Si è spento la scorsa Primavera all’età di 92 anni nella sua casa di Bergamo Alta, circondato dall’affetto della famiglia. Molti bergamaschi hanno conosciuto e apprezzato il dottor Piersandro Gualteroni come medico di famiglia di grande umanità, medico condotto, com’era definito il suo ruolo quando cominciò la professione, che ha sempre esercitato come una missione, non come un lavoro. Abbiamo incontrato i figli del dottore, Marinella, Umberto e Daniela, che hanno accettato il nostro invito a raccontare la figura del padre, con la semplicità che l’ha sempre contraddistinto e che ha insegnato anche a loro.

LA VALIGETTA SEMPRE PRONTA
Per il dottor Gualteroni non ci sono mai stati orari, il telefono suonava anche di notte o la domenica e lui non esitava a prendere la valigetta e correre dove lo chiamavano. «Soprattutto nei primi anni della sua carriera la specializzazione in medicina non era quella attuale, non esisteva la guardia medica e per il medico condotto era normale affrontare situazioni di ogni tipo, da un parto inatteso a medicazioni d’emergenza. A volte le chiamate arrivavano anche dalle carceri, di cui è stato il medico incaricato per parecchi anni, dove ad esempio succedeva che un detenuto ingoiasse una forchetta o si provocasse delle ferite» ricorda il figlio. «Nonostante l’impegno della professione però è stato sempre un padre presente. Passava molto tempo in studio o in giro per le visite, ma nei momenti cruciali c’era, vicino ai figli e ai nipoti».

MEDICO DEL CORPO E DELL’ANIMA
Al di là della competenza professionale, una rara dote del dottor Gualteroni era sapere ascoltare senza giudicare. Prima di entrare negli aspetti strettamente sanitari conversava sempre con i pazienti e cercava di capire a fondo quale problema potesse avere la persona che gli stava davanti, dava importanza al dolore dell’anima quanto a quello del corpo. Questo creava un profondo rapporto umano con i suoi assistiti. «Al suo funerale in Duomo in Città Alta c’era moltissima gente, tutti noi ci siamo stupiti del numero di persone intervenute e del fatto che ne conoscevamo pochissime. Anche se da anni ormai era in pensione sono stati veramente tanti i pazienti che sono venuti a dargli l’ultimo saluto» ricordano i figli.

L’ATTENZIONE PER I DETENUTI
L’attività di medico carcerario, parallela a quella di medico di famiglia, è iniziata a Sant’Agata in Città Alta ed è proseguita quando la casa circondariale è stata spostata in via Gleno. Il dottor Gualteroni rifiutava la scorta, entrava sempre solo nelle celle: a quell’epoca non c’era un’equipe sanitaria e operava quindi senza collaboratori. Nel 1979 il suo studio fu attaccato da un commando di tre terroristi. Il bersaglio era il medico, ma un carabiniere in divisa, che era presente in sala d’aspetto con il figlio, per fermarli fu colpito a morte. Correvano gli “anni di piombo”, due mesi dopo fu lanciato un pacco bomba all’ingresso dell’abitazione del direttore della casa circondariale Rocco Trimboli. I terroristi avevano scelto il dottor Gualteroni per quello che rappresentava istituzionalmente, non per motivi personali, ma questo fatto tragico lo segnò profondamente. Dopo l’attacco molti detenuti vollero testimoniare al medico la loro solidarietà, era molto benvoluto nell’ambiente carcerario. La sua profonda fede cristiana gli faceva credere nella possibilità di redenzione per qualunque essere umano. «Succedeva che, una volta scontata la pena, i detenuti venissero a cercarlo in studio o a casa per chiedere aiuto o consiglio» testimoniano i figli.

LA PENSIONE E IL VOLONTARIATO
Quando giunse l’età della pensione Piersandro Gualteroni era ancora molto attivo e cominciò a dedicarsi al volontariato presso la casa Raphael di Torre Boldone: una casa alloggio ad alta integrazione sanitaria, nata dalla collaborazione tra l’Associazione Comunità Emmaus e la Diocesi di Bergamo per l’assistenza a persone affette da AIDS, anche in condizioni di parziale o totale non autosufficienza. Soprattutto in questo difficile contesto la sua esperienza professionale e umana, maturata in una vita intera dedicata a prendersi cura dei pazienti, sono state preziose.

a cura di Lella Fonseca

In questa rubrica
gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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