Anna (nome di fantasia) è una bambina di sei anni e mezzo che frequenta la prima elementare. I genitori chiedono una consulenza su indicazione delle maestre poiché quest’anno si sono accentuate alcune difficoltà già presenti alla scuola dell’infanzia. Anna è una bambina molto inibita, fatica a prendere parte a momenti didattici collettivi e spesso non si alza neanche dalla sua sedia. Ma l’aspetto più difficile da gestire da parte delle insegnanti riguarda il fatto che Anna a scuola “non parla”. Dietro queste due parole, in realtà, si nasconde molto di più: Anna riesce a comunicare, timidamente e con un tono di voce molto basso, con i compagni. Con le maestre invece parla solo durante le interrogazioni e, quando nei momenti liberi come l’intervallo la maestra le pone qualche domanda, risponde con voce flebile solo se la maestra si china verso di lei, la sfiora con un tocco e le dà tutta la sua attenzione. Al contrario, la mamma racconta che a casa Anna è “un fiume di parole”: “non riesco a farla stare zitta… vuole raccontarci tutto. Parla, ride, canta, e quando si arrabbia urla!”. In casa è esattamente come tutti gli altri bambini, ma probabilmente parla un po’ di più. «La storia di Anna ci racconta di ciò che può accadere a circa un bambino su 140 (il dato è chiaramente sottostimato, poiché molti casi “lievi” rimangono sommersi) e che prende il nome di “Mutismo Selettivo”. L’esordio si verifica tra i due e i quattro anni d’età e interessa maggiormente il sesso femminile» sottolinea la dottoressa Laura Ferla, psicologa.

Dottoressa Ferla, che cos’è il Mutismo Selettivo?
Il Mutismo Selettivo è un disturbo acquisito della comunicazione interpersonale. Si tratta di un disordine dell’infanzia caratterizzato da una persistente incapacità del bambino a comunicare verbalmente in uno o più contesti di vita sociale. Il Mutismo Selettivo è un disturbo d’ansia che deve soddisfare cinque criteri diagnostici:> è presente una costante incapacità a parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli (per esempio a scuola) nonostante il bambino sia in grado di parlare in altre situazioni;
> la condizione interferisce con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale;
> la durata è di almeno un mese (non limitato al primo mese di scuola);
> l’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce o non si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto in una situazione sociale;
> la condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione o da altri disturbi.

Quali sono i segnali che possono farci sospettare la presenza del Mutismo selettivo?
È frequente un’inibizione temperamentale: il bambino manifesta un’estrema timidezza, soprattutto nelle situazioni nuove in cui è richiesta una prima familiarizzazione con l’ambiente. Il bambino prova una forte sensazione di disagio: ad esempio ha timore di essere presentato a persone sconosciute, di divenire oggetto di burla o critiche, di essere messo al centro dell’attenzione, che gli venga chiesto di eseguire una prestazione (ansia sociale). Spesso il disagio in questi bambini è accompagnato da espressioni somatiche: volto inespressivo, postura goffa e rigida, tendenza a evitare il contatto visivo quando sperimentano una forte sensazione di ansia. Hanno un’emotività caratterizzata da preoccupazione eccessiva, tristezza, scoramento e sfiducia nei confronti di se stessi. Appaiono estremamente volubili, con sbalzi di umore; sono spesso inflessibili e testardi. Dal punto di vista comportamentale tendono al ritiro, alla chiusura e all’evitamento di tutte le situazioni sociali che possono generare ansia. Questi bambini, inoltre, hanno un forte bisogno di controllo interno, ordine e struttura: ciò li rende particolarmente resistenti al cambiamento. Si manifestano notevoli difficoltà comunicative e di socializzazione relativamente a contesti circoscritti, nonostante sia molto forte il desiderio di interazione sociale. Talvolta hanno anche un ritardo nello sviluppo, in particolar modo nell’area motoria, comunicativa e nella sfera della socializzazione.

Cosa possono fare i genitori che sospettano il Mutismo Selettivo nei loro figli?
Se i genitori dovