Black Friday, Cyber Monday, festività natalizie: si avvicinano giorni di fuoco per l’economia, ma sicuramente anche giorni di grande sofferenza per chi soffre di shopping compulsivo. Ne parliamo con la dott.ssa Pia Barbato, direttrice del Centro Counseling Integrato APS di Scanzorosciate.

Dott.ssa Barbato, come e perché sono nate queste “ricorrenze”?

Il Black Friday ha origini americane, e ricorre il venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento. Furono i grandi magazzini Macy’s a lanciarlo nel 1924, ma le sue vere origini sono sconosciute ai più. La più attendibile ha a che fare con il crollo del mercato dell’oro nel 1869: dopo aver attraversato un anno in perdita, il giorno successivo al Ringraziamento applicarono degli sconti che spinsero la popolazione a fare acquisti, facendo aumentare i profitti. Il Cyber Monday, dedicato alle offerte dei prodotti tecnologici, fu invece “istituito” nel 2005 per descrivere il lunedì successivo al ringraziamento e al Black Friday, come una giornata dedicata allo shopping dall’ufficio, in seguito al rientro a lavoro. Ed è proprio in queste due giornate che molto spesso si verificano episodi di shopping compulsivo.

Come si definisce, tecnicamente, il fenomeno dello shopping compulsivo?

Lo shopping compulsivo, tecnicamente detto oniomania (dal greco onios, ‘in vendita’), è un quadro caratterizzato da pensieri e impulsi orientati alla ricerca e all’acquisto di beni superflui o di valore economico superiore alla propria disponibilità. La persona che ne è affetta sente il bisogno non tanto dell’oggetto che vuole comprare, quanto del gesto stesso dell’acquisto, vivendo su di sé la tensione, il disagio, il senso di non potersene sottrarre, arrivando molto spesso alla cura in una condizione drammatica perché ha speso tutto ciò che aveva, ha mentito ai familiari, utilizzando soldi e risorse di nascosto. Nonostante tutto è difficile che la persona provi pentimento, perché il piacere e il brivido che precedono e accompagnano l’azione dello shopping, rimane.

Lo shopping compulsivo può essere definito una vera e propria dipendenza?

Nonostante possa generare disagi importanti nella persona che ne soffre, l’oniomania non è ancora stata inserita nelle classificazioni delle dipendenze e nei manuali diagnostici ufficiali, anche se se ne trovano tracce in letteratura già negli scritti dello psichiatra tedesco Emil Kraepelin (1915), che fu il primo a parlarne. Ad ogni modo, ciò che l’oniomania ha in comune con altri “quadri” di dipendenza è il condizionamento causato da stati emotivi vissuti come negativi, che fanno scattare il comportamento disfunzionale. È un circolo vizioso: in un primo momento, il comportamento disfunzionale genera emozioni positive e gratificanti ma, successivamente, si ricade in uno stato emotivo negativo derivante dai sensi di colpa e di vergogna.

Quali sono, quindi, i campanelli d’allarme a cui porre attenzione?

Alcuni studiosi (McElroy, Keck & Pope, 1994) hanno suggerito dei criteri per distinguere la comune attività di acquisto da quella patologica: l’impulso o il comportamento di acquisto sono percepiti come irresistibili, intrusivi o insensati; l’acquisto è frequentemente al di sopra delle proprie possibilità e/o riguarda oggetti inutili; l’atto del comprare causa un forte stress, determina una perdita di tempo, interferisce con il funzionamento sociale e lavorativo e fa insorgere problemi finanziari; l’acquisto eccessivo non si presenta esclusivamente durante i periodi di mania o ipomania. La forma di acquisto, quindi, diventa patologica quando in essere c’è un disturbo primario come la depressione, il disturbo bipolare, alcuni disturbi d’ansia o l’acquisto stesso come fenomeno primario.

Si può vincere questa dipendenza?

La consapevolezza è fondamentale per affrontare e vincere questo vero e proprio impulso morboso agli acquisti, ma è importante affidarsi a uno specialista per ricevere un trattamento adeguato. Attualmente non esistono linee guida specifiche per il trattamento dello shopping compulsivo o della dipendenza da shopping a livello farmacologico, seppur già dagli anni ’90 sembra sia stato trattato efficacemente con antidepressivi; non è chiaro, però, se il trattamento antidepressivo abbia un effetto mirato sullo shopping compulsivo o l’effetto sia indiretto, agendo sul disturbo dell’umore. La strada più indicata sarebbe quella di intraprendere un percorso di psicoterapia, ma sempre più emergente per il trattamento delle dipendenze comportamentali è la mindfulness, una pratica di meditazione utile per gestire stress, sensazioni e sentimenti negativi che possono travolgere le persone nel corso della loro vita.

Dott.ssa Barbato, una raccomandazione finale...

La parte più difficile nel percorso di aiuto è quella di incentivare la persona a trovare la giusta motivazione per sospendere qualcosa che continua a trovare gratificante e appagante. Senza lasciarsi prendere dalla frenesia dello shopping compulsivo, è bene fare compere ragionate pensando prima a cosa acquistare. Il periodo storico che stiamo vivendo ce lo impone!

A cura di Ivana Galessi
con la collaborazione di Pia Barbato
Counselor Supervisor Trainer
Centro Counseling Integrato APS