La pluricampionessa olimpica si è raccontata a 360 gradi alla Biblioteca dello Sport di Seriate.

Ha saputo vincere anche le sfide più ardue, nei suoi 36 anni di carriera agonistica ai massimi livelli, conclusa nel 2016 all’età di 42 anni. Ma non è solo in pedana che Valentina Vezzali, una delle più grandi schermitrici della storia italiana, si è fatta valere. Ha saputo dimostrare, tra l’altro, che si può salire sul podio senza rinunciare al diritto di essere mamma. «A 18 giorni dal primo parto ho ripreso ad allenarmi tutti i giorni. Avevo già deciso che dopo quattro mesi sarei stata ai Mondiali e lo stesso è successo a 80 giorni dal secondo parto. In entrambi i casi ho conquistato grandi vittorie».

Ci sono fatica, impegno, carattere e lucidità alla base di questi risultati. La pluricampionessa olimpica di Jesi, oggi quarantanovenne, ne ha parlato alla Biblioteca dello Sport “Nerio Marabini” di Seriate in occasione della presentazione del libro che le ha dedicato il giornalista bergamasco Paolo Marabini, “La regina del fioretto” (Bolis Edizioni).

Nessuna atleta italiana ha vinto tanto quanto lei. Per 500 settimane è stata la numero uno del ranking mondiale. Cinque le Olimpiadi a cui ha partecipato, da Atlanta 1996 a Londra 2012. Solo nel Regno Unito, dov’era portabandiera dell’Italia, si è dovuta fermare al bronzo. Sei gli ori totali. È sempre stata una vincente nello spirito: soprannominata “cobra”, ha spiegato la sua filosofia fatta di uno sguardo costantemente posato oltre l’orizzonte, mai sazio.

Se Valentina è arrivata dove è arrivata molto lo deve alla sua tenacia e passione, ma anche al suo maestro Ezio Triccoli, noto anche per aver elaborato un nuovo stile di scherma usando le canne di bambù, in un campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Dalla sua scuola di Jesi sono nate tante campionesse olimpiche, tra cui anche Valentina. Fin da piccola era chiaro che sarebbe diventata una vincente: non accettava di concedere nemmeno un punto. Una fame di vittoria che ha portato Marabini a paragonarla a Eddy Merckx, forse il più forte ciclista di sempre, noto per non aver mai concesso nulla agli avversari. Accanto a lui, una figura cruciale nella carriera di Valentina è stato suo padre. «Molto lo devo a lui, che mi seguiva in ogni allenamento e con cui mi confrontavo ogni sera. Ricordo la mia prima partecipazione al Gran Premio Giovani quando, appena concluso il torneo con una vittoria, non ho fatto in tempo a prendere in mano la medaglia che ha iniziato a farmi roteare. Purtroppo è scomparso quando avevo 15 anni a causa di un brutto male, tuttavia grazie allo sport sono riuscita a riprendermi e una settimana dopo ero nuovamente in pedana a Lisbona a vincere il mio primo titolo mondiale Under 17».

Fondamentali per rimanere così a lungo ad altissimi livelli sono stati anche l’alimentazione e lo stile di vita, che ancora oggi per lei rappresentano due elementi imprescindibili per stare bene. «Quando ho smesso di gareggiare, dopo 36 anni di carriera, ho sentito il bisogno di fermarmi e di prendermi una pausa dallo sport» svela. «Nel giro di poco tempo, però, ho sentito il bisogno di tornare a fare attività fisica, anche se in modo diverso. Oggi mi piace andare a correre o in palestra a fare pesi almeno due o tre volte a settimana, ma la vivo come una coccola. Un modo per prendermi cura di me, staccare dagli impegni quotidiani. Tutte le donne dovrebbero farlo, soprattutto dopo i 45 anni: lo sport aiuta a vivere meglio e a sorridere di più. Anche l’alimentazione è sempre fondamentale per un atleta. Io ho sempre mangiato in maniera equilibrata e leggera, facendo piccoli e frequenti pasti. Questa è un’abitudine che ho mantenuto anche dopo il ritiro. Chiaramente quando sei in attività spesso devi integrare con magnesio, potassio e soprattutto ferro, che mi ha aiutato in gravidanza». Ovviamente non manca lo spazio per qualche sgarro. «Quando mia mamma (ndr. di Reggio Emilia) prepara l’erbazzone o lo gnocco fritto non resisto!» confessa.

Anche ora che non calca più le pedane della scherma, Valentina è rimasta legata al mondo dello sport impegnandosi in particolare nell’educazione allo sport delle giovani generazioni. A marzo del 2021 è stata nominata sottose-
gretario con delega allo Sport all’interno del Governo Draghi, incarico che ha mantenuto fino a settembre dello scorso anno. «Praticare sport fin da piccoli vuol dire non solo investire sulla salute psicofisica degli adulti di domani, ma anche insegnare loro il significato più profondo di valori fondamentali come l’impegno, il sacrificio, il rispetto delle regole e dell’altro, compagno o avversario che sia. Lo sport è per sua natura antidoto contro il razzismo e rappresenta lo strumento più semplice di socializzazione e di inclusione sociale». 

A cura di Claudio Gualdi
PH © Michele Meraviglia