L’anno appena trascorso è stato memorabile. La bergamasca Sara Conti insieme con il suo compagno di pattinaggio e fidanzato Niccolò Macii ha vinto il Campionato italiano di figura e la medaglia di bronzo nella finale del Gran Prix 2022-2023, primo storico podio azzurro nella specialità a coppie. Una vera e proprio impresa. Inoltre, sempre insieme sul ghiaccio e nella vita hanno conquistato la medaglia d’argento nel Mk John Wilson Trophy, quella di bronzo allo Stage Canada International. Ma il 2023 si è aperto con un successo ancora più clamoroso: il titolo europeo di figura in Finlandia pattinando sulle note di “Nuovo Cinema Paradiso” e battendo un’altra coppia italiana, Rebecca Ghilardi di Pedrengo e Filippo Ambrosini di Vicenza, che come i campioni si allenano all’IceLab di Bergamo. Un trionfo, visto che nelle 116 edizioni dei Campionati europei nessun nostro atleta era arrivato a tanto. Sara Conti e il suo compagno sono raggianti. Ma chi è la nostra campionessa che abita a Zanica e gareggia per IceLab Bergamo sotto la guida dell’allenatrice Barbara Luoni? Sara è nata il 2 agosto del 1980 da Tommaso, romano, ex questore vicario di Bergamo scomparso nel 2020 per il Covid, e mamma Giuliana di origine pugliese. Ha studiato all’Isis Mariagrazia Mamoli di Longuelo dove si è diplomata come operatore sociosanitario quattro anni fa, frequentando però i corsi serali dalle 18 alle 23 perché la mattina e il pomeriggio era impegnata con gli allenamenti sul ghiaccio e al pomeriggio in palestra. «È stato faticoso» ci racconta mentre è in casa con il suo Niccolò «ma ce l’ho fatta nonostante il Covid che nel marzo del 2020 ha portato via mio padre e ha colpito anche me».

La passione per il pattinaggio nasce quando Sara ha solo 4 anni e mezzo. «Eravamo in vacanza in Francia con i miei genitori e ho scoperto per la prima volta una pista di ghiaccio. Mi è piaciuta» racconta. «Poi, tornati a Zanica ho visto che c’era la possibilità di andare a pattinare a un minuto e mezzo da casa. E da allora non ho più smesso. È uno sport dispendioso, tante spese, ma è quello che volevo fare. Una vera passione che ho trasformato in lavoro non ancora decentemente retribuito. Eh sì, si fa fatica ad avere degli sponsor, è vietato mettere loghi sui costumi di gara o sulle tute. La Federazione ci dà un piccolo contributo. Il sogno è di poter essere inserita in qualche gruppo militare, Fiamme Gialle, Polizia, Aeronautica. Questo ci farebbe vedere il futuro più roseo e senza problemi economici. Comunque mi arrangio. Dopo gli allenamenti nel pomeriggio faccio da istruttrice ai bambini che frequentano l’IceLab».

Insomma, rispetto a tanti altri atleti ci si sente un po’ da Serie B. «Direi da Serie C» commenta Sara. «Ma ora, dopo i nostri successi, abbiamo la consapevolezza di essere competitivi, anche se russi, americani e giapponesi hanno un altro passo».

Sara ha esordito nel pattinaggio singolo nel 2015 con un secondo posto al “Trofeo Internazionale Giovani Tricorno” e aveva grandi prospettive. «Forse ero una delle più forti» dice «ma ho smesso perché ci voleva una muscolatura potente, mentre in coppia sono più importanti gli allungamenti che la potenza e il ritmo». A proposito di muscoli qualche acciacco negli anni, come a tanti atleti, le è purtroppo capitato. «Ma sono stata fortunata, ho avuto una distorsione alla caviglia e un’uscita della rotula di un ginocchio che ho risolto in pochi giorni senza problemi e con un correttore». Poi nell’estate di quattro anni fa ha conosciuto Niccolò ed è diventata una coppia. «Vorremmo tanto andare a vivere insieme, ma dobbiamo fare i conti con le nostre risorse. Intanto andiamo avanti ad allenarci e cerchiamo di ottenere i migliori risultati possibili come quello il titolo europeo e la medaglia al Gran Prix, che sono un trionfo per il pattinaggio italiano sul ghiaccio: la nostra Nazionale non aveva mai raggiunto tali risultati, o come il campionato italiano dove ci siamo superati vincendo la medaglia d’oro».

Niccolò è milanese e ha cinque anni più di Sara. «È un ragazzo eccezionale, che va d’accordo con tutti» dice la campionessa. «Ho un’immagine indelebile di lui che cucina con il mio papà a preparare le puntarelle, tipico piatto romano. Amo i piatti romani, i miei preferiti sono la pasta cacio e pepe e la carbonara, ma anche quelli bergamaschi come la polenta taragna. Seguo sì una dieta ma ogni tanto mi tolgo qualche sfizio. D’altronde mangio tanto per recuperare le energie spese tra allenamenti e gare». Alta un metro e 64 per 51 chili di peso, capelli castani tendenti al biondo, Sara ha un solo hobby, cucinare. «Purtroppo non c’è tanto tempo per avere altri interessi visto che tra allenamenti e gare sono, anzi siamo insieme con Niccolò, sempre impegnati. Al massimo riusciamo a frequentare un gruppo di amici, sempre se non siamo impegnati in trasferte». Insomma una vita privata blindata con la mamma Giuliana, che da quando non c’è più il marito non ama più stare da sola, e con Niccolò. «A Natale lui mi ha regalato un anello con una quasi proposta di matrimonio. Ci pensiamo, ma per il momento è presto. Dobbiamo valutare bene. Se dovessimo avere un figlio sarebbe la fine delle nostre competizioni sul ghiaccio. Ma intanto sogniamo di andare a vivere insieme se troviamo un appartamento. Andiamo d’accordo, anche se come tutte le coppie ogni tanto litighiamo, come abbiamo fatto stamani, ma subito dopo facciamo pace. Fondamentalmente non siamo litigiosi. Io ho un carattere un po’ duro. Sono troppo severa con me stessa. Se in allenamento o in gara ho una sbavatura ci rimango male, mi arrabbio molto». Ma Sara è stata paziente e non si è arrabbiata neppure al primo appuntamento con Niccolò. «Mi aveva invitato a una cena a base di sushi ed è arrivato con un’ora e 45 di ritardo». E come al solito per queste occasioni Sara si era messa, come si dice, in tiro, vestito alla moda e trucco. «Prima delle gare» ci racconta «amo farmi il make-up. Ci impiego due ore e mezza prima di scendere in pista e Niccolò è costretto ad aspettarmi». E intanto si tocca la catenina al collo. Un regalo del battesimo. «Che però mi fa sentire vicino al mio papà che non c’è più. E alla mia mamma».

 

A cura Di Lucio Buonanno