Martina Fidanza campionessa di ciclismo in pista si racconta: “Ho battuto Covid, aritmia e due vertebre rotte”.

È riuscita a battere la sfortuna e gli incidenti, i problemi al cuore, il Covid, le cadute e la frattura alle vertebre. E ha vinto due medaglie d’oro ai Mondiali di ciclismo, su pista, da sola e nella prova a squadra. Lei è Martina Fidanza, 23 anni compiuti il 5 novembre, di Brembate Sopra: era la campionessa del mondo in carica di Scratch. Poi però per tutta una serie di problemi, ha vissuto un anno tribolato.

«Prima mio padre ha lottato con il Covid ed è stato salvato per miracolo» ci dice la campionessa, «poi mi hanno dovuto operare al cuore con un’ablazione all’atrio destro con le radiofrequenze per eliminare delle aritmie. Il mio cuore arrivava fino a 245 battiti, ma non ci avevo mai fatto caso». Poi però il suo staff si è accorto di questi problemi cardiaci e Martina è stata operata all’Ospedale universitario Lancisi di Ancona dal prof. Antonio Dello Russo e dal dottor Roberto Corsetti. E ha potuto cominciare la riabilitazione: e finalmente la bici da corsa, i primi allenamenti. Ma la sfortuna era dietro l’angolo. «Mi sono dovuta fermare di nuovo, sono risultata positiva al Covid anche se ero stata tra le prime cicliste a vaccinarmi.

È stata una bella tegola sul capo.

Ero a terra, senza forze, ma non ho mollato. Ho superato anche questo e sono tornata in bici, ma a marzo, quando ormai credevo di essere fuori dalle rogne, sono caduta durante una corsa e mi sono fratturata due vertebre». Allora si sfogò «Ora dovrò ascoltare il mio corpo e recuperare il più presto possibile…».

Ma il destino evidentemente non aveva fatto i conti con questa ragazza alta un metro e 70, 60 chilogrammi di peso, capelli castano biondi, sempre sorridente anche nelle sventure ma con un carattere determinato e una voglia di vittoria. Sette mesi dopo la caduta Martina Fidanza trionfa nella prova iridata dello Scratch mettendo in fila tutte le avversarie e qualche giorno dopo vince anche la gara a squadre insieme con Vittoria Guazzini, Chiara Consonni ed Elisa Balsamo.

«Èstato un trionfo» ci dice ora «ero sicura della vittoria con le ragazze, avevamo il miglior tempo, mentre nell’altra gara dove ho bissato il mondiale del 2021, non nutrivo molte speranze. Se mi avessero detto il giorno prima che avrei vinto non ci avrei creduto».

Martina forse fa un po’ la ritrosa perché quest’anno, nonostante i tanti problemi ha vinto due campionati mondiali, sei titoli italiani in varie discipline in pista (Scratch, Madison, Velocità, Inseguimento, Kerin, Eliminazione e altri trofei). Ora si sta riposando. È appena tornata da Sharm El Sheikh con il suo fidanzato Stefano Moro, anche lui bergamasco e campione di ciclismo su pista. «Poi fra due settimane ricomincerò gli allenamenti. La prossima stagione correrò con mia sorella Arianna che è stata campionessa del mondo nel 2018 nella squadra tedesca Ceratizit. Arianna ha quattro anni di più ed è stata un esempio per me. Avevo 14 anni, ero a casa con mamma e papà e guardavo la vittoria di mia sorella alla Coppa del mondo su pista di Glasgow. In quel momento capii che anch’io volevo raggiungere quell’obiettivo».

La passione per il ciclismo è infatti una questione di famiglia: Martina è figlia di Giovanni Fidanza, anche lui ciclista (professionista dal 1988 al 1997, vincitore di tappe al Giro e al Tour e della Maglia Ciclamino al Giro d’Italia), e di Nadia Baldi, una delle prime donne professioniste a mettersi in luce con le due ruote, e sorella di Arianna, élite dal 2014. «Sono nata in una famiglia di ciclisti, già a cinque anni ero sulla mia prima bici da corsa. La passione mi è stata trasmessa da papà Giovanni e da mia sorella. Negli anni è stata lei la mia forza. Mi dava la carica per andare avanti» racconta. «Ma la passione è cresciuta con il tempo, ho provato anche altri sport come la pallavolo, la ginnastica artistica e il pattinaggio ma poi sono sempre tornata al ciclismo. E ho deciso di investire tutta me stessa nello stesso sport: ho sentito di voler seguire quella strada con tutte le mie forze.

Poi tre anni fa sono entrata nelle Fiamme Oro, la squadra atleti della Polizia di Stato, e così il ciclismo è diventato la mia professione. Era un sogno che avevo perché osservavo le compagne che ne facevano parte e mi sembrava un modo per essere considerata una delle atlete migliori d’Italia. In un momento successivo ho realizzato che è anche una possibilità per praticare l’attività in modo più tranquillo e avere una stabilità economica». La vita di una ciclista, a differenza dei colleghi uomini, è infatti abbastanza dura sia per la fatica sia per gli ingaggi: allenamenti quotidiani in palestra, in pista, in strada, gare alla domenica, ma pochi soldi. Martina è riuscita a mediare tra sport e studio quando era una studentessa al liceo artistico. «Fino al quinto anno però il tempo per uscire con gli amici era quasi assente» rivela «però ho avuto la fortuna di avere amici sportivi o che comunque capivano le mie esigenze». Del liceo artistico le rimane la passione per l’arte e per il disegno. Ma ora è la regina della pista, anzi dello Scratch, gara su pista che per le donne si disputa sulla distanza di dieci chilometri, 40 giri di pista in gruppo fino a un massimo di 24 atlete alla volta. «Richiede una grande capacità tattica» spiega la nostra campionessa «bisogna calibrare le energie. Ci sono continue fughe e volate e quindi devi valutare quando scattare».

E lei ha usato la testa e le gambe per vince un’altra medaglia d’oro ai mondiali. Tra qualche giorno la potremo incontrare sulle strade della nostra provincia mentre si allena per la prossima stagione e per il Giro d’Italia femminile. Complimenti e auguri Martina!

A cura di Lucio Buonanno

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