Il mal di testa è un fenomeno piuttosto comune in gravidanza e una delle maggiori cause di sofferenza per la donna in questo stato. Ma quando preoccuparsi? In quali casi può essere un campanello dall’allarme di qualcosa di più grave? Ce lo spiega il dottor Fabrizio Fiacco, neurologo.

Dottor Fiacco, da cosa può essere causata la cefalea in gravidanza?

Può essere dovuta alle profonde modificazioni dell’assetto ormonale che si verificano nel primo trimestre e alla variazione di volume del corpo nell’ultimo trimestre. Altri fattori che possono contribuire alla comparsa sono lo stress, la carenza di sonno, il peggioramento di disturbi visivi preesistenti, la deprivazione di caffeina nelle donne abituate ad assumerne dosi moderate o elevate, la disidratazione o bassi livelli di glucosio nel sangue. La gravidanza, però, può anche influire in senso migliorativo o peggiorativo sull’andamento di una forma di cefalea preesistente come l’emicrania o la cefalea di tipo tensivo che sono le forme più comuni di cefalea primaria. Queste forme “primarie” vanno distinte dalle forme di cefalea secondarie e altre patologie cerebrali che possono manifestarsi tipicamente in gravidanza.

Quando, allora, una donna in attesa deve preoccuparsi?

Innanzitutto è importante ribadire che nella maggior parte dei casi si tratta di forme benigne, seppur caratterizzate da dolore intenso o comunque fastidioso da sopportare. Detto ciò esistono delle situazioni da non sottovalutare che vanno riconosciute per decidere quando fare degli accertamenti: la forma più comune di cefalea secondaria è quella legata a una patologia della seconda parte della gravidanza e del puerperio rappresentata dalla preeclampsia, cioè dallo sviluppo di ipertensione arteriosa gravidica che talvolta è associata a insufficienza renale e perdita di proteine nelle urine e altre manifestazioni cliniche. Il mal di testa associato alla preeclampsia è solitamente persistente e risponde poco agli analgesici; sono tipici anche disturbi visivi quali flash o offuscamento. Altri fenomeni che devono mettere in guardia sono un dolore nella parte superiore dell’addome o lo sviluppo di gonfiore generalizzato e/ o del volto e delle estremità.

Altri campanelli d’allarme di una cefalea secondaria, più pericolosa, sono rappresentati dallo sviluppo di un dolore molto intenso nel giro di pochi secondi fino a 1-2 minuti: questo può far pensare a un’emorragia da rottura di un aneurisma o a una condizione rara chiamata RCVS (Sindrome da Vasocostrizione Cerebrale Reversibile) o, più raramente, a una trombosi venosa cerebrale che di solito però ha una presentazione meno violenta. Naturalmente se il mal di testa è associato a febbre e confusione mentale bisogna andare subito in ospedale. Esistono poi altre forme secondarie che lo specialista deve saper riconoscere, ma che sono nell’ambito della rarità.

Quali sono invece le forme di cefalea più frequenti? E come si curano, vista la particolare condizione della donna? Le forme più frequenti sono la cefalea di tipo tensivo e l’emicrania.

La cefalea di tipo tensivo può comparire o peggiorare in gravidanza a causa di molti fattori di cui si è parlato all’inizio. Solitamente il dolore è lieve o moderato, a volte a casco o costrittivo sulle tempie o sulla nuca. Può trarre beneficio da trattamenti non farmacologici come massaggi, tecniche di rilassamento, applicazione di impacchi freddi alla nuca. Quando necessario, si possono utilizzare paracetamolo o anche antiinfiammatori nel secondo trimestre di gravidanza senza abusarne.

L’emicrania solitamente è preesistente, ma può anche comparire per la prima volta in gravidanza, soprattutto la forma con aura - caratterizzata dalla presenza oltre al dolore di disturbi neurologici transitori prevalentemente di tipo visivo, ma anche del linguaggio e della sensibilità cutanea. Il dolore qui è pulsante e/o oppressivo, peggiorato dal movimento o dallo sforzo e associato a fastidio per rumori, luci, odori, nausea, vomito etc.. Lo stato di gravidanza nelle donne già emicraniche può ridurre la frequenza degli attacchi o farli scomparire del tutto, soprattutto dal secondo trimestre. Il problema si pone quando l’emicrania persiste o addirittura peggiora. Alcune pazienti che hanno attacchi frequenti con vomiti ripetuti rischiano disturbi elettrolitici o malnutrizione che possono mettere a rischio la gravidanza stessa. È importante sottolineare che, aldilà di trattamenti non farmacologici che possono dare qualche risultato anche nell’emicrania, non bisogna demonizzare i farmaci, sia quelli da usare al bisogno, durante l’attacco, sia le terapie profilattiche, da assumere quotidianamente per cercare di ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi. Per quanto pressoché nessun farmaco venga sperimentato in gravidanza, per molti di essi abbiamo abbastanza informazioni per utilizzarli anche in questo stato, o almeno in alcuni periodi di esso, con la ragionevole sicurezza di non arrecare danni al feto o alla mamma.

 

A cura di Maria Castellano
con la collaborazione di Dott. Fabrizio Fiacco
Direttore Neurologia ASST Bergamo Est
Responsabile Centro Cefalee
Ospedale Bolognini Seriate (BG)