Ecco come far funzionare il rapporto e non soccombere al confronto con la suocera
Siete innamorate di un uomo che inizia la maggior parte delle sue frasi con "mia madre..."? Non ci sono dubbi: avete perso la testa per un “mammone”. L'eccessivo attaccamento alla mamma è sempre stato ai primi posti tra i luoghi comuni sugli uomini italiani: molte donne lamentano il fatto che i propri fidanzati sono molto restii all'idea di sposarsi, convivere o anche solo costruirsi una vita a due lontani dai propri genitori e soprattutto dalla figura materna.
E le statistiche sembrano dar loro ragione (vedi box). In alcuni casi può essere colpa della crisi economica che ritarda l’età dell’allontanamento dalla famiglia d’origine. In altri, però, le difficoltà economiche diventano una “scusa”. Ma, stereotipi a parte, chi è e come nasce un mammone? E soprattutto cosa si può fare per riuscire a costruire una vita con lui nonostante tutto? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Laura Grigis, psicologa.
Dottoressa Grigis, come si riconosce un "mammone“?
Mammone è un termine simpatico e popolare per definire un uomo adulto che, nonostante le possibilità economiche, una compagna innamorata e l'età giusta per farlo, ancora non si è allontanato (fisicamente e psicologicamente) dalle gonne della mamma. Solitamente si tratta di un uomo gentile, molto curato, dolce, educato e romantico, che ha come unico difetto quello di anteporre la mamma a qualsiasi altra esigenza della sua vita. È poco autonomo dal punto di vista delle relazioni, non si assume responsabilità e impegni, non prende decisioni senza aver chiesto il parere della madre e condivide con lei molto tempo, molti spazi e molte delle esperienze importanti della sua vita.
Ma da cosa dipende questo tipo di atteggiamento?
È noto, in psicologia, che la personalità dell'individuo si costruisce a partire dal riconoscimento che i genitori, soprattutto la madre, operano nei confronti del figlio. La relazione con la madre struttura la vita psichica del neonato e ne costruisce le caratteristiche: i mammoni non hanno mai vissuto il passaggio dalla dipendenza, tipica dell'infanzia, all'autonomia, tipica dell'adolescenza. Una mamma che fornisce presenza e sicurezza favorisce la separazione, permettendo al bambino di affrontare la lontananza con la consapevolezza che lei gli sarà comunque vicino; al contrario, una madre ansiosa e poco prevedibile impedisce al figlio di costruirsi nella mente l'immagine di un “porto sicuro” e di conseguenza favorisce un'eccessiva dipendenza. L'essere mammone, quindi, è semplicemente uno stile relazionale che l'uomo ha appreso nella relazione con la mamma: il legame di attaccamento è fondamentale per lo sviluppo psicologico del bambino, ma si evolve e si struttura in modo diverso con il passare degli anni. Quando questa evoluzione, per motivi che riguardano sia il comportamento della madre sia il temperamento del bambino, non avviene, il rischio è che la relazione mantenga le stesse caratteristiche che aveva durante l'infanzia. Se è normale che la madre di un bambino piccolo intervenga immediatamente per rispondere ai suoi bisogni, lo protegga e si ponga come filtro tra lui e il mondo, questa modalità non è più funzionale, ovvero “sana”, quando il piccolo inizia a crescere e deve sentirsi libero di esplorare il mondo da solo. La madre del mammone ha portato invece avanti negli anni la stessa modalità di accudimento verso il figlio, senza “aggiustare il tiro” col passare del tempo. Così lei è diventata la mamma perfetta, una fata sempre presente e attenta, in grado addirittura di anticipare i suoi bisogni; lui, per paura di deluderla e non avendo mai fatto esperienze di autonomia, si è trasformato nel figlio perfetto. In questo modo però non ha acquisito una propria identità, sviluppando piuttosto un'idea di sé come non autonomo, incapace di cavarsela da solo, in un mondo che conosce solo come pericoloso e cattivo. Un mondo in cui l'unica persona di cui ci si può fidare è la mamma.
Se è così, che ruolo può avere una fidanzata o una compagna? Cosa cerca in lei? un "surrogato“ della madre?
Il mammone ha bisogno di sperimentarsi nella vita adulta avendo accanto una donna che gli comunichi, con le parole e con i gesti, che il mondo non è pericoloso e che lui non è un incapace: solo in questo modo, e con molta pazienza, sarà possibile aiutarlo ad allontanarsi dal nido materno e vivere una relazione soddisfacente come uomo adulto.
I PIU' MAMMONI D'EUROPA
Quasi un giovane italiano su due tra i 25 e i 34 anni (il 49,4%), secondo recenti dati Istat, vive con almeno un genitore (in aumento di quasi cinque punti dal 2008) a fronte del 28,8% medio nell’Unione Europea. Un esercito di “mammoni” che spesso restano a vivere nella famiglia di origine anche se hanno un lavoro. A restare a casa sono soprattutto i maschi (il 57,5% tra i 25 e i 34 anni) mentre le femmine che rimangono in famiglia sono il 41,1% (ma in forte aumento rispetto al 36,4% del 2008).
COSA FARE E COSA NON FARE PER SALVARE LA COPPIA
1. Trattarlo da uomo e non da ragazzino, proponendogli un modello di relazione uomo-donna diverso da quello che ha con la mamma.
2. Non ingaggiare mai una sfida con la suocera, perché si sa già come andrebbe a finire.
3. Portarlo nel proprio mondo adulto e metterlo in contatto con persone a cui lui si possa presentare come individuo e non come “figlio”.
4. Ricordarsi che con la madre ha condiviso gli ultimi 30 e passa anni (e 9 mesi) della sua vita e quindi non si può pretendere che cambi improvvisamente.
5. Non utilizzare il suo rapporto con la madre come argomento di litigio: bisogna considerarlo semplicemente come uno dei suoi difetti che, al pari dei propri, possono essere fonte di confronto ed essere tollerati da entrambi. Come a dire “A te dà fastidio il mio disordine, e io sono innervosita dal tuo essere mammone”.
6. Di fronte ai continui paragoni con la mamma, non nascondergli che ci si sente umiliate, ma cercare di fargli comprendere il valore della diversità.
7. Non farsi ingannare: il mammone può anche litigare, arrabbiarsi e dire cose brutte sulla madre, ma probabilmente starà solo facendo i capricci.
8. Cercare di vedere anche gli aspetti positivi della relazione: in fondo, in molti casi, è un uomo dolce, educato, sensibile e che tiene molto alla famiglia
a cura di MARIA CASTELLANO
Ha collaborato DOTT.SSA LAURA GRIGIS
Psicologa
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