Chi è affetto da disabilità fisica causata da lesioni midollari, cerebrolesioni o danni da sofferenze neonatali o perinatali può oggi intraprendere un recupero terapeutico e funzionale attraverso l’Activity Based Therapy (ABT), cioè la terapia basata sull’attività fisica. «È la promozione del neurorecupero che distingue l’ABT da un’attività fisica generica come quella che si usa normalmente per mantenere o migliorare la forma fisica. La sua applicazione estesa offre molti vantaggi: accanto alla promozione del neurorecupero ci sono benefici sulla spasticità, le lesioni da pressione, le infezioni del tratto urinario e un miglioramento complessivo della qualità di vita» spiega il dottor Bruno Cavagna, medico di medicina generale che segue dalla sua nascita Alp Life, una Start up innovativa a vocazione sociale del Gruppo IN, formato dalle cooperative Contatto, La Bonne Semence e ProgettAzione.

«Per un progetto di ABT serve un gruppo interdisciplinare di professionisti tra cui laureati in Scienze Motorie. Il loro coinvolgimento in un programma di ABT supera di gran lunga i confini dell’attività fisica adattata (AFA) destinata a persone adulte o anziane con sindromi da ipomobilità, osteoporosi o patologie croniche clinicamente stabilizzate. Le loro competenze in ambito bio-medico e delle discipline motorio-sportive, li rendono adatti a progettare e condurre percorsi di attività nel disabile neurologico» continua il dott Cavagna.

«Gli interventi si focalizzano sull’immagine corporea (ossia la dimensione emotivo-affettiva, l’assetto motivazionale, i ricordi e i programmi di azione di ognuno di noi). Quest’ultima non è sempre identica, ma subisce continui cambiamenti attraverso le esperienze personali, così come succede di fronte a eventi invalidanti. L’ABT è un nuovo modello culturale per il benessere della persona in fragilità, offrendo la possibilità di ri-costruire la conoscenza del proprio corpo, con una rimodulazione emotivo/cognitiva dello stesso» aggiunge la dottoressa Claudia Maggio, psicoterapeuta che fa parte dell’equipe interdisciplinare di Alp Life.

«L’ABT spesso impiega apparecchiature specializzate ma può espletarsi anche con tecnologie minime e/o di bassa complessità per un utilizzo a tutti i livelli socioeconomici. La sua popolarità è in crescita, soprattutto negli Stati Uniti, ma la sua implementazione nella pratica terapeutica è ancora una sfida: mancano, infatti, programmi e linee guida standardizzate con consensi allargati. Ciò non invalida la legittima attesa per una proposta terapeutica adeguata ai vari gradi della disabilità neurologica anche se non ancora giunta a completa maturità nella sua pratica» osserva il dott Cavagna. «L’ABT riconosce il ruolo dell’attività fisica, non solo in veste riabilitativa, ma in termini di inclusione e di integrazione sociale, in opposizione a una delle tante aree, che come lo sport, è ancora oggi sinonimo di discriminazione nelle fragilità, se non a livello agonistico» conclude la dottoressa Maggio. 

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