Riguarda un milione di italiani, tra cui anche molti ragazzi e adolescenti, esponendoli a un rischio di diventare vittime di bullismo tre volte maggiore rispetto ai coetanei. Parliamo della balbuzie, disturbo del linguaggio che, soprattutto in età adolescenziale, può avere importanti ripercussioni sul comportamento, il rendimento scolastico e le relazioni interpersonali. Ma come riconoscere se esiste davvero un problema di balbuzie? E soprattutto cosa si può fare per affrontarlo e superarlo? Ce lo spiega la dottoressa Sabrina Pedrali, logopedista.

Dottoressa Pedrali cosa s’intende per balbuzie?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la balbuzie come “un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione che cosa vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo”. Questo disturbo, che può avere diverse forme e gravità, può essere caratterizzato dalla presenza di ripetizioni di sillabe o intere parole, di prolungamenti di suoni, di intoppi o “blocchi” nel procedere del discorso. Nei casi più gravi, inoltre, si accompagnano movimenti involontari di una o più parti del corpo, come tic facciali, strizzamenti dell’occhio, movimenti del capo, delle mani o dei piedi. L’esordio avviene di solito in età pre-scolare, non tanto con la comparsa di prime parole intorno all’anno di età, quanto più in occasione della formazione di prime frasi. Va ricordato, in ogni caso, come nella maggior parte dei casi la balbuzie rappresenti una fase “transitoria”, con risoluzione spontanea. In un 10% dei casi, tuttavia, tende a permanere e a manifestarsi in modo più evidente con l’ingresso alla scuola elementare.

Ma quali sono le cause di questo disturbo?
Alcuni credono che la balbuzie sia la conseguenza di qualche forma di trauma in età infantile. In realtà, questa falsa credenza è stata ampiamente sfatata. Sebbene ad oggi non siamo ancora in grado di spiegarne con precisione l’origine, la maggior parte degli studi neuroscientifici attribuisce la causa al malfunzionamento dei meccanismi di controllo della produzione motoria del linguaggio. Ciò che sappiamo con certezza è che esiste una forma di predisposizione ereditaria individuale e che i maschi sono in generale più soggetti delle femmine.

Che conseguenze può avere sulla vita di chi ne è affetto se non si affronta tempestivamente?
È quasi superfluo dire che questo disturbo può causare un grave impatto sulla vita sociale ed emozionale della persona: può essere fonte di imbarazzo, di vergogna, di tensione. L’ansia e il disagio spesso presenti portano il soggetto, nei casi più gravi, ad isolarsi ed evitare situazioni in cui gli venga richiesto di parlare. Nell’adolescenza, periodo noto per la sua fragilità, precarietà e insicurezza, la situazione si complica, in quanto la balbuzie costituisce un impatto importante sul piano dell’immagine di sé e della propria autostima. In Italia si calcola che siano quasi 150.000 gli adolescenti affetti da diverse forme di balbuzie. La difficoltà di eloquio espone il ragazzo a un facile giudizio da parte dei coetanei e recenti studi hanno evidenziato come tale fatica sia motivo di scherno e di bullismo.

Balbuzie e canto
Quando si canta non si balbetta, il canto e la recitazione sono considerati strumenti molto utili per il paziente con balbuzie, che attraverso la forma d’arte impara a gestire respiro, ritmo e agitazione da palcoscenico. E’ stato così anche per Ed Sheeran (foto) che ha dichiarato: «Mio padre mi comprò “The Marshall Mathers LP” di Eminem quando avevo nove anni, imparai ogni parola. Lui rappava così velocemente e in modo melodico e percussivo, questo mi aiutò a sbarazzarmi della balbuzie».

Ma come si può aiutare un ragazzo con balbuzie?
Nel periodo adolescenziale è stato osservato come il ragazzo tenda facilmente a negare il problema e rifiutare aiuto. I genitori, al contrario, si preoccupano e si chiedono come la difficoltà possa impattare sulla vita sociale del figlio. In generale, è importante parlare apertamente del problema, evitando giudizi o pressioni. La valutazione e l’approccio terapeutico prevedono l’intervento sincronizzato di più figure specializzate, come il logopedista e lo psicologo. Il logopedista lavora sulle competenze più “meccaniche” come respiro e regolazione del ritmo dell’eloquio, aiutando il ragazzo a parlare in modo più fluido e scorrevole anche attraverso esercizi mirati sulla respirazione, sulla corretta articolazione delle labbra e della lingua, e sulla fonazione. Il secondo, invece, mira a riconoscere e gestire ansia e tensione emotiva che, in un circolo vizioso, possono essere alla base o conseguenza della balbuzie. È fondamentale, in ogni caso, agire non solo sul ragazzo ma anche sul contesto in cui vive. Non è raro infatti che nella terapia vengano coinvolti genitori o insegnanti, ai quali vengono date indicazioni su come avvicinarsi al problema e creare dinamiche comunicative adeguate.

La diagnosi tempestiva di questo disturbo, che in media esordisce tra i due tre anni e che, nell’88% dei casi, regredisce spontaneamente entro i sei, è spesso difficile. La balbuzie non viene spesso percepita dai genitori come un problema che meriti una valutazione specialistica” 

Balbuzienti illustri
Sono molti i personaggi della storia che hanno sofferto di balbuzie e in molti casi l’hanno sconfitta. Dal filosofo Cicerone all’oratore greco Demostene, che riuscì a eliminare il suo difetto mettendo dei sassolini in bocca, fino allo scrittore Alessandro Manzoni, che per tutta la vita rifiutò di parlare in pubblico. E non mancano nemmeno nomi della politica come il rivoluzionario russo Lenin o il Primo ministro inglese Winston Churchill, che per aiutarsi all’inizio di una frase spesso pronunciava una “mmmmmm” prolungata. E ancora attori come Marilyn Monroe, Julia Roberts, Demi Moore, Bruce Willis.

A cura di Viola Compostella
con la collaborazione della dott.ssa Sabrina Pedrali
Logopedista Presso il Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo