Il 38% dei ragazzi tra i 13 e i 15 anni ha dichiarato di aver fatto in media 15 assenze per rimanere a casa davanti al pc o allo smartphone. Il 18% di averne fatte 30 per la stessa motivazione e il 20% ha sfiorato i 100 giorni, numero quest’ultimo che prevede la bocciatura e la perdita dell’anno scolastico. Sono questi alcuni dei dati allarmanti emersi dall’ultima ricerca condotta dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, Gap, e Cyberbullismo), condotta su un campione di 5.000 ragazzi tra i 13 e i 15. E le cose non migliorano molto nella fascia di età successiva, tra i 16 e i 18 anni, in cui il 16% dichiara di essere stato a casa da scuola per un periodo di tempo compreso tra i 50 e i 60 giorni sempre per potersi dedicare a computer e smartphone. E non è tutto: gli intervistati, nella loro totalità, hanno ammesso di aver ridotto la loro vita sociale anche fuori dagli ambiti scolastici per dedicarsi ai social network e alla tecnologia in generale.

Sono più i maschi o più le femmine a chiedere ai genitori di rimanere a casa da scuola? «Per la prima volta, assistiamo a un’inversione di tendenza. Se fino a non molto tempo fa erano i ragazzi a farsi firmare le giustificazioni dai genitori ora in maggioranza sono ragazze, soprattutto tra i 13 e i 15: stanno a casa circa una ventina di giorni per fare attività social» osserva Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te- Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo, nata con l’obiettivo di indagare i temi sempre più diffusi delle nuove dipendenze, oltre ad attivarsi concretamente con azioni formative, di sensibilizzazione e di prevenzione nei confronti di questi fenomeni che stanno assumendo dimensioni sempre più preoccupanti.

E i ragazzi cosa dicono ai genitori quando chiedono loro di rimanere a casa da scuola? «Molte volte non chiedono niente. Rimangono a letto e basta. Non vogliono alzarsi perché sono stati svegli tutta la notte a smanettare sullo smartphone. Oppure manifestano un malessere dovuto dai giorni di insonnia, come mal di testa importanti. Quelli che vanno a scuola, nonostante questi disagi fisici, poi restano a casa, a volte abbandonando persino la scuola, perché si rendono conto di non riuscire a stare attenti e iniziano a sentirsi inadeguati rispetto ai compagni. Così, preferiscono fare i leoni da tastiera. Alcuni, diventano anche aggressivi e minacciano i genitori, che pur di non farli agitare ulteriormente accondiscendono al loro bisogno di non uscire di casa per andare in classe», continua Lavenia.

I CAMPANELLI D’ALLARME
Come possono i genitori capire se la dipendenza che caratterizza i ragazzi è nella norma o se invece sta diventando patologica? Esistono alcuni segni caratteristici come: l’alterazione del ciclo sonno-veglia, il mutare della condivisione sociale offline, il modificarsi di alcuni tratti caratteriali. In breve, un’alterazione delle abilità relazionali e sociali.

Che cosa si dovrebbe fare? «Restituire il senso della genitorialità. In molti casi, soprattutto in quelli più problematici, i genitori sono assenti. Non chiedono al figlio se ha bisogno di un aiuto esterno e non cercano di motivarlo a trovare insieme soluzioni. Nei casi “meno gravi”, invece, finché il figlio va a scuola si pensa che non ci siano problemi. Non ci sono più confini, mentre i ragazzi ne hanno disperatamente bisogno. Hanno bisogno di sapere che hanno degli argini: i no possono aiutare a crescere meglio, perché sono una forma di attenzione. Bisogna diventare un esempio per i figli, concedersi momenti di detox condivisi dalle nuove tecnologie, darsi la regola fissa di stare a tavola senza alcun tipo di strumento tecnologico. Bisogna essere consapevoli che il tempo del “tutto e subito” sta facendo entrare in confusione tutti, sia gli adulti sia gli adolescenti» conclude Lavenia.

Giovani e nuove tecnologie, una relazione che può diventare patologica
Il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno, il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno. La dipendenza può avere diverse sfaccettature: c’è la Nomofobia, la paura di non avere con sé il cellulare e di non poterlo controllare, la Fomo (dall’inglese Fear of missing out), ovvero la paura di essere tagliati fuori da qualcosa, il Vamping e tutti gli altri fenomeni legati alle web compulsioni che tengono incollate le persone agli strumenti digitali, in particolare allo smartphone.

a cura DI ELENA BUONANNO