Ecco perché è pericolosa per gli animali (ma anche per gli uomini) Se avvisti una processionaria, segnalalo! 
La lotta contro la processionaria del pino è obbligatoria su tutto il territorio nazionale e ogni avvistamento va segnalato alle autorità competenti del territorio (Servizio fitosanitario regionale, Comune, Corpo forestale, Ats). Non ci si deve improvvisare a tagliare i rami su cui sono presenti i nidi né bruciarli, perché in questo modo non si eviterebbe comunque la diffusione delle setole urticanti.

Con l’arrivo della primavera torna l’allarme processionaria, farfalla notturna innocua una volta adulta, ma pericolosissima per gli animali ma anche per l’uomo nello stadio di larva (o bruco). Le più comuni sono le processionarie dei pini riconoscibili perché camminano una dietro l’altra, come in processione (da qui il nome). Il loro habitat sono soprattutto i boschi di conifere, ma si possono trovare anche sugli alberi in città. Cosa fare se il nostro amico a quattro zampe entra in contatto con uno di questi animaletti? Quali sono i rischi che potrebbe correre? Lo abbiamo chiesto il dottor Roberto Belloli, medico veterinario.

Dottor Belloli, che cosa è di preciso la processionaria del pino e perché è così pericolosa?
La processionaria del pino, appartenente all’ordine delle farfalle, è stata studiata approfonditamente da due entomologi austriaci verso la fine del XVIII secolo: il nome scientifico che le hanno dato è Thaumetopoea pityocampa, che significa “che fa cose meravigliose”, come fare splendere tende di seta sulla cima degli alberi o fare processioni testa-coda nel periodo della pupazione, ma anche “angosciante stupore” per le reazioni urticanti che è in grado di provocare. Durante la sua vita compie quattro fasi larvali e un’ultima fase in forma di crisalide che dura soltanto uno-due giorni per poi morire appena deposte le uova. Le larve svernano in grossi nidi composti dalla seta che producono, e che le protegge molto bene dalle rigide temperature invernali. Infatti solo temperature sotto i -16° C o periodi prolungati a -4°C possono provocarne la morte. Il periodo di azione delle larve, quindi, è ad inizio primavera quando escono in “processione” per andare a nutrirsi delle foglie, creando grossi danni alla pianta. Ogni larva porta su di sé centinaia di migliaia di peli urticanti dotati di uncini che si attaccano alla pelle come una sorta di velcro, provocando oltre a una reazione molto rapida (e in alcuni casi un’anafilassi) anche a una sensibilizzazione a lungo termine di chi ne entra in contatto. 
Durante le varie mute di accrescimento queste setole urticanti cadono e permangono all’interno del nido rendendolo molto pericoloso anche vuoto e per un raggio che va da due a sei chilometri a seconda del vento. Tutti questi fattori rendono la processionaria uno degli insetti più pericolosi per noi, per gli animali e per la vegetazione. I nostri amici a quatte zampe durante la loro esplorazione del territorio possono essere incuriositi da queste “processioni” ed entrare in contatto con le setole urticanti sia annusandole e mordendole sia, soprattutto i gatti, leccandosi le zampe e il pelo.

E cosa succede se entrano in contatto con le setole?
Le lesioni più frequenti sono l’irritazione delle mucose di bocca, lingua, naso, occhi, e se le larve venissero ingerite anche di esofago e stomaco. Subito dopo il contatto, la cute e le mucose cominciano a gonfiarsi ed essere molto dolenti. Nel caso della lingua questo può portare a un ingrossamento tale da soffocare l’animale. Se l’area colpita fosse molto estesa e con grave perdita di sostanza può verificarsi la necrosi dei tessuti, che può portare a conseguenze drammatiche. Ogni contatto con la processionaria, quindi, non va mai trascurato e deve essere valutato da un medico veterinario il prima possibile.

Ma esiste una cura?
Il veterinario valuterà la terapia più indicata, che può essere sia topica (locale) sia sistemica (generale) e nei casi più gravi anche chirurgica. È fondamentale agire rapidamente per evitare danni irreversibili. Prima della visita non si deve mai sfregare la parte interessata (la rottura delle setole provoca un ulteriore rilascio di sostanze urticanti) ma lavarla delicatamente con soluzione fisiologia o acqua applicando al massimo una leggera pressione del getto in modo da allontanare più setole possibili. Durante queste operazioni è bene proteggersi mani, naso e bocca per evitare il contatto e l’inspirazione delle setole ancora presenti nell’aria. In caso di ingestione non va provocato il vomito, perché il passaggio nell’esofago disseminerebbe ancor di più i peli urticanti aumentando il numero delle lesioni.

a cura di Elena Buonanno
DOTT. ROBERTO BELLOLI
Medico Veterinario - Clinica veterinaria Trevivet di Treviglio