Cosa fa un medico quando finisce di lavorare? Le risposte sono infinite esattamente come varrebbe per un altro professionista. In genere per prima cosa tira il fiato perché credo che la medicina sia una professione e non solo un lavoro, per cui in un certo senso mentalmente continui a pensare da professionista. Non è possibile però esservi sempre immersi, per cui ci si inventa un qualche cosa che ti permetta di “staccare la spina” per il tempo necessario per riposare veramente. La scelta del proprio passatempo è di fatto infinita, dalla fotografia alla lettura, alla passione per il cinema o per i francobolli e poi ci sono medici che praticano tutti i tipi di discipline sportive.

Personalmente sono sempre stato attratto dall’acqua e dall’aria, per cui da decine d’anni pratico sia il nuoto e l’immersione sportiva e sia il volo.

Immergermi o volare mi dà quella sensazione di tranquillità e rilassamento che mi serve per poi poter riprendere a lavorare con la mente più leggera. Esiste un’infinita bibliografia scritta da chi pratica il volo o l’immersione, ma alla fine siamo tutti concordi nello scrivere che il momento in cui stacchi il carrello da terra o ti immergi anche solo in apnea passi da un mondo a un altro mondo che con i propri modi e con le proprie regole ti trasmette sensazioni diverse. Sensazioni che si possono raccontare a parole, ma che non saranno mai tali sino a quando non le si sarà provate in prima persona.

Però in un certo senso non riesco mai a separare nel mio profondo l’impulso di fare, a modo mio, qualche cosa di utile non solo per me ma anche per gli altri. E così in questi ultimi mesi di grande siccità ho iniziato a volare sui fiumi e soprattutto sul Po oramai ridotto a poco più di un fiumicello e a scattare fotografie che potessero rendere visivamente reale quello che tutti abbiamo letto e ascoltato alla radio o guardando la televisione. Le immagini che ho riportato a terra sono molto più impressionanti di quanto si potesse anche solo immaginare del disastro provocato dalla siccità. A quel punto ho pensato che invece di disperarsi per quello che vedevo e documentavo, sarebbe stato più utile cercare di mettere in movimento la macchina della protezione civile e del volontariato (ad esempio l’Associazione Nazionale Alpini) per metter mano ai letti dei fiumi in secca e ripulirli dalle incredibili quantità di rifiuti che man mano affioravano dal fango che oramai si stava compattando come il cemento. Gli infiniti oggetti che ingombrano e riducono la portata dei letti dei fiumi, infatti, contribuiscono a rendere difficoltoso il deflusso dell’acqua durante le piogge autunnali e invernali, favorendo i danni alluvionali che, purtroppo e regolarmente, si verificano.

Ho “girato” la mia idea a chi poteva in qualche modo iniziare ad organizzarsi per renderla concreta e con mia grande soddisfazione l’idea ha trovato ascolto. E così con tutte le attenzioni e le regole di sicurezza in un futuro che spero prossimo, un passo per volta, inizierà questo lungo lavoro di bonifica.

Il lato umano della medicina
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... 
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Ovviamente continuo a volare e a immergermi per potermi rilassare, ma sono felice del fatto che da una semplice constatazione sia stato possibile mettere in movimento una macchina che credevo immobile … in fondo è la conferma di un aforisma di Einstein che da sempre ho fatto mio: “Tutti (gli esperti in un certo campo) dicono che una cosa è impossibile, poi arriva un che (non fa parte del gruppo degli esperti) non lo sa e la realizza“.

A cura di Massimo Valverde