Terminare una relazione improvvisamente, senza spiegazioni, chiudendo ogni canale di comunicazione con l’altro, trasformandosi in fantasmi. È il ghosting, dalla parola inglese ghost (fantasma), fenomeno più diffuso di quanto si pensi anche, a sorpresa, in una società come la nostra così iperconnessa tra social network e sistemi di messaggistica vari. “Si ipotizza che circa il 50% delle persone abbia utilizzato tale modalità almeno una volta nella vita per terminare una relazione ritenuta scomoda” conferma la dottoressa Michela Gritti, psicologa.

Dottoressa Gritti, ma in cosa consiste concretamente il ghosting?

All’improvviso si assiste al passaggio da una relazione intima e quotidiana a un taglio netto con il partner, che sparisce apparentemente senza un motivo, senza fornire spiegazioni ma soprattutto senza possibilità di confronto. Stop a messaggi, chiamate, a ogni forma di comunicazione, la persona sembra sparire nel vuoto.

Il cosiddetto ghoster, pur di sottrarsi a quello spiacevole confronto che lo costringerebbe a prendersi le proprie responsabilità sulla scelta di chiudere la relazione, opta per un comportamento di fuga. Questa azione di evitamento permette di non affrontare il confronto con l’altro, tenendolo così all’oscuro dei motivi che l’hanno condotto alla sua decisione.

Qual è l’identikit del ghoster? È possibile riconoscerlo prima che sia troppo tardi?

Spesso questo comportamento di ghosting può essere ricondotto a persone con tratti di personalità di tipo narcisistico, individui che potrebbero aver vissuto episodi di noncuranza e abbandono durante la loro infanzia dalle proprie figure di accudimento e ora da adulti ripropongono gli schemi relazionali che hanno appreso da piccoli. Ovviamente queste considerazioni sono a livello statistico e generalizzato. Potrebbero essere presenti altre ragioni che inducono una persona a mettere in atto tale comportamento di fuga improvvisa.

Qual è l’impatto emotivo di questa “fuga silenziosa” sulla persona che ne è vittima?

La reazione a tale fenomeno è varia e soggettiva, ma tendenzialmente la persona lasciata inaspettatamente, spesso senza precedenti segnali, può sperimentare rabbia e senso di colpa. Si ritrova abbandonata in un vortice di dubbi e pensieri ossessivi che spesso possono portarla a rimuginare su atteggiamenti e/o gesti che in realtà non ha compiuto. Nella testa della vittima iniziano a manifestarsi pensieri di colpa e di auto-svalutazione, tra i più comuni: “dove ho sbagliato?”, “non sono abbastanza?”, “ha trovato qualcuno/a meglio di me?”. In queste situazioni il rischio è proprio questo: mettere in discussione se stessi, attribuendosi colpe insensate e ritenendosi la causa della fuga improvvisa del partner. La conclusione di una relazione con queste modalità nega l’opportunità di capire cosa non ha funzionato all’interno della coppia e la possibilità di dare una spiegazione e un senso alla rottura. Purtroppo il ghosting è un fenomeno che spesso avviene anche in relazioni già avviate e consolidate da tempo. In questi casi le conseguenze psicologiche sulla persona abbandonata tendono a essere ancora più impattanti. Sottrarsi da una relazione di mesi o addirittura anni senza un chiarimento, un confronto, un momento di condivisione può rappresentare un vero e proprio vissuto di trauma per la persona abbandonata. Essere lasciati senza motivazioni può portare alla comparsa di una combinazione di sensazioni ed emozioni nella vittima. Rabbia e tristezza tendenzialmente predominano, ma si aggiungono anche frustrazione, senso di colpa e di impotenza, angoscia e profondo senso di turbamento. La scienza afferma che il dolore psicologico prevede lo stesso percorso neurale del dolore fisico.

Come si può superare tutto questo?

Essere vittima di questa dinamica relazionale può trasformarsi in un punto di partenza da cui iniziare un percorso per rielaborare le proprie convinzioni e modalità di interazione/comunicazione. In particolare, il supporto di un professionista può essere uno strumento per comprendere meglio come affrontare e canalizzare il dolore, affrontando e metabolizzando il problema con il giusto sostegno. Il percorso psicologico può diventare un’opportunità per “rialzarsi” e tramutare un evento spiacevole in un’esperienza di vita che potrà essere in qualche modo “utile” in futuro.

 

a cura di Elena Buonanno
con la collaborazione della dott.ssa Michela Gritti