«La nostra società ha fatto dell’immagine un elemento centrale del successo personale, sociale e professionale. Nell’era del selfie perfetto e della chirurgia estetica spesso portata alle estreme conseguenze, preoccuparsi del proprio aspetto è diventata quasi un’esigenza. I bisogni di appartenenza e stima e il desiderio di piacere ed essere apprezzati non possono essere considerati, sempre e comunque, patologici: è fondamentale discriminare tra un’attenta e meticolosa cura di sé e l’espressione di un disagio psicologico». Chi parla è la dottoressa Laura Grigis, psicologa e psicoterapeuta. L’abbiamo incontrata per parlare di un problema sempre più frequente anche se molto spesso non riconosciuto, un vero e proprio disturbo psicologico legato alla preoccupazione che il proprio corpo non sia perfetto, chiamato dismorfismo corporeo.

Dottoressa Grigis, di che disturbo si tratta?
Il dismorfismo corporeo è caratterizzato dalla preoccupazione per difetti e imperfezioni percepiti nell’aspetto fisico, che però non sono osservabili oppure appaiono agli altri come lievi (DSM V, APA 2014). Questo disturbo, a scanso di equivoci, non è strettamente legato all’attuale eccessiva attenzione all’aspetto fisico, che caratterizza la nostra cultura, perché se ne è parlato per la prima volta nel lontano 1891 ed è stato inserito tra i disturbi mentali nel 1980. Si tratta di un problema sottostimato, per la scarsa consapevolezza di malattia di chi ne soffre: molte persone si rivolgono a dermatologi, chirurghi estetici, palestre e centri di bellezza nella speranza di correggere difetti che solo loro percepiscono come tali. Le parti più frequentemente oggetto di preoccupazione sono la pelle, il naso, la bocca, gli occhi o il viso nel suo complesso, i capelli e le sopracciglia; le donne spesso focalizzano l’attenzione su seno, cosce e glutei. Gli uomini, invece, tendono spesso a soffrire di dismorfia muscolare, disturbo caratterizzato dall’idea che la propria massa muscolare sia troppo scarsa o comunque inadeguata; un’altra area oggetto di notevoli preoccupazioni maschili è quella genitale.

Quanto è diffuso?
Ne soffre circa il 2% della popolazione ed è presente soprattutto tra i giovani: il disturbo esordisce solitamente durante l’adolescenza e si configura come cronico, se non viene trattato, associandosi ad altre patologie invalidanti come la depressione, la dipendenza da sostanze, il disturbo ossessivo compulsivo, la fobia sociale e i disturbi del comportamento alimentare (Disturbo di dimorfismo corporeo, A. Scarinci e R. Lorenzini, 2015).

Come si fa a riconoscerlo?
Chi è affetto da dismorfismo corporeo mette in atto dei comportamenti ripetitivi, come ad esempio guardarsi allo specchio e sistemarsi il trucco, ricorre a numerosi interventi di chirurgia (senza per altro potersi mai dire soddisfatto dei risultati), passa giornate intere in palestra, si confronta con gli altri e chiede rassicurazioni. Tende inoltre a rimuginare spesso sull’imperfezione (reale o immaginata) nell’arco della giornata, dedicando anche molte ore al giorno a individuare e attuare sistemi per eliminarla o, quanto meno, per nasconderla agli altri; a lungo andare questi comportamenti, che a un occhio esterno non appaiono in alcun modo giustificabili o necessari, vanno a incidere negativamente sulla quotidianità della persona, fino a comprometterne il funzionamento sociale e lavorativo.

Quando bisogna preoccuparsi?
In adolescenza, che abbiamo visto essere il periodo critico di possibile esordio del disturbo di dismorfismo corporeo, è piuttosto normale notare che un ragazzo o una ragazza trascorrono molto tempo davanti allo specchio, preoccupandosi di come appaiono agli occhi dei coetanei. È invece importante prestare attenzione alle situazioni in cui questo tempo diventa eccessivo (e ruba spazio alla scuola, agli amici, allo sport), quando l’attenzione si presenta come novità improvvisa, quando è riferita a una specifica parte del corpo e quando questa attenzione si discosta in maniera significativa dalla cultura familiare in materia di cura del corpo.

Cosa si può fare per aiutare chi ne soffre?
È importante, per chi si rende conto di avere una persona vicina che soffre di dismorfismo corporeo, resistere alle pressanti richieste di rassicurazione e di aiuto nei rituali legati all’aspetto fisico; per sostenere e aiutare veramente queste persone, è necessario non rendersi complici dei sintomi del disturbo, stando vicino con affetto ed empatia, senza negare o minimizzare il problema, ma evitando di trasformarlo nel fulcro di ogni conversazione. Spesso le persone affette da dismorfismo corporeo non presentano né consapevolezza del disturbo né motivazione a una psicoterapia che possa risolverlo: per questo motivo il contributo dei familiari si concretizza anche nell’aiutare a intraprendere, con la giusta motivazione, un percorso di sostegno psicologico; la psicoterapia cognitivo comportamentale, associata a una terapia farmacologica, possono aiutare nella riduzione della sintomatologia e nel miglioramento della qualità della vita sociale e lavorativa.

“Trascorre più di 10 minuti a osservare la propria immagine allo specchio, aumenta il rischio di una valutazione non soddisfacente del proprio aspetto”
Veale e Riley, 2001

I campanelli d’allarme
Aumento del tempo dedicato alla cura del corpo.
Aumento delle spese per la cura del corpo.
Aumento del tempo trascorso davanti allo specchio.
Improvvisa esagerata attenzione verso il proprio aspetto.
Attenzione focalizzata su parti specifiche del corpo.
Richieste continue di rassicurazione sulla propria immagine.
Comportamenti di evitamento e di ritiro sociale.
Fonte: Disturbo di dimorfismo corporeo, A. Scarinci e R. Lorenzini, 2015

a cura di Viola Compostella
con la collaborazione della dott.ssa Laura Grigis
Psicologa e Psicoterapeuta a Bergamo e Polispecialistico Dental Italy Curno