Vi capita di provare ansia di fronte a situazioni nuove (o anche conosciute)? Di non riuscire a realizzare i vostri desideri? Di non ottenere i risultati che vorreste al lavoro o nello sport? Forse è arrivato il momento di allenare la vostra autoefficacia. Ma di cosa si tratta? E come fare per potenziarla? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Ester Varchetta, psicologa clinica.

Dottoressa Varchetta, cosa si intende per autoefficacia?
L’autoefficacia rappresenta la fiducia nella possibilità di influenzare e modificare gli eventi che ci riguardano e nella propria capacità di affrontare un compito specifico. Non si tratta di una generica fiducia in se stessi, né di una misura delle competenze possedute, ma della convinzione di poter affrontare efficacemente determinate prove, essere all’altezza degli eventi, essere in grado di cimentarsi in specifiche attività e affrontare specifiche sfide. Il costrutto dell’autoefficacia ha origine dalla teoria della cosiddetta agenticità personale, che è la facoltà di generare azioni mirate al raggiungimento di uno scopo. Alla base c’è, quindi, la convinzione personale di essere arbitri del proprio destino. Secondo questo approccio più sono convinto di “sapere di saper fare” più riuscirò a mobilitare e organizzare le mie risorse personali per il raggiungimento di un obbiettivo prefissato, andando al di là del risultato ottenuto. Il focus non è il risultato atteso, ma la capacità di mobilitare e generare risorse personali rispetto a una specifica sfida. Ad esempio, prima di una corsa importante un corridore con una buona autoefficacia non penserà “ce la devo fare altrimenti sarò un povero fallito infelice”, ma si dirà “ce la posso fare!”. E se non dovesse arrivare per primo? Sarà comunque soddisfatto di quanto ha fatto, analizzerà le cause dell’insuccesso e si allenerà ancora e con maggior impegno. Quindi l’efficacia personale non è solo una questione di ottimismo generico o di autostima, ma è la convinzione di poter generare autonomamente nuove o vecchie capacità. Tale convinzione influenza il nostro modo di rapportarci con la realtà, che viene percepita come un qualcosa che si può influenzare attraverso azioni impegnate. Numerosi studi hanno dimostrato che la convinzione di autoefficacia influenza notevolmente i livelli di prestazione, umore, impegno e lo stato di benessere e salute.

Ma che differenza c’è tra autoefficacia e autostima?
Spesso autostima e autoefficacia vengono sovrapposte mentre in realtà si tratta di due entità differenti con dei punti di contatto. L’autostima deriva dall’immagine che ho di me, quindi il valore percepito di me stesso. L’autoefficacia, invece, riguarda la percezione rispetto alle capacità personali attivabili in un determinato contesto. Una persona può avere un’autostima di sé ma sentirsi non adatto allo svolgimento di determinati compiti o ruoli. Come dice Albert Bandura, psicologo e accademico statunitense, noto per il suo lavoro sulla teoria dell’apprendimento sociale, “il fatto di piacersi non è necessariamente causa di buone prestazioni; queste ultime sono prodotto di impegno e autodisciplina”. Ad esempio, posso avere un’immagine di me positiva, ma sentirmi inefficace come genitore o responsabile di un gruppo di lavoro. È possibile, quindi, aumentare la propria autostima lavorando sull’autoefficacia, ma non viceversa. Chi ha una buona convinzione delle proprie capacità, solitamente si prefigge obiettivi sfidanti e s’impegna costantemente per poterli raggiungere, di conseguenza migliorerà anche la percezione del proprio sé.

In che modo e in quali contesti il senso di autoefficacia condiziona la nostra vita?
La convinzione di autoefficacia influenza differenti aree della propria vita come la tendenza a:
> scegliere attività e compiti impegnativi come occasione di crescita personale;
> perseguire aspirazioni ambiziose e realistiche;
> impegnarsi a fondo per perseguire i propri obbiettivi;
> reagire positivamente al fallimento;
> non farsi sopraffare dall’ansia e dalle emozioni negative.
Le persone che hanno un basso senso di autoefficacia tendenzialmente
> si allontanano intimidite dalle attività “difficili”;
> hanno basse aspirazioni e investono uno scarso impegno nel raggiungimento degli obbiettivi che scelgono per se stesse;
> di fronte a compiti difficili, indugiano a considerare le proprie carenze personali, gli ostacoli e le possibili conseguenze invece di concentrarsi sul cosa fare per riuscire;
> tendono a ridurre il proprio impegno nel raggiungimento dell’obbiettivo;
> recuperano lentamente il proprio senso di autoefficacia in seguito a insuccessi;
> sono più propense ad “abbattersi”.

“Le credenze personali sulle proprie capacità hanno un grande effetto sulle capacità stesse” 
Albert Bandura

È possibile allenare la propria autoefficacia? Come?
Allenare la convinzione di efficacia personale ha dei notevoli vantaggi come: fronteggiare le difficoltà e gli imprevisti con un atteggiamento resiliente, porsi degli obbiettivi sfidanti, realizzare se stessi e promuovere una crescita anche del contesto in cui si agisce. Ma come sviluppare tale convinzione? Ecco i passaggi individuati da Bandura, rivisitati per favorirne l’applicabilità in qualsiasi ambito della propria vita, lavoro, studio, famiglia e sport.
> Lavorare sulle convinzioni: aumentare la consapevolezza del proprio “dialogo interno” favorendo una visione positiva e realistica dell’obbiettivo che si vuole raggiungere (“ce la posso fare, ce la voglio fare, ho le capacità per…”).
> Trovare un modello a cui ispirarsi facendo leva sulle “esperienze vicarie”. Come? Identificando delle persone, possibilmente vicino a noi, che possiamo osservare “rubando” comportamenti, atteggiamenti, che potremmo acquisire, attraverso un processo di apprendimento, per raggiungere il nostro obbiettivo.
> Fare esperienze dirette. L’esperienza personale è una delle fonti più proficue per acquisire un forte senso di autoefficacia. Solo mettendoci alla prova, solo attraverso un’azione impegnata possiamo migliorarci, valutare eventuali sbagli e raffinarci nell’azione stessa.
> Aumentare la consapevolezza dello stato emotivo. In altre parole dobbiamo abituarci a essere consapevoli delle emozioni che ci passano dentro, di come le percepiamo e interpretiamo. 

A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione della dott.ssa Ester Varchetta
Psicologa clinica
Counselor Analitico Transazionale, Psicodrammatista
Mediatrice Familiare
Spazio di crescita personale La Tartaruga Romano di Lombardia