Avete presente quella sensazione che si prova prima di sedersi sulla poltrona del dentista? Quel misto di paura e angoscia che arriva al solo pensare che qualcuno metterà le mani nella vostra bocca, utilizzando frese o trapani? Si chiama odontofobia (o dentofobia) e riguarda oggi ben il 30% della popolazione, adulti e bambini. In alcuni casi sfocia nel terrore vero e proprio (ingiustificato) provocando insonnia, tachicardia, tremore, sudore eccessivo, nausea, conati di vomito e cali di pressione che possono arrivare (in casi estremi) fino al collasso. Ma quali sono le cause di questo disturbo? E come si può superare? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Manuela Simonini, psicoterapeuta e igienista dentale.

Dottoressa Simonini, perché tante persone sono letteralmente terrorizzate dal dentista?
Innanzitutto per la paura del dolore. C'è poi il timore di perdere il controllo: l'esperienza orale è centrale nella costruzione della nostra mente. La bocca racchiude in sé un importantissimo significato simbolico: tutti i sensi sono concentrati nella percezione orale e tutte le emozioni sono espresse attraverso la bocca che unisce e separa l'interno dall'esterno, l'ambiente dall'individuo e serve a modularne il confine. Con la bocca si addenta, si succhia, si mastica, si morde, si bacia, si sfiora, si allude, si elude, si rifiuta. Dal sorriso al riso, allo sbadiglio di fame o di noia, alla rabbia, al morso, al bacio, al disgusto, al pianto, alla paura, al singhiozzo, la bocca è il primo e più immediato "specchio dell'anima". La bocca ha quindi una forte connotazione di intimità, esprime la nostra vulnerabilità e il dentista, intervenendo, invade la nostra sfera privata. A tutto ciò va aggiunto anche il ricordo di esperienze passate traumatiche o il racconto di esperienze negative descritte da parenti o amici. Un altro aspetto, infine, è quello relativo ai rumori e agli odori tipici dello studio dentistico: la visione degli strumenti e la semplice vista dei camici sono fattori predisponenti al senso di pericolo imminente.

E come si manifesta?
La paura provocata dall'odontofobia, più frequente in chi soffre di ansia, può manifestarsi in diversi modi: attraverso una risposta motoria, verbale, fisiologica o con la completa mancanza di risposta agli stimoli. In genere il paziente odontofobico tende a evitare i controlli periodici dal dentista oppure mette in atto una serie di "strategie" per cercare di avere il controllo della situazione, del proprio corpo e dell'ambiente esterno. I segnali più comuni sono l'arrivo in anticipo all'appuntamento, il tentativo di distrarsi guardando la tv in sala d'attesa o leggendo una rivista, l'attenzione quasi ossessiva alle proprie sensazioni corporee (in questo caso negative) che in realtà lo portano ad amplificare le percezioni corporee che contribuiscono a sentire più dolore di quello realmente percepito. Diversi studi hanno dimostrato infatti che l'odontofobico, con il suo atteggiamento contribuisce a incrementare la percezione del dolore. Concentrarsi su ogni più piccola e quasi impercettibile sensazione di dolore, non avrà altro effetto che amplificarlo. Come se si avverasse una sorta di profezia. In questo modo l'esperienza sarà realmente negativa.

Ma come si può vincere tutto questo?
Il primo passo è parlare con il dentista. L'obbiettivo è ottenere il maggior numero possibile di informazioni sul tipo di intervento che deve essere effettuato. Ciò che si conosce spaventa di meno rispetto a ciò che non si conosce. Un altro esercizio utile al paziente è quello di scrivere prima di ogni seduta pensieri ed emozioni legate alla seduta che si deve affrontare, dando un voto da 1 a 10 al dolore che si pensa si proverà per poi rivalutarlo successivamente alla seduta. Da parte sua l'operatore può avvalersi di alcune tecniche, molte delle quali usate anche nella cura delle fobie e dei disturbi d'ansia, come il tell-show-do, ovvero la comunicazione non verbale, il controllo della voce, il colore delle divise e delle pareti dello studio dentistico, la musica, l'approccio empatico del personale medico, il rinforzo positivo, il rilassamento progressivo o il training autogeno. Nei casi più seri si può anche ricorrere a una terapia farmacologica: sedazione per via inalatoria con protossido d'azoto, o l'assunzione di sedativi o tranquillanti. Nel primo caso il paziente inspira attraverso una mascherina nasale una miscela di protossido d'azoto e ossigeno che ha un effetto immediato sia analgesico, ansiolitico e antiemetico (previene i conati di vomito). Grazie a un connubio sempre più stretto fra tecniche mediche e psicologia oggi si può affrontare efficacemente questo problema, rendendo il trattamento odontoiatrico meno traumatico anche per il paziente odontofobico. Concludendo con un sorriso, l'ansia oggi più difficile da guarire non è quella che precede la seduta, ma quella che subentra al momento di ricevere il conto finale.

a cura di MARIA CASTELLANO

Con la collaborazione della DOTT.SSA MANUELA SIMONINI 

Psicoterapeuta cognitivo comportamentale e Igienista dentale a Bergamo

 

Psicoterapeuta cognitivo comportamentale
e Igienista dentale

a Bergamo