Sono magri, non hanno un rapporto conflittuale con la bilancia né con il girovita. Mangiano senza preoccuparsi di calorie e quantità, suscitando l'invidia di amici e parenti sempre in lotta con i chili di troppo. Eppure non tutto è come sembra. In realtà sono "grassi dentro", hanno cioè depositi di grasso "camuffati" sotto la pelle, nel fegato, nelle arterie e intorno al cuore, non visibili dall'esterno ma altrettanto pericolosi. È questo l'identikit di chi soffre della "normal weight obesity" (letteralmente obesità normo-peso), una condizione sempre più diffusa, per cui dietro un BMI (Body Mass Index o in italiano indice di massa corporea) e un peso nella norma si nasconde una percentuale di massa grassa che porta queste persone a essere considerate obese. Con tutto quello che ne deriva: profili metabolici alterati, problemi che vanno dall'eccesso di colesterolo e trigliceridi ("sindrome metabolica") alla resistenza all'insulina e che li espongono a un alto rischio cardiovascolare (ipertensione, infarto, ictus etc.) e di diabete. Già perché "obesità" non significa solo pesare troppo o avere un BMI superiore alla norma, ma avere una percentuale di grasso nel corpo eccessiva rispetto alla massa muscolare (massa magra). In questo tipo di "obesità nascosta", il tessuto adiposo aumenta a scapito dei muscoli. Ne consegue un rallentamento del metabolismo che determina un accumulo di massa grassa pur mangiando poco (al contrario più muscoli si hanno, e quindi più attività fisica si fa, più il metabolismo accelera).

Indice di massa corporea addio?
Già da quanto detto finora risulta evidente che non ci si può fidare del solo BMI (che si calcola dividendo il peso, espresso in chilogrammi, per il quadrato dell'altezza espressa in metri), per essere sicuri di essere al riparo da sovrappeso e dai problemi cardiovascolari che ne derivano. A questo proposito vale la pena citare un editoriale pubblicato quest'estate sulla rivista internazionale Science, che ha messo in dubbio, così come avevano già fatto diversi studi in passato, la validità di questa formula matematica inventata nell'Ottocento. Questo numero infatti non riflette la reale proporzione tra muscoli e grasso nel corpo e quindi, se viene considerato per la diagnosi di sovrappeso, può in realtà dare una stima sbagliata del problema: individui con un peso elevato ma dipendente da una massa muscolare sviluppata possono essere erroneamente considerati sovrappeso e persone con un peso normale ma massa grassa elevata risultano "magre". In questo modo non si riesce a legare il reale rischio cardiovascolare che si associa al sovrappeso e all’obesità.

Su l'attività fisica, giù i grassi
Attività fisica e attenzione all'alimentazione: è questa la strategia per stare bene, anche nel caso dei "falsi magri". Fare tre o quattro volte alla settimana attività fisica aiuta a smaltire il grasso in eccesso. Per quanto riguarda la dieta invece non deve essere necessariamente ipocalorica, sicuramente però deve essere equilibrata con particolare attenzione a ridurre l'introito di colesterolo e di grassi, soprattutto saturi. Questa nuova "categoria" di obesi può giovarsi della dieta mediterranea, personalizzata a seconda delle necessità. La dieta mediterranea, con il suo apporto di fibre, acidi grassi omega 3, omega 6 e antiossidanti resta un mezzo semplice e vicino alle nostre tradizioni culinarie nel controllo di questa sindrome.

Circonferenza vita, "ormoni dell'obesità" e colesterolo per sapere se si è a rischio
"Ma se il BMI non serve, o meglio non basta, come si fa a sapere se si è a rischio?" vi chiederete a questo punto. Tra le proposte suggerite dall'editoriale di Science per un "nuovo" BMI c'è quella di utilizzare il cosiddetto ABSI (A Body Shape Index) che tiene conto anche della circonferenza della vita (che non dovrebbe essere superiore ai 102 centimetri nell'uomo e agli 88 nella donna). È a livello addominale infatti che si annida infatti il grasso più cattivo e pericoloso (il grasso viscerale). Altri parametri utili, sempre secondo l'editoriale, potrebbero essere la misura dei cosiddetti "ormoni" dell'adipe in grado di aiutare a predire il rischio associato a obesità e sindrome metabolica. Si tratta tuttavia di esami non effettuabili su larga scala, ma al momento dosati solo presso laboratori di ricerca. Pertanto, nell'abituale pratica clinica rimane fondamentale il controllo dei valori di trigliceridi, colesterolo e glicemia. Esiste, invece, un esame non invasivo che permette di valutare la costituzione corporea e il rapporto massa magra/massa grassa di un individuo. Si tratta del bioimpedenziometro medicale, capace di quantificare il temibile grasso viscerale che si accumula a livello addominale. Con questo esame, semplice e non cruento, quindi si può capire se siamo affetti dalla "normal weight obesity". Ma quali sono le caratteristiche delle persone che soffrono di questa sindrome? Si tratta generalmente di individui di sesso femminile, con peso corporeo e BMI nei limiti della norma che, sottoposti all’esame bioimpedenziometrico, hanno una percentuale di massa grassa superiore al 30%. E cosa fare se si risulta "falsi magri"? Prima di tutto controllare il colesterolo LDL, quello che si associa al rischio di malattie di cuore, poi valutare la glicemia e infine accertarsi che in famiglia non ci siano casi di diabete. Infine diventa molto importante il controllo della pressione arteriosa, soprattutto nelle donne dopo la menopausa. Se la diagnosi si conferma, bisogna correre ai ripari!

 

A cura della Dott.ssa Cristina Robba
Responsabile Ambulatorio Nutrizione Clinica Policlinico San Marco di Zingonia