È il motivo che ci spinge ad alzarci dal letto tutte le mattine, la ragione di esistere, lo scopo del vissuto di ognuno. Tutti noi ne abbiamo uno, ma non sempre sappiamo qual è. Può essere un lavoro che si ama, i figli, una passione o qualsiasi altra cosa rappresenti uno scopo nella vita e ci faccia sentire in pace con il mondo e utili. I Giapponesi lo chiamano Ikigai (da iki, vita, e gai, ragion d’essere) che potremmo tradurre come “senso della vita”. In Occidente da anni, ormai, la vita frenetica a cui ci sottoponiamo per soddisfare i più svariati bisogni che hanno a che fare con il verbo avere, ci ha portati a vivere di ansia, insoddisfazione, frenesia, velocità. Pur essendo tra le generazioni che più possiedono in termini di conoscenze e strumenti materiali, molte delle malattie del secolo sono legate a depressione e male di vivere. Così sempre più spesso si guarda ad Oriente alla ricerca di stili e filosofie di vita che ci aiutino a raggiungere un maggior benessere. Prova ne è, ad esempio, l’esplosione e la costante crescita dello yoga. Ma non solo: si praticano discipline come il Reiki, introdotto negli Stati Uniti nei primi decenni del secolo scorso e ben presto diffusosi anche in Europa; ci si avvicina a buddismo, filosofie zen, taoismo, meditazione. Tutto per comprendere meglio il “senso della vita”, l’Ikigai appunto. Approfondiamo l’argomento con Laura Gambirasi, esperta in riflessologia plantare e Reiki.

Come l’Occidente è arrivato a guardare verso Oriente nell’ultimo secolo?
Nell’immediato dopoguerra, l’attenzione principale dell’uomo era orientata alla ricostruzione e alla sopravvivenza evolvendo, negli anni del boom economico, a una sovrabbondanza di cibo, tecnologia, benessere economico e materiale in genere. Da pochi anni a questa parte l’attenzione degli Occidentali si è spostata nella direzione di una filosofia di vita che tende a voler ritrovare un benessere che va oltre quello fisico, portando in primo piano tutto ciò che tende ad una qualsivoglia forma di spiritualità. E paradossalmente assistiamo a un capovolgimento della situazione: mentre l’Occidente ricerca la spiritualità, l’Oriente si è fortemente sviluppato in termini economici.

Il disegno giapponese creato per rendere il significato di Ikigai è stato rielaborato e interpretato dall’Occidente in una forma diventata abbastanza popolare che propone alcune domande centrali da porre a se stessi:
> Cosa amo fare?
> Quale missione posso offrire al mondo?
> Conosco la mia vocazione?
> Ciò che amo, offro al mondo e le mie vocazioni, possono divenire la mia professione?
La maggior parte delle persone riempie l’interno dei cerchi più marcati di significati da attribuire allo scopo della loro vita. In realtà l’Ikigai sta negli spazi vuoti che si vengono a creare al centro. Spazi vuoti che, in verità, rappresentano l’essenza entro la quale il “senso della vita” scorre. Intersecare le proprie passioni, talenti e ambizioni crea un senso alla vita. Riuscire, tuttavia, a porre il distacco da tutto ciò che sta nella materia e viverlo senza attaccamenti, crea lo spazio che può essere riempito dalla felicità profonda.
Quando si crea un equilibrio personale tra questi quattro ambiti della vita, quando c’è armonia tra chi siamo, come gli altri ci vedono, quello che facciamo della nostra vita e il contributo che diamo al mondo, allora siamo sulla buona strada per comprendere il nostro Ikigai. Siamo sulla strada del profondo raggiungimento della felicità.

Dove si colloca in tutto questo l’Ikigai?
A molti sarà capitato di trovarsi nel vagone della metropolitana accanto a un giapponese. Sta fermo nel suo spazio in tutta tranquillità lasciando che il tempo scorra senza mostrare alcun segno di insofferenza, nonostante viva in un Paese in cui tutto è frenetico, caotico e altamente stressante. Da dove deriva questa sua capacità? Ecco allora che arriviamo al significato di Ikigai. Il valore della vita è al primo posto nella classifica del mondo orientale e di tutte le sue filosofie. Le arti marziali, a cui noi oggi ricorriamo sotto forma di sport anche per i nostri figli, hanno in sé rituali e gesti i cui significati sono molto più profondi di quanto appaiano. La meditazione che per noi significa ritirarsi in uno spazio individuale per mezz’ora al giorno, è in realtà una pratica continuativa e un modo d’essere che, per il Giappone (così come per la Cina e l’India in genere), è una vera e propria disciplina. Ognuno di noi vive ogni giorno il proprio Ikigai, anche se lo fa senza consapevolezza. Ognuno di noi ha scritto in sé il motivo del proprio passaggio su questa terra. Siamo, purtroppo, abituati a riconoscere nelle grandi imprese e nelle situazioni eclatanti l’insieme degli eroi che vivono lo scopo della loro vita, invece l’Ikigai sta nelle piccole cose.

Come si può nella vita di tutti i giorni portare questa consapevolezza?
La chiave è vivere la vita come l’insieme di talenti, attitudini, passioni, competenze; rivolgere gratitudine in ogni istante a ciò che ogni giorno ci è dato di vivere come esperienza; dare significato e godere delle piccole cose come il profumo di un fiore, il sorgere e tramontare del sole, il sorriso di un bambino, la saggezza di un anziano, il coraggio di un malato. Tutto è Ikigai. L’Ikigai si manifesta anche attraverso il dolore vissuto. Attraversando lutti e separazioni si può imparare ad assaporare il valore della vita, ad amarla e a riconoscere in lei la nostra alleata che, in ogni istante, ci indica la via per giungere a noi stessi. Il profondo significato del termine, coniato dai longevi e saggi giapponesi, ha in sé proprio l’insegnamento di stare in continuo contatto con noi stessi, con il nostro sentire, con le nostre percezioni, sostituendo il senso della vista con qualcosa di più impercettibile, ma molto più profondo. In un’epoca in cui la tecnologia ci fornisce mezzi comunicativi ultraveloci, riuscire a prendere coscienza di quanto, in realtà, la comunicazione con noi stessi sia inefficace o, addirittura, inesistente, è già incontrare il proprio Ikigai. Serve ritornare, quindi, alla consapevolezza dei gesti, degli atti volti a mettersi in contatto con noi stessi.

A cura di Viola Compostella
con la collaborazione di Laura Gambirasi
Operatrice olistica, Riflessologa plantare, Master Reiki Autrice del libro “Lutti e separazioni sapevo tutto”