Filippo Gatti fa parte di un’equipe medica della Croce Rossa Internazionale: «Cento posti letto per mille feriti»
“Tesi” e “complicati”. È con questi termini che Fabrizio Carboni, direttore del comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) per il Medio Oriente, descrive queste settimane a Gaza. I suoi colleghi e colleghe hanno operato per la liberazione di ostaggi israeliani e di 150 prigionieri palestinesi incarcerati in Israele. Secondo Carboni, è grazie alla capacità del Cicr di stabilire dei “rapporti di fiducia” con tutte le parti in conflitto che l’organizzazione con sede a Ginevra può condurre, come ha fatto molte volte in passato, operazioni così delicate. Questa fiducia, spiega, si basa sulla promessa «che resteremo neutrali. Non faremo commenti sulla situazione politica. Non prenderemo posizione sulle ragioni per cui si combatte o sul diritto di utilizzare la forza».

A Gaza c’è anche il mozzese Filippo Gatti, infermiere della Croce Rossa Internazionale. Con un master in Medicina tropicale e salute internazionale conseguito all’Università di Brescia, dal 2006 è impegnato in missioni nelle zone di guerra oppure in paesi poveri: dal Sud Sudan al Sudan, dalla Sierra Leone all’Afghanistan, fino al Messico. Gatti, come racconta Dino Ubiali su PrimaBergamo, è all’interno di una squadra composta da un chirurgo plastico, uno ortopedico, un anestesista, un infermiere di sala operatoria e uno di reparto, lui che figura come coordinatore di questo “Rapid Deployment Team”. Lo accompagna anche un’infermiera bergamasca, Silvia Mandelli, coordinatrice sanitaria. A lei il compito di accogliere due donne rilasciate da Hamas lo scorso 24 ottobre a Rafah.

Quella di Filippo Gatti è una scelta di vita: a un certo punto ha deciso di mollare il suo posto fisso in ospedale per dedicarsi totalmente alle missioni umanitarie. «Ho sentito la necessità di mettermi in gioco in qualcosa di più grande, lontano dalle dinamiche della sanità italiana», ha spiegato. Da allora, al grido di «questa è la mia vita e io voglio viverla con la banale e infantile illusione di essere utile al prossimo», collaborando con la Croce Rossa Internazionale e con Emergency, ha prestato la sua opera in Sudan, Sierra Leone e Afghanistan. Tra miseria, guerre e tante difficoltà. Per aiutare le persone e… tanti bambini.

A Khan Yunis, a circa quaranta chilometri a sud dal centro di Gaza, «viviamo in rifugi, zone sicure, che hanno anche delle aree sotterranee dove abbiamo trovato ad attenderci lo staff locale alloggiato con le famiglie». Mentre parla in collegamento audio si sentono volare droni F35 e F16 dell’aviazione israeliana. Ogni tanto ci sono anche delle esplosioni.

«Il mio ruolo - spiega - è di coordinatore medico del team chirurgico, sia per la parte amministrativa che per il dialogo con le autorità dell’ospedale. Mi adatto anche al ruolo infermieristico per necessità, la situazione è molto critica».

«In quasi tutti gli ospedali che ho visitato ci sono Idps (Internally Displaced Persons, civili costretti a fuggire da guerre o persecuzioni), quindi persone che hanno perso la casa o che non si sentivano sicuri nella propria e che si sono trasferiti dentro i compound degli ospedali, che in teoria non dovrebbero essere target, bivaccando nei corridoi e nei giardini perché si sentono più protetti – aggiunge Gatti –. Questo complica un po’ il lavoro nelle strutture ospedaliere, che sono super piene, dove ci sono cento letti occupati al duecento per cento, magari con mille pazienti».

Ci sono tantissimi pazienti con traumi multipli, altri ricoperti dal trenta al quaranta per cento da ustioni. E ovviamente, ancora, numerosi bambini ricoverati, perché all’interno della Striscia di Gaza il 48 per cento della popolazione è sotto i quindici anni. «Infatti se ne vendono moltissimi, anche in ospedale, ustionati, con politrauma o fratture. Le terapie intensive strapiene fortunatamente, se così si può dire, avevano potenziato la presenza di ventilatori in periodo pandemia, perciò sono state riattivate le unità Covid. Il problema maggiore è che con la carenza di farmaci, sedativi e antidolorifici non si sa come sarà possibile mantenere il sistema». 

A cura di Claudio Gualdi

In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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