I consigli per riconoscerla e liberarsene una volta per tutte. “Non ce la faccio più a stare con lui, eppure non riesco a lasciarlo”, ma anche “Non siamo più felici insieme, non facciamo che farci del male… ma non ce la faccio ad immaginarmi senza di lei”. Quante volte vi è capitato di sentire un amico, una collega, un conoscente, pronunciare queste parole? O quante volte le avete pronunciate voi, soffrendo a causa di relazioni che non vi fanno stare bene? «Abbiamo tutti, direttamente o per sentito dire, l’esperienza di una relazione negativa, dolorosa, ma dalla quale sembra ancora più doloroso separarsi: stiamo parlando di relazioni sentimentali che potremmo definire, senza esagerare, relazioni tossiche» dice la dottoressa Laura Grigis, psicologa e psicoterapeuta. «Un importante studio, che ha seguito per ben 12 anni un campione di 10.000 tra uomini e donne, ha evidenziato con chiarezza che coloro che si trovavano a vivere frequentemente delle relazioni negative, presentavano maggiore possibilità di sviluppare problematiche di tipo cardiaco (De Vogli et al., 2007): definire queste relazioni come tossiche appare quindi corretto».
Dottoressa Grigis, come si possono identificare le relazioni tossiche? Come si distingue un periodo di crisi, per la cui risoluzione varrebbe la pena di impegnare risorse ed energie, da una situazione problematica cronica e non più modificabile?
In una relazione che funziona, con i classici “alti e bassi” dovuti alla necessità che due mondi, due persone, due esistenze diverse si incontrino e convivano, è sano venirsi incontro e comprendere le reciproche necessità anche quando queste non incontrano il pieno accordo di entrambi. Diverso, e tipico delle relazioni tossiche, è invece essere costretti a tollerare comportamenti irrispettosi, offensivi, abusanti e persino violenti: nelle relazioni tossiche i valori di lealtà, rispetto, cura e fiducia reciproca vengono spesso sostituiti da gelosia, sfiducia, sopraffazione e possessività. E ancora: le relazioni sane sono caratterizzate dalla presenza di tentativi reciproci di comprensione e confronto, senso di sicurezza, libertà di pensiero e di azione per entrambi i partner, condivisione, ascolto e cura. Le relazioni tossiche, invece, sono caratterizzate da una sensazione di insicurezza, da atti di abuso di potere (verbale, fisico, economico etc.) o controllo sull’altro, da richieste eccessive, pressioni, egoismo, critiche continue e commenti denigranti. Non è possibile parlare d’amore, in queste situazioni: eppure per alcune persone potrebbe risultare normale anche vivere in queste condizioni, almeno fino a che qualcuno, qualcosa, o una presa di coscienza, non evidenziano la realtà per quella che è: una relazione tossica, da chiudere il prima possibile.
Che fare allora?
Il primo passo, appunto, è sicuramente quello di riconoscere che ci troviamo in una relazione tossica: non è affatto semplice, perché significa anche riconoscere il proprio errore di scelta e accettare di aver perso tempo ed energie fino a questo momento. Una volta che ci si è resi conto della situazione, il passo successivo è prendere la decisione d’interrompere questa relazione: molte persone rimangono invischiate e non riescono a distaccarsene, spesso a causa di una bassa autostima che le porta a credere di non potere sperare in meglio, o perché spaventate dalle conseguenze della propria scelta e dal futuro. Presa la decisione, poi bisogna attivarsi: visto che non si sta parlando di un semplice “migliorare la relazione” ma del porre fine a una situazione che ci fa stare male, è importante sottolineare che prima di tutto dobbiamo salvaguardare la nostra sicurezza. Il confine tra una relazione tossica e una relazione psicologicamente o fisicamente violenta spesso è sottile, quindi a volte è necessario rivolgersi ad uno specialista e ad un centro anti-violenza, costruendosi una valida rete di supporto. È importante organizzare in maniera funzionale il momento in cui si vuole interrompere la relazione, in base proprio alle caratteristiche della stessa: a volte è possibile comunicare la decisione al partner, a volte è invece necessario semplicemente andarsene quando è assente.
