«Già da studente ho cominciato a fare esperienze all’estero nei Paesi più poveri; al terzo anno di medicina sono partita volontaria in un progetto non medico in Kenia, nelle baraccopoli di Nairobi e in Zambia. In quel periodo ho conosciuto Domique Corti, figlia di Piero Corti e Lucille Teasdale, due medici legati dall’amore e dalla dedizione verso gli ultimi, artefice della Fondazione Corti. La loro storia è incredibile, assomiglia a un romanzo: in 50 anni di impegno hanno trasformato un piccolo ospedale missionario in una vera e propria struttura ospedaliera, il Lacor Hospital; la Fondazione Corti garantisce i fondi necessari negli anni a venire. Oggi il Lacor Hospital, nel Nord Uganda, rappresenta l’unica speranza di cura per milioni di persone: è una struttura capace di accogliere ogni anno più di 250.000 pazienti». Chi parla è Liliana Praticò, medico bergamasco di 34 anni, che si divide tra Italia, dove c’è la sua famiglia, e Mozambico, ormai la sua “seconda casa” dove sta collaborando, per un anno, con l’organizzazione “Medici per l’Africa Cuamm”, a capo di un progetto rivolto alla sensibilizzazione e al trattamento dell’Hiv/Aids tra i giovani di Beira, la seconda città per popolazione del paese.

Liliana ha studiato all’Università di Pavia, dove si è laureata in medicina e poi specializzata in Infettivologia, ma fin da subito ha capito che la sua vita sarebbe stata altrove, nei Paesi più poveri del mondo. Lì, sente (e spera) Liliana, può fare davvero la differenza, può rendersi utile e aiutare chi è meno fortunato. Ed è proprio durante un soggiorno in un Paese in via di sviluppo, l’Uganda, che Liliana prende la decisione di specializzarsi in malattie infettive. Durante la specialità passa otto mesi nel Paese africano, facendo attività clinica e di ricerca, per quella che sarà la sua tesi in infettivologia (riguardante le infezioni ospedaliere nei Paesi in via di sviluppo). Conclusi gli studi di medicina e la specialità, si iscrive a un Dottorato in Cooperazione presso l’Università di Brescia, perché si rende conto che le sole competenze mediche non sono sufficienti per operare efficacemente nei Paesi in via di sviluppo; serve anche una preparazione specifica.

La sua è una vera e propria missione, una missione per molti aspetti delicata e non sempre semplice, per la quale Liliana vuole essere all’altezza e preparata. Finalmente a settembre 2017 parte per il Mozambico, Paese che conosce bene perché ci ha già passato un anno, tra il 2015 e il 2016 per fare ricerca. «Il Mozambico ormai è una seconda casa per me» racconta. «Il progetto a cui sto lavorando è molto stimolante, ha lo scopo di migliorare le condizioni di salute dei giovani della città di Beira, dove Medici con l’Africa Cuamm lavora già all’interno di una rete di consultori che fanno sensibilizzazione agli adolescenti sul tema dell’Hiv/Aids. Il mio compito, insieme al team con cui opero, è quello di raggiungere il maggior numero di giovani possibili, per informarli, ma anche per convincerli a fare il test e a seguire il trattamento se sieropositivi, oltre che seguire gli aspetti clinici del progetto. Purtroppo ancora oggi, in Africa ancor più che in Italia, l’Hiv ha forti ripercussioni sulla vita sociale delle persone, oltre che sulle condizioni di salute, ma molto spesso non si sa abbastanza sul tema. Il nostro compito è proprio far capire ai giovani che la prevenzione è fondamentale, ma anche che non bisogna vergognarsi di essere sieropositivi, né abbandonare la terapia, cosa che troppo spesso accade. Una persona su dieci in Mozambico è sieropositiva e l’età media del paese è di 17 anni: molto spesso quindi i sieropositivi sono giovani o giovanissimi, spesso ragazze: non possiamo lasciare sole queste persone». Nel corso del 2016, oltre 54.000 adolescenti sono stati coinvolti dalle attività di sensibilizzazione sull’Hiv/Aids sviluppate nella rete di consultori in cui è presente Medici con l’Africa Cuamm: di questi, 20.085 hanno fatto il test e 555 sono risultati sieropositivi. 601 invece i bambini riportati al trattamento dopo l’abbandono.

«Ogni volta che vado in Africa sono felice di partire, perché sento di poter fare il mio lavoro al meglio, prendendomi cura delle persone prima di tutto» confessa Liliana, che si aggiunge a una lunga lista di medici e professionisti della cooperazione che negli anni sono partiti dalla Lombardia per l’Africa: 22 sono quelli oggi impegnati sul campo e oltre 210 quelli partiti nei 65 anni di storia di Medici con l’Africa Cuamm. Molti di questi continuano a essere attivi sul territorio, animando i gruppi di appoggio in diverse città: Milano, ma anche Lecco, Cremona, Varese e Bergamo.

Progetti per il futuro? «Al momento voglio completare l’anno in Mozambico nel progetto che mi è stato affidato, poi non so ancora cosa farò… ma credo che in Africa, sul campo, oppure dall’Italia, in una organizzazione per la cooperazione, la mia strada sarà quella di lavorare a favore dei Paesi in via di sviluppo».

Medici con l’Africa Cuamm
Nata nel 1950, Medici con l’Africa Cuamm è la prima Ong in campo sanitario riconosciuta in Italia e la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane. Realizza progetti a lungo termine in un’ottica di sviluppo, intervenendo con questo approccio, anche in situazioni di emergenza, per garantire servizi di qualità accessibili a tutti. Oggi Medici con l’Africa Cuamm è impegnata in 7 paesi dell’Africa sub-Sahariana (Angola, Etiopia, Mozambico, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania, Uganda) con oltre 1.600 operatori sia europei che africani; appoggia 19 ospedali, 45 distretti (per attività di sanità pubblica, assistenza materno-infantile, lotta all’Aids, tubercolosi e malaria, formazione), tre scuole infermieri e un’università (in Mozambico).

a cura DI LELLA FONSECA

In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute? Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!