L’adolescenza è senza dubbio una tappa fondamentale nel processo di crescita, affascinante e ricca di grandi opportunità, ma al tempo stesso disorientante. È il momento delle inevitabili piccole e grandi crisi. A volte però i cambiamenti tipici di questa fase evolutiva portano con sé anche una certa dose di sofferenza che può manifestarsi in modi diversi, dal calo nel rendimento scolastico all’instabilità emotiva fino a comportamenti aggressivi verso gli altri ma anche verso se stessi. Ma come riconoscere situazioni di disagio? Cosa fare? E quando può essere utile farsi aiutare? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Elena Duchini, psicologa.

Dottoressa Duchini, ma da quando e fino a che età si può parlare di adolescenza?
La comunità scientifica concorda oggi nel collocare l’adolescenza nella fascia d’età dai 12 ai 24 anni circa, un lasso di tempo molto più ampio rispetto al passato. Se in passato infatti l’uscita dall’adolescenza veniva fatta coincidere con il compimento della maggiore età o con il conseguimento del diploma di maturità, momento in cui ci si aspettava la “completa maturazione dell’individuo”, pronto ad affrontare una vita autonoma, oggi non è più così. L’evoluzione della società e la frequente prosecuzione degli studi e, quindi di uno stato di dipendenza dalla famiglia d’origine, fanno sì che la fase adolescenziale si prolunghi ben oltre il diciottesimo anno d’età.

Che cosa succede in questa fase così impegnativa, sia per il ragazzo sia per chi gli sta vicino?
L’adolescenza è un periodo di evoluzione e, in quanto tale, critico: ai cambiamenti fisici si associa il venire meno delle certezze e dell’equilibrio dell’età infantile, per affacciarsi verso una fase di transizione nel percorso di costruzione della propria identità. Per prima cosa è bene sfatare un “falso mito”: i cambiamenti comportamentali che si osservano nell’adolescente non sono legati alla cosiddetta “tempesta ormonale”, bensì allo sviluppo del cervello del ragazzo. In adolescenza le emozioni possono emergere intensamente e repentinamente, senza l’effetto regolatore della corteccia prefrontale, quell’area del cervello deputata alla modulazione delle attivazioni emotive. I cambiamenti cerebrali che interessano la mente adolescente sono alla base di quattro caratteristiche che contraddistinguono gli adolescenti: la ricerca della novità, il coinvolgimento sociale, la maggiore intensità emotiva e l’esplorazione creativa.

Quando può essere utile pertanto rivolgersi a uno specialista?
La consulenza clinica può essere richiesta ogni volta che il ragazzo, o le figure adulte che lo circondano, percepisca un forte stato di disagio. Tale sofferenza può essere condivisa dall’adolescente, ma spesso si manifesta indirettamente, sotto forma di ansia, scoppi di rabbia, calo del rendimento scolastico, apatia. La comparsa di cambiamenti significativi nella routine dell’adolescente nei diversi contesti di vita (scuola, famiglia, amici, sport) può rivelarsi un campanello d’allarme: le manifestazioni sintomatologiche possono essere molteplici, dall’incremento di conflitti intra o extra familiari al ritiro sociale, dalla messa in atto di comportamenti trasgressivi (atti auto o eterolesivi, uso di sostanze) fino a sintomatologie più specifiche (fobie, attacchi di panico, disturbi alimentari, ossessioni e compulsioni, dipendenza da internet).

Cosa fare in queste situazioni o in caso di dubbio?
Per i genitori di un adolescente è possibile richiedere una consulenza specialistica a un professionista, il quale procederà a un’attenta raccolta anamnestica e a un’accurata analisi del problema, a partire dal punto di vista delle figure adulte che ruotano intorno al ragazzo. Successivamente, se ritenuto opportuno, si potrà effettuare insieme al giovane un percorso di valutazione psicodiagnostica, utile ad approfondire la tipologia e l’intensità del problema e stimare il livello di consapevolezza dell’adolescente in merito a tali difficoltà. Per i giovani maggiorenni è possibile invece richiedere direttamente un colloquio. Al termine del percorso psicodiagnostico il professionista condividerà con la famiglia gli esiti della valutazione e concorderà insieme alle figure coinvolte nella consulenza se proseguire con il percorso di presa in carico. In base al problema rilevato, verranno delineati e presentati gli interventi più idonei, al fine di aiutare il giovane a “disincagliarsi” dallo stato di crisi vissuto, valorizzando le risorse a sua disposizione. 

A cura di Maria Castellano
dott.ssa Elena Duchini
Psicologa Presso il Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo