Intervista al medico fisiatra che espone i suoi quadri sui tabelloni pubblicitari e nei parchi.
Quando li vedi per la prima volta resti un po’ perplesso. Non riesci infatti a capire quale prodotto pubblicizzino. Sono infatti delle gigantografie, anche nove metri per tre, incollate ai cartelloni pubblicitari ai margini delle strade o nei parchi. Ce ne sono (o sono stati esposti) dappertutto, a Bergamo, a Milano, a Messina, a Genova, a Ravenna e in tanti paesi dell’hinterland. Comunque ti fermi un attimo a guardarli e noti una scritta: “www.comunicarte.com”. Il giallo lo risolvi andando in Internet e aprendo la pagina dedicata. E così scopri che non si tratta di pubblicità ma di un nuovo tipo di arte. L’autore è un medico, Domenico Palumbo, 55 anni, che abita a Lurano e lavora come fisiatra all’Habilita di Zingonia e di Bergamo. Lo incontriamo alla fine delle visite in studio. E ci racconta la sua storia. Ci parla del messaggio che con le sue opere sui cartelloni pubblicitari vuole far arrivare a tutti.

«Ho cominciato a dipingere a 15 anni frequentando le botteghe, allora si chiamavano ancora così, dei pittori di Vimodrone dove sono nato. Lì ho imparato le varie tecniche. La mia passione è cresciuta frequentando la facoltà di medicina dove ho scoperto la sofferenza degli ammalati, i loro corpi devastati dalla malattia e ho cercato di tradurli a fini espressivi. Ho dipinto queste emozioni nei miei quadri che esponevo nelle mostre. Così fino al 2003, quando un incendio nel magazzino della mia abitazione a Lurano incenerì tutte le mie opere. È stato allora che mi sono rifiutato di dipingere su superfici solide. Ho scelto un’altra strada: fotografavo le mie opere e poi le distruggevo. Numeravo le foto, le mettevo in un file. Fotografavo i particolari, li ingrandivo e così nasceva un altro quadro, un’altra dimensione. La svolta, la decisione di portare l’arte in strada è arrivata qualche anno dopo quando mi sono accorto che nelle gallerie c’erano poche persone mentre fuori, per strada, c’era tanta gente» continua il dottore. «E allora mi sono chiesto perché non portiamo l’arte fuori? È il tentativo di svincolarsi da spazi ristretti, asfittici, poco fruibili e accessibili a pochi. Per me l’arte deve essere a disposizione di molti se non di tutti. Per questo gli artisti dovrebbero cercare nuove strade per comunicare trascendendo l’usuale e vetusto concetto di area espositiva. E ho pensato ai parchi e ai cartelloni pubblicitari. La pubblicità stradale può essere considerata l’estensione sociale per eccellenza della convenzionale galleria d’arte. L’arte diventa così ricchezza della comunità a disposizione di tutti. Non è necessario essere esperti di arte: il messaggio raggiungerà quanti sono in grado di osservare e utilizzare le proprie sensibilità percettive come chiave di lettura personale. L’emozione derivante aprirà il nuovo canale comunicativo fra l’artista e l’osservatore per quanto occasionale posso essere».

E il dottor Palumbo si mette alla ricerca di questi nuovi spazi espositivi. Li trova grazie a una società di Trezzo sull’Adda che gestisce proprio i tabelloni pubblicitari. E ottiene di poter utilizzare i tabelloni per esporre le proprie opere in formato maxi quando però non sono occupati dalla pubblicità. E cominciano le installazioni. “Farfalle notturne” davanti l’Oriocenter sostituita dopo due anni da “Mondo destrutturato”. Poi a Segrate, a Vaprio d’Adda, a Genova, a Milano, a Ravenna, nel parco di Cologno al Serio, nella pista ciclabile tra Lurano ed Arcene, dove però alcuni pannelli vengono danneggiati da vandali, al parco Caprotti e alla Trucca a Bergamo. Ma qual è la tecnica per realizzare queste opere? «Prima di tutto il disegno su carta, poi uso la macchina fotografica digitale» ci spiega il medico-artista. «Quindi gli scatti vengono ritagliati e assemblati in un collage. Di nuovo fotografati e manipolati con la saturazione del colore e la variazione dell’intensità della luce per creare forti contrasti cromatici. A questo punto c’è la stampa in PVC o in policarbonato e si è pronti per posizionarli sui tabelloni pubblicitari». Per queste sue opere il dottore non ha alcun compenso. Anzi, come è già successo, fa anche beneficenza. Una sua opera, una volta disinstallata è diventata un progetto a sostegno dell’Associazione Paolo Belli per la lotta alla leucemia. Il telo in PVC è stato tagliato e utilizzato per fare borse uniche messe in vendita per la Paolo Belli. L’ispirazione per le sue opere il dottor Palumbo la prende dalla realtà, osservando la gente comune, gli insetti, le farfalle. Addirittura per la mostra a Parco Caprotti ha fotografato alcune farfalle custodite al Museo di Scienze di Città Alta e ha manipolato le immagini rendendole protagoniste di un quadro eccezionale. «Ora però la mia ispirazione ha come tema principale l’introspezione, il recupero dell’uomo dopo un periodo in cui non l’ho considerato». Così sono nate opere come “I dubbi del padre” (nove metri per tre) in cui l’autore si interroga sull’eredità genetica e quella etica, che è stata per mesi in via Grumello, “Piena avvertenza” in cui un giovane tenta con una fionda di colpire una farfalla, “Fuga da…”, “Guardare attraverso”, esposte sui tabelloni pubblicitari in viale Forlanini a Milano.

a cura di LUCIO BUONANNO