“Libera la vita. Storie di sogni che l’emofilia non può fermare”. E il sogno, anzi la sfida in piena regola, l’ha vissuto un giovane universitario bergamasco che lotta fin dalla nascita con l’emofilia. Nicola Pezzotta, 23 anni, di Bolgare, studente di ingegneria con architettura a Brescia, è riuscito nell’impresa portando a termine il Cammino di Santiago di Compostela. Anzi andando oltre, a Finisterre, 800 chilometri a piedi con il rischio di emorragie esterne e interne “evitate”, ogni tre giorni, con un’iniezione del farmaco che gli salva la vita. «Ho davvero liberato la mia vita» ci dice Nicola. «I medici mi avevano sconsigliato e vedendo la mia voglia di mettermi alla prova, mi raccomandavano cautela. Sognavo questa esperienza da qualche anno, ero all’ultimo anno del liceo artistico ed ero rimasto affascinato dal racconto di un mio caro amico che era andato a Santiago di Compostela a piedi. Si era trasformato, era diventato un altro, più positivo. Ne ho avuto la conferma andando insieme a Dublino. Io ero preoccupato ma lui mi è stato vicino aiutandomi molto» racconta. «Confesso che prima di partire per il Cammino ero un po’ agitato. Mi bloccava l’idea di dovermi portare dosi di farmaco per un mese, di dovermelo iniettare in situazioni sconosciute. Una volta per strada però ho sentito ogni insicurezza scivolare via. Ho capito subito che sarebbe stata una sfida fattibile e straordinaria. Ho imparato che il mondo è un luogo da scoprire e che l’emofilia può essere messa all’angolo senza paura e con i giusti accorgimenti».

D’altronde è proprio questo lo spirito di “Liberate Live. Libera la Vita. Storia di sogni che l’emofilia non può fermare”, un progetto promosso dall’azienda farmaceutica Sobi con il patrocinio della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo), un’iniziativa attiva in tredici Nazioni europee che ha coinvolto tante persone con emofilia, soprannominate Liberatores. In Italia sono circa 5 mila che vivono con un disturbo emorragico di origine genetica ed ereditaria e che provoca una coagulazione del sangue non corretta e che può portare, a causa di ripetuti sanguinamenti nelle articolazioni e nei muscoli, a dolore, rigidità e limitazione funzionale.

Nicola non ha avuto problemi nel suo Cammino durato un mese in compagnia di una guida eccezionale, Nicolò Balini di Fara Gera d’Adda, videomaker di Human Safari, uno dei più famosi youtuber di viaggi e uno degli idoli del nostro universitario. «Ho cercato di permettergli di godersi l’esperienza nel modo più sicuro con l’organizzazione pre-partenza, l’allenamento e alcuni consigli in considerazione della sua situazione» commenta Balini. «Siamo partiti da Pamplona per evitare il valico dei Pirenei isolato e difficile in caso di maltempo, portando lo stretto necessario nello zaino: 2 paia di calzini, 2 mutande, 2 magliette, 1 pantalone, 1 pile, 1 piumino, 1 antivento, 1 antipioggia, 1 cappello e un paio di guanti».

«È stata un’esperienza fantastica» continua Nicola. «Un viaggio bellissimo. A parte gli edifici storici nei quali a volta si dorme, o le camerate con 60-70 letti, le tappe più belle sono state quelle in cui ho mangiato, suonato e cantato con altri pellegrini e i momenti di raccoglimento in cui ciascuno racconta i motivi per i quali si è messo mi marcia. Si conoscono tante persone, con alcune si condividono tratti di strada ed esperienze. Come quelle che ho incontrato per strada e abbiamo formato un bel gruppo. Certo qualche problema c’è stato: ho dovuto imparare a farmi le iniezioni in spazi ridotti e scomodi sotto gli occhi di estranei. Com’è successo in un ostello quando un signore tedesco vedendomi con la siringa nel braccio ha pensato che fossi un drogato. Allora gli ho spiegato e lui come molti altri mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto. Un Cammino che ti segna spiritualmente e anche nel fisico. Ti cambia il modo di vedere le cose».

Nicola ha realizzato il suo sogno dimostrando che anche un emofilico può fare un’esperienza straordinaria percorrendo una ventina di chilometri al giorno per un mese. Anzi di più, perché il futuro ingegnere/architetto arrivato a Santiago ha ripreso la marcia con il suo gruppetto andando a Finisterre sull’Oceano Atlantico.Intanto sogna altre sfide: andare a Capo Nord, ma prima fare l’Erasmus a Palma di Majorca. Insomma Nicola non riesce più a fermarsi. Riesce a controllare bene la sua terapia anche se le iniezioni, quando è a casa, gliele fa la mamma che è infermiera. «Ho sempre saputo di avere questa malattia» dice «è ereditaria e colpisce soprattutto gli uomini. Mia nonna e mia mamma sono portatrici sane del cromosoma Xe, quello difettoso che trasmette l’emofilia. Ho due fratelli minori, uno è emofilico come me, l’altro non ha nessun problema. I miei genitori mi raccontano che a dieci mesi, quando muovevo i primi passi, sono stato costretto a mettere il primo catetere venoso, che serviva a iniettare il fattore VIII contro i sanguinamenti, e a indossare ginocchiere e gomitiere per evitare traumi alle articolazioni. Poi però ho avuto una brutta infezione, sono finito in ospedale. Sono riuscito a superare anche questo problema a prezzo però della somministrazione di altissime dosi e dell’inserimento di un altro catetere venoso centrale che mi ha lasciato una cicatrice sul torace e mi ha creato qualche imbarazzo in passato tanto che a 14 anni stavo in spiaggia con la T-shirt. Ma grazie ai progressi della medicina e al sostegno dei miei che mi hanno sempre trattato come se la malattia non ci fosse, conduco una vita normale e gioco anche a calcio e da sempre vado in piscina anche se da piccolo avevo un po’ vergogna perché dovevo proteggere il catetere con un gigantesco cerotto, ma non ho mai avuto problemi con gli altri bambini e poi con gli amici più cari e con le ragazze che anzi mi hanno sempre aiutato».

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