Quali modalità di comunicazione possiamo utilizzare perché il messaggio sia recepito e perché la situazione non sia, anche per noi, troppo dolorosa?
Innanzitutto il messaggio deve essere semplice e chiaro; non bisogna dare troppe giustificazioni o spiegazioni, perché tutto quello che direte in questo momento potrebbe essere manipolato per farvi cambiare idea; se possibile, è meglio evitare di colpevolizzare il partner per non aprire la porta a tentativi di negazione della realtà (“non è vero, io ti amo, ti rispetto, non ti ho tradito”); ridurre al minimo la comunicazione e le informazioni in essa contenute è la scelta migliore, per evitare il rischio di rimettere in discussione la vostra decisione, magari per l’ennesima volta.
Ma perché queste relazioni tossiche risultano cosi difficili da chiudere? Non dovrebbe esserci una sorta di meccanismo di sopravvivenza che ci “mette in allarme” facendoci allontanare e fuggire da certe persone e situazioni, proteggendoci?
No, in realtà succede proprio il contrario: l’essere umano è dotato di una naturale predisposizione al perdono; si tratta di un meccanismo cognitivo che permette di preservare i rapporti sociali (fondamentali per la nostra sopravvivenza) evitando che le brutte impressioni iniziali possano pregiudicarle. La dimostrazione di questa nostra naturale predisposizione al perdono è il risultato di una ricerca internazionale del 2018 (Molly J. Crockett et al., Beliefs about bad people are volatile). Anche un gruppo di ricercatori canadesi ha cercato di trovare risposta a questa domanda, scoprendo che molte persone preferiscono rimanere in una relazione insoddisfacente piuttosto che star sole o nel timore di stare peggio (Sung, Y., 2010, I won’t leave you although you disappoint me). Un altro studio fa emergere addirittura una componente altruistica: se si ha l’impressione che il partner sia fortemente impegnato nel rapporto, è più difficile porvi fine (Joel, S., 2018, How interdependent are stay/leave decisions?). Questa componente è molto evidente nei momenti in cui, di fronte alla comunicazione di porre fine alla relazione, il partner si prodiga in promesse di cambiamento e “riga dritto” per qualche settimana.
Ci sono soggetti che più di altri rischiano di restare intrappolati in una relazione tossica?
Sì, tendenzialmente le persone che hanno sviluppato una forma di attaccamento patologico nell’infanzia, a causa di esperienze disfunzionali (genitori assenti, maltrattamenti, …) presentano uno stile relazionale che potremmo generalmente definire problematico. Vi si trovano coinvolte persone con bassa autostima, mancanza di fiducia in se stesse, e soprattutto grande bisogno di colmare vuoti affettivi, per cui si tende ad appoggiarsi all’altro, nella convinzione di non farcela da soli. L’altro elemento della coppia spesso è una persona fredda ed evitante, caratterizzata da grandiosità ed esibizionismo, desiderosa di approvazione e centrata solo su se stessa.
E la tua relazione è tossica?
Ecco alcune domande per capire se si sta vivendo una relazione tossica.
> Stare con quella persona vi fa sentire bene oppure vi fa stancare?
> Cosa pensate di voi stessi dopo aver passato del tempo con quella persona?
> Vi sentite al sicuro o in pericolo con lui/lei?
> Sentite che c’è equilibrio o disparità tra ciò che dai e ciò che ricevi in questa relazione?
> Avete la sensazione che l’altra persona voglia cambiarti, o di dover cambiare per renderla felice?
(Da High Octane Women: How Superachievers Can Avoid Burnout della psicologa Sherrie Bourg Carter).
a cura DI ELENA BUONANNO
con la collabrazioen della DOTT.SSA LAURA GRIGIS
Psicologa e Psicoterapeuta a Bergamo