Riportiamo la testimonianza del dottor Luca Pesenti, che può essere di aiuto non solo ad altri professionisti, ma anche alle persone comuni.

Durante questi anni di lavoro al banco della farmacia ho incontrato molte persone con varie problematiche. Nella maggior parte dei casi sono loro stesse a chiedere il nostro aiuto per risolvere sintomi o malesseri. E noi, fieri degli studi condotti e della nostra professionalità, cerchiamo ogni giorno di dare il miglior consiglio possibile per curare e risolvere i problemi dei nostri pazienti con i molti e diversi strumenti, rimedi e terapie che abbiamo a disposizione. Più difficile è stata l’esperienza con un paziente che si presentava continuamente in farmacia con un atteggiamento sempre agitato, sia nelle movenze sia nel parlare, che veniva a chiedere delle siringhe da insulina.

Inizialmente a questa situazione non demmo un gran peso. Non potevamo pensare che il nostro paziente avesse un problema come la tossicodipendenza. Non aveva mai riferito un malessere, non aveva mai chiesto un consiglio: entrava, richiedeva con enorme gentilezza e ironia “i ferri”, così li chiamava, pagava e se ne andava. Con il passare delle settimane e dei mesi, però, cominciammo a sospettare che avesse un problema di tossicodipendenza. Ma anziché respingerlo, i miei colleghi e io abbiamo cercato di accoglierlo. Per due anni abbiamo cercato di conoscerlo meglio, gli abbiamo dato attenzioni, abbiamo ascoltato le sue barzellette e battute, la sua storia. L’atteggiamento che abbiamo adottato ha aperto una piccola finestrella alla totale chiusura che un tossicodipendente può avere nei confronti dell’altro e del mondo esterno consentendoci di aiutarlo. Un paziente con questi disturbi ha un’enorme difficoltà a fidarsi delle persone e, anche quando sembra ascoltarti, il desiderio di raggiungere le sostanze che gli danno una sensazione di euforia o di cui necessita il suo corpo (astinenza) prevale. Molte sono le bugie che ci raccontava di fronte al nostro tentativo di dissuasione verso questo stile di vita. Innumerevoli le volte che tornava dicendoci che quella sarebbe stata l’ultima volta che acquistava “i ferri”. Cosa che poi, puntualmente, non succedeva. Ma noi non volevamo arrenderci e continuavamo ad accoglierlo.

Le nostre attenzioni per lui ci hanno permesso di rendere queste infinite delusioni un’arma per sconfiggere la sua dipendenza. Ogni volta che tornava in farmacia trovava sempre uno di noi disponibile ad ascoltarlo e a proporgli un cambiamento verso una vita migliore. Un giorno mi disse: “Oggi non mi farei se sapessi cosa fare e non restassi solo a casa a pensare”. Da qui l’idea di prestargli per un giorno la bici elettrica che usiamo quotidianamente per fare le consegne a domicilio. “Vai e divertiti senza pensare a nulla” gli dicemmo. Quando la sera ci riportò la bicicletta sembrava un bambino, la persona più felice del mondo. Quel giorno non abusò di sostanze, che certo non lo rendevano felice.

Fu uno spiraglio. Ma quel giorno purtroppo finì presto e l’indomani si presentò con le sue solite richieste. Chi soffre di dipendenze è molto fragile, ha un umore discontinuo, alterna momenti di euforia a momenti di depressione, vive nella solitudine e nell’insoddisfazione, sa di aver preso una via sbagliata, ricca di insidie e di tentazioni a cui non riesce a resistere. Far loro allontanare la mente da questa insoddisfazione ci permette di conoscerli anche nella loro sensibilità e interessi. Decisi, quindi, di invitarlo in più occasioni, a uscire con me dopo il lavoro per una passeggiata. In quei momenti si sentiva bene, non voleva altro. Il mio intento non era dissuaderlo dall’uso di sostanze o imporgli delle soluzioni al suo problema ma semplicemente quello di essere un suo amico, un confidente. Capimmo che la sua testa e il suo cuore desideravano uscire da questa situazione. Bisognava aiutarlo. Fu così che insieme all’anziana madre gli proponemmo di andare in Comunità e iniziare un percorso di disintossicazione, promettendogli che la “sua” Farmacia lo avrebbe aspettato al suo rientro. E lui accettò.

Siamo diventati la sua casa, i suoi amici, più che i suoi farmacisti: in questo modo l’abbiamo aiutato a ritrovare la giusta via. Molti penseranno che sarebbe bastato evitare di vendergli le siringhe, ma in questo modo non l’avremmo sicuramente aiutato, l’avremmo soltanto allontanato. Un tossicodipendente fa di tutto per ottenere ciò che vuole e, nel caso in questione, non sarebbe stato difficile rivolgersi ad altre strutture per trovare delle siringhe. Ora è in Comunità da sei mesi, non fa più uso di sostanze, ed è diventato un mio amico.

Il lato umano della medicina
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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Per Natale, grazie al suo comportamento responsabile, ha anche avuto un permesso speciale per venire alla cena di Natale organizzata dall’AGIFAR BG (associazione che rappresenta i giovani farmacisti bergamaschi), dove è stato accolto da tutti, come uno di noi. È stata una serata bellissima, per lui e per noi. Aiutarlo a combattere la sua tossicodipendenza è stata per noi la miglior gratificazione possibile. Ci sono voluti due anni di graduale avvicinamento, conoscenza e dedizione, ma ne è valsa la pena: siamo riusciti a recuperare una persona e credo che questa sia la cosa più grande del nostro lavoro. Un’esperienza che mi ha insegnato a non trascurare mai i rapporti umani, a cercare in ogni circostanza, anche in quelle più difficili, di costruire una relazione di fiducia con le persone che si rivolgono a noi, mettendoci sempre il cuore e non solo la “testa”. 

Questo racconto rappresenta una testimonianza e non vuole essere un argomento di dibattito morale o socio-politico sulle tossicodipendenze.
A cura del Dott. Luca Pesenti
Vicepresidente Agifar BG
Farmacista presso Farmacia Donati di Villa D’Almè