Come vivono il sesso gli adolescenti di oggi? Per rispondere adeguatamente prima sarebbe utile chiederci come lo vivono gli adulti, perché è da loro che i più giovani imparano modelli di comportamento. Ne parliamo con il dottor Marco Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta.

Dottor Ghezzi, perché il sesso nella nostra società molto spesso è vissuto con difficoltà?
Quando ci si espone nella propria nudità a un altro, il timore di non piacere e di non essere adeguati è comprensibile. Eppure, se ci pensiamo, è il corpo che spontaneamente spinge in quella direzione e capita che anche il corpo dell’altro segnali inequivocabilmente che l’incontro dei corpi è molto desiderabile. È scritto nel DNA, un fatto istintivo, una calamita inevitabile. E allora dove sta la difficoltà? Pensando ai giovani, c’è molta insicurezza: alcuni confondono il piacere dell’incontro sessuale con una prestazione atletica da offrire, altri pensano di doversi conformare alle aspettative “youporn” del partner, altri ancora sono confusi rispetto alle loro inclinazioni tanto da rinunciare o gettarsi in situazioni limite con la speranza di trovare attraverso quelle esperienze una propria definizione sessuale: omo, etero, bisex, nosex… Tutta questa confusione non viene dal corpo, è il prodotto di un apprendimento culturale.

Ci spieghi meglio, perché il corpo non c’entra?
Facciamo un esempio concreto: ogni persona normodotata, debitamente bendata, che venga fatta oggetto di carezze e stimolazioni nelle zone erogene, si eccita. A prescindere da quale sia il sesso del complice del gioco. Il corpo risponde e reagisce semplicemente come è programmato a fare, a prescindere dalle classificazioni. Allo stesso modo il corpo si accende a stretto contatto con un corpo di un genere piuttosto che di un altro o magari di entrambi. Non è un’intenzione razionale. Il corpo fa semplicemente il suo dovere (sarebbe più corretto dire “il suo piacere”) in condizioni normali. Riguardo al contesto culturale poi, proviamo a pensare a quanto tempo è passato dagli anni Settanta del secolo scorso, data ufficiale di inizio del processo di sdoganamento del tema sesso. Altro dato su cui riflettere è che dal 1990 l’omosessualità è considerata dall’Organizzazione mondiale della Sanità una variante naturale del comportamento umano. Questo per dire che viviamo in una società in cui siamo molto più liberi di poterci esprimere, anche riguardo alla sessualità, solo che tanti ancora fanno fatica a farlo.

Che cos’è che non funziona?
Buona parte delle persone ha una visione limitata e inibita sul sesso, nutrita dagli unici canali informativi che se ne sono occupati con dedizione: i siti porno, i più cliccati al mondo. E il problema è proprio qui. Il vuoto educativo delle istituzioni deputate a creare cultura, in primis la famiglia, poi lo Stato, attraverso le sue agenzie educative e in generale i media. Siamo in mano a youporn e i risultati si vedono. Se assistiamo ancora oggi a innumerevoli episodi di violenza e di degrado che coinvolgono la sessualità, spesso con il femminile come vittima, è anche perché il corpo e la sua natura sessuale non è ancora stato sdoganato né considerato degno di un posto nobile nel campo formativo della persona. Bisognerebbe insegnarlo ai ragazzi, descrivere la bellezza e la naturalezza del funzionamento del corpo sessuato, insegnare la sacralità e il rispetto del corpo, proprio e altrui, il significato non solo sensoriale e impulsivo di gesti così intimi, ma anche e soprattutto creativo, comunicativo e affettivo. Si dice “fare l’amore” non per caso. Questo discorso servirebbe anche per contrastare la visione del corpo come bene di consumo, da esibire, da abbellire, da vendere, proposta da quel piattume di cultura ahimè attualmente vincente che alla lunga, nel vuoto educativo sul tema, può favorire il diffondersi di modelli di comportamento violenti e devianti.

Come si potrebbe fare cambiare rotta alle giovani generazioni?
Servirebbe tentare di entrare nel vuoto descritto e provare a iniziare a definirlo, con parole magari malferme, ma gentili e delicate, sincere. Il mondo femminile potrebbe esprimere più determinazione e coraggio nel proporre la propria visione, desiderio, conoscenza, in definitiva la propria natura nel dialogo col maschio, che è certamente perso e insicuro in questa fase storica. Questo movimento è più facile che parta dalla famiglia, per poi diffondersi e diventare cultura collettiva. Può far bene ai giovani e può far scoprire molto anche agli adulti. I genitori contemporanei infatti sono tendenzialmente sensibili, presenti, consapevoli dell’importanza del ruolo e più liberi di esprimere emozioni e sentimenti di quanto lo fossero i loro genitori. I giovani poi sono molto ricettivi e disponibili al dialogo, per tanti motivi. Culturali certamente, ma anche relativi alla disponibilità infinita di informazioni che oggi possono ottenere dal web. Solo che se lasciati soli in questo mare magnum, il rischio è che finiscano per rimanere vittime passive di modelli malati, a cui tendere per conformarsi e per sentirsi all’altezza. Ci vuole un po’ di coraggio per superare quel piccolo spazio di imbarazzo che ancora rimane e parlarne, semplicemente parlarne. 

Acura di Maria Castellano
con la collaborazione del dott. Marco Ghezzi
Psicologo e Psicoterapeuta, Practitioner Emdr, Mental coach per atleti e imprenditori
A Bergamo