La storia del dottor Arioli, audioprotesista di Grumello del Monte, che ha ridato l’udito e la parola a decine di bambini pakistani
«È un’esperienza indimenticabile. Aiutare i bambini pakistani a riacquistare l’udito e la parola mi ha cambiato la vita». Chi parla è il dottor Stefano Arioli, audioprotesista di Grumello del Monte, che da tre anni va nelle zone più sperdute del Pakistan ad applicare gli apparecchi acustici ai tanti ragazzi con gravi patologie uditive.
«È commovente vedere tornare il sorriso sui volti di quei piccoli che hanno tanto sofferto per la guerra, per gli attentati dei talebani come l’eccidio di 132 studenti del dicembre scorso a Peshawar. Questi bambini soffrono anche perché sono messi al bando dai genitori. Le loro famiglie sono numerose e un figlio con malformazioni viene lasciato in disparte. Quando però sono tornati a sentire, le famiglie li hanno nuovamente accolti. Grazie alle protesi hanno migliorato la loro capacità di comunicazione e hanno ritrovato il sorriso. Ed il loro è un sorriso contagioso. Ti riempie di gioia, ti apre il cuore, ti fa dimenticare tutto. Anche se il problema riguarda migliaia di bambini nati da matrimoni tra cugini consanguinei che generano un’altissima percentuale di neonati con patologie varie: dall’ipoacusia alla cofosi, piccoli ipovedenti o menomazioni fisiche e ritardi mentali».
In tre anni il dottor Arioli ha curato una sessantina di bambini, 27 solo alla Jan School di Swabi con la quale collabora l’associazione Children First Onlus di cui è presidente Sylvia Eibl, madre di sette figli, che vive a Varese. «È stata proprio Sylvia a contattarmi tre anni fa» racconta il dottor Arioli che è responsabile della sede del “Centro Audioprotesico Lombardo” di Milano. «Un giorno mi arriva una sua telefonata. Vuole informazioni sugli apparecchi acustici e mi chiede se ho delle protesi usate di cui vorrei disfarmi. La incontro la settimana dopo e mi spiega che vorrebbe risolvere i problemi uditivi di 35 bambini ipoacusici in un villaggio a due ore e mezzo dalla capitale Islamabad. Mi fa vedere gli esami audiometrici di tutti i bambini tra i quattro e i tredici anni. Per 27 di loro le perdite erano gravi ma risolvibili con due apparecchi potenti. Ma dove avrei potuto trovarli? Tante domande mi frullavano per la testa. Sembrava impossibile, gli apparecchi sono costosi. Pensavo che sarebbe stato impossibile e anche se ci fossi riuscito come avrebbero fatto a Swabi a realizzare gli auricolari su misura per ogni bambino? Neanche io ne avevo mai fatto uno, prendo semplicemente il calco e li faccio realizzare da aziende specializzate. Ma la sfida mi esalta e accetto. Nei mesi successivi avviene una specie di miracolo. Il direttore della Widex Italia Carlo Martinelli fornisce l’intero fabbisogno, Claudio Paganelli della Horentek accetta di insegnarmi a realizzare gli auricolari su misura e un caro amico Bruno Mocchi stanzia una genererosissima donazione che permetterà la realizzazione del progetto».
E così si parte per il Pakistan, per Swabi. Con Arioli c’è la presidente Sylvia. «Appena uscito dall’aeroporto di Islamabad mi sembra di essere in un altro mondo. I vestiti, gli odori e la confusione sono surreali. Come la guardia armata che mi mette a disagio. Una cosa è leggere di certe situazioni rischiose e un’altra è vedere al tuo fianco un uomo armato di fucile che ti protegge. Poi scopro a Rawalpindi un quartiere che noi chiameremmo “discarica”. Lì abita Obaid un bimbo senza braccia perché giocando ha toccato un cavo dell’alta tensione bruciandosele entrambe e poi sono state amputate. Il giorno dopo siamo alla scuola di Swabi. In quattro giorni, grazie anche a due collaboratori del posto, riesco a fare gli auricolari per tutti i bambini. Sono emozionato e ancora di più quando veniamo accolti da abbracci e sorrisi che mi scaldano il cuore. Tutti i 27 bambini hanno le protesi e ora riescono ad avvertire nuovi suoni e parole, i loro occhi si illuminano. Quegli sguardi non li dimenticherò mai per tutta la vita».
Si ritorna in Italia e il dottor Arioli racconta alla moglie Carmen e alla figlia Veronica la sua esperienza in Pakistan e insieme decidono di adottare a distanza una bambina di sei anni: Sadro che viveva in una discarica. La piccola, di origine afgana, ora è alla FEHP “Food-Education-Home-Project” di Muzaffarabad, un altro progetto di Children First in Pakistan dove si prendono cura dei cosiddetti “Bambini dell’immondizia”. Sadro aspetta ogni anno con ansia il suo papà adottivo. «Per questi bambini la situazione è davvero drammatica. Spesso sono orfani di padre e la madre, alla morte del marito, viene ripudiata e non ha possibilità di lavorare. Bambini che crescono da soli, senza una carezza, senza un gesto d’amore».
Ogni anno Arioli torna in Pakistan per controllare e sostituire o modificare gli apparecchi acustici. I bambini gli fanno una grande festa, anche Sadro. Ogni volta porta dei regali, ma scopre altri drammi, altre tragedie, come i due giovani sposi cristiani di Lahore accusati ingiustamente di aver bruciato un Corano e a loro volta picchiati a morte e bruciati da un gruppo di estremisti. O come il racconto di uno studente sopravvissuto all’eccidio di Peshawar, dove il 16 dicembre 2014 i talebani uccisero 132 ragazzi e 13 adulti nella “Public Army School”. «Un racconto terribile che ti lascia il segno. È salvo per miracolo ma ha una mano inutilizzabile. I nervi sono stati lesionati da una pallottola mentre i suoi vicini di banco sono stati devastati dai proiettili e hanno perso la vita. Nei suoi occhi c’è il terrore. Ho pianto tanto. Adesso cerchiamo di aiutare questi ragazzi portandoli in Italia per allontanarli per qualche settimana dai loro incubi. Intanto il governo ci ha chiesto di aiutare anche i bambini di altre scuole. Un impegno difficile senza l’aiuto concreto di filantropi. Finora abbiamo utilizzato i fondi della Children First. Ma continueremo nei nostri progetti. Quei bambini hanno bisogno di noi e noi di loro. Ormai li consideriamo nostri figli».
Una vacanza in italia per dimenticare l’eccidio di Peshawar
Non è stato facile avere le autorizzazioni dal governo pakistano, ma quattro studenti scampati all’eccidio di Peshawar del 16 dicembre dell’anno scorso potranno dimenticare per qualche settimana l’incubo che ancora li attanaglia, ospiti qui in Italia di “Children First Onlus”. L’Associazione fondata nel 2003 a Varese da Sylvia Eibi, che ne è la Presidente, ha come obiettivo alleviare gli stenti dei bambini in diversi Paesi del mondo e portare aiuti concreti, cercando di migliorare le condizioni di vita di tanti bambini bisognosi. Molte le iniziative: aiuto medico e nutrizionale; riabilitazione tramite apparecchiature terapeutiche quali protesi artificiali; assistenza educativa, sociale e nutrizionale per i bambini che vivono per strada o nell’immondizia, adozione a distanza di bambini orfani nelle montagne pakistane del Kashmir vittime del terremoto del 2005, bambini dell’immondizia e di strada a Muzaffarabad sempre nel Kashmir e bambini di Bila Tserkva in Ucraina. Per saperne di più www.childrenfirst.it