Buona acquaticità, prudenza e rispetto delle regole di immersione e della decompressione: sono questi i fondamentali cardini da rispettare quando ci si immerge. 
Fluttuare senza gravità, come succede quando ci si immerge sott'acqua, è una delle esperienze più straordinarie che si possano vivere. A patto però che sia fatta in sicurezza, con l'adeguata preparazione psicofisica e il giusto rispetto del mare. Praticare attività subacquee a scopo ludico-ricreativo, sportivo o lavorativo, presuppone attenzioni per il fatto che ci si trova in un ambiente per noi non naturale e in condizioni fors’anche estreme per pressioni, temperature, luminosità, spazio vincolato (grotta e relitti). Per ridurre i pericoli è necessario essere consci delle nostre vulnerabilità e delle regole di prudenza, perizia, diligenza e di corretta conduzione dell'immersione e soprattutto della risalita. È necessario essere consapevoli delle caratteristiche di variabilità delle condizioni meteomarine e delle correnti sul sito di immersione, oltre che delle nostre condizioni di salute, conoscenze teoriche di fisiologia dell'immersione, grado di addestramento ed esperienza subacquea in relazione alle profondità e tipologie dell’immersione. Ogni immersione deve essere rigorosamente programmata in tutti i dettagli e compatibile con le condizioni e il grado di esperienza di ogni sub. Il rischio è incorrere in una delle diverse patologie da decompressione quasi sempre correlate a errori dei subacquei, pertanto quasi sempre evitabili.

Una questione di velocità...
Una risalita rapida e incontrollata, in gergo "pallonata", può causare patologie da sovradistensione/lesione di organi cavi a contenuto gassoso (polmone, stomaco, colon etc.) e di aeroembolismo arterioso gassoso. Questo comportamento negligente può essere evitato solo con adeguata preparazione psicoattitudinale e con opportune procedure di reazione agli imprevisti volte a evitare l’istintiva pulsione a risalire rapidamente. Oltre a queste malattie rimane la cosiddetta malattia dei “cassoni” o malattia da decompressione, che sopraggiunge nelle fasi finali o dopo qualche ora dall’immersione. Si verifica quando non si rispetta un’adeguata velocità di risalita o le tabelle di decompressione o, più raramente, per aver effettuato degli sforzi durante o a fine immersione o per essersi esposti a condizioni ipobariche (volo aereo/elicottero o transito in valichi di montagna entro le prime 6-12 ore dall’uscita dall’acqua).

... e di pressione
Quando si scende i gas presenti nell'organismo, all'aumentare della pressione atmosferica, si disciolgono nei tessuti (ogni dieci metri di profondità la pressione aumenta di un’atmosfera). Quando si risale dal fondale verso la superficie, rispettando una corretta velocità di risalita, avviene la reazione opposta: i gas disciolti nei liquidi di tutti i tessuti dell’organismo si liberano, ma in forma molecolare, passano nel sangue e vengono liberati dai polmoni con l’espirazione. Se però la velocità di risalita è troppo rapida o la quota di gas disciolti è maggiore (per aumentata attività fisica), si libererà nell’organismo gas in forma di macroaggregati cioè bolle (è come quando si stappa una bottiglia di acqua gassata: il gas che prima era solubilizzato nel liquido, e quindi invisibile, si libera in bolle ben evidenti). Queste bolle innescano reazioni patologiche infiammatorie nei tessuti, come da corpo estraneo, causando dolori e/o alterazioni della sensibilità e/o paralisi degli arti, e possono continuare ad aumentare in dimensione per ulteriore aggregazione e dilatazione al diminuire delle pressioni dell'ambiente, con peggioramento della sintomatologia. L’innesco di questa patologia è molto spesso correlato a un errore nella conduzione/gestione dell'immersione: non sono infrequenti casi di tempi di risalita accorciati negligentemente per esaurimento dell’aria nelle bombole o per maggiore solubilizzazione dei gas nei tessuti (per immersioni in acque particolarmente fredde o aumentata attività fisica in fase di immersione o contusioni dei tessuti in cui vengono alterate le caratteristiche di permeabilità all’azoto). La cura consiste nella ricompressione terapeutica, con o senza respirazione arricchita di ossigeno, in camera iperbarica.

Tutto parte dalla testa
Gli incidenti subacquei e le patologie da decompressione sono un'evenienza più frequente di quanto si pensi. Talvolta balzano agli "onori" delle cronache quando si verificano incidenti mortali (si ricordano i fatti di Palinuro dello scorso anno o di pochi giorni fa sul Garda) o in seguito a notizie di subacquei morti senza apparente motivo. Per prevenirli la prima regola è essere preparati, non solo fisicamente ma soprattutto mentalmente e affidarsi a operatori di comprovata esperienza e professionalità. Come diceva Duilio Marcante, epico e grandissimo subacqueo italiano, considerato "padre" della didattica subacquea, "...è facile mettere un erogatore in bocca a una persona e portarla sott'acqua, il problema è creare la mentalità giusta…". Solo con l’addestramento si inculca la corretta consapevolezza dei rischi, l’esclusione di comportamenti istintivi generalmente pericolosi, il condizionamento psichico all’attuazione di corrette procedure di risalita e controllo dell’emergenza. Proprio per questo la didattica di Marcante ruotava, per la gran parte, intorno alla creazione di una formazione psicologica grazie alla quale "inibire" in caso di pericoli, la reazione istintiva di raggiungere nel più breve tempo possibile la superficie, pensando di portarsi in salvo.

La prevenzione: calma e prudenza
La prima forma di prevenzione, come detto, è imparare a gestire la risalita, in modo che la diminuzione della pressione sia attuata alle corrette velocità e modalità di decompressione. In caso di "imprevisto" bisogna cercare di risolvere il problema e recuperare la situazione inattesa fermandosi e mantenendo la quota, per poi risalire regolarmente secondo i corretti profili di decompressione o applicando i dettami dei computer subacquei, eventualmente effettuando una sosta aggiuntiva di qualche minuto a meno tre metri di profondità. Ovviamente prima di immergersi è fondamentale sottoporsi a una visita di idoneità per individuare eventuali fattori di rischio e patologie che potrebbero essere "stressate" dall’esecuzione di attività subacquea. Bisogna programmare zelantemente ogni aspetto dell'immersione (logistica, condizioni meteomarine), mai immergersi da soli ma sempre in coppia e attivare autocontrolli reciproci, curare la preparazione tecnica e pratica di ogni subacqueo del gruppo, creare gruppi e coppie omogenei, verificare e fare manutenzione dell’attrezzatura, diffidare di diving improvvisati e mai avere fretta, ricordando che l’immersione e i fenomeni dell’organismo a essa connessi perdurano e continuano anche fino a dodici ore dall’uscita dall’acqua.

A cura del dottor Ugo Pani
Responsabile del servizio di Medicina Iperbarica della Casa di Cura Habilita di Zingonia