sanitarie”. Affrontiamo insieme a lei una riflessione su questo inedito periodo di stop globale che ha punti in comune con la fase di recupero da un trauma che molti possono sperimentare durante la loro vita. Mentre ci stiamo riappropriando dei nostri ritmi quotidiani dovremmo soffermarci ad apprezzare l’autonomia con cui siamo in grado di rimetterci al volante per recarci al lavoro, indossare l’abbigliamento sportivo per andare a correre, truccarci e acconciarci per la prima uscita in pizzeria dopo tanto tempo. «Si tratta di una serie di azioni che per settimane intere non abbiamo potuto svolgere, ma a cui finalmente possiamo nuovamente dedicarci. Vorrei proprio porre l’attenzione sul concetto di autonomia perché, ad esempio, il ripristino delle attività quotidiane non è scontato quando una persona fa un incidente, oppure subisce un trauma o convive con una patologia invalidante. Il paziente va incontro ad una deprivazione delle proprie occupazioni e vive il suo personale “lockdown”, proprio come è capitato a noi questa primavera. All’improvviso diventa difficile se non impossibile non solo uscire di casa per una passeggiata, ma anche alzarsi dal letto da soli, curare la propria igiene personale in autonomia, cucinare un piatto di pasta.

Dottoressa Canova, la persona, a seconda della situazione clinica, sarà costretta a dipendere per sempre da qualcun altro?
No, per fortuna tra i professionisti della riabilitazione esiste una figura dedicata proprio al recupero delle autonomie quotidiane: si tratta del terapista occupazionale (TO) che, grazie al corso di laurea dedicato e lavorando in equipe multidisciplinare, ha le competenze per aiutare il paziente ad essere più indipendente possibile, sgravando così anche il compito dei famigliari. Il suo intervento riabilitativo è rivolto al recupero di attività apparentemente semplici quali lavarsi, mangiare, apparecchiare la tavola, avviare la lavatrice, curare l’orto...insomma ciò che è importante e significativo per la singola persona. Per i pazienti e le famiglie che affrontano una disabilità il ritorno ad una vita di qualità non è dettato da una data che segna il passaggio tra fase 1 e fase 2. È bensì frutto di impegno, accettazione, riabilitazione e tanto altro.

Chi dovrebbe essere a conoscenza della Terapia Occupazionale?
In generale chiunque, dato che la professione ha appena festeggiato 23 anni dalla pubblicazione del Decreto Ministeriale 136/97 che ne descrisse il profilo e le competenze. In particolare colgo l’occasione per raggiungere i medici di base, i pediatri, i fisiatri, i geriatri, i neurologi e gli ortopedici del territorio bergamasco che ancora non hanno fatto esperienza diretta con questa opportunità terapeutica.

A cura di Lella Fonseca
Con la collaborazione della dott.ssa Renata Canova, terapista occupazionale
Valle Seriana e Centro Polispecialistico Zogno
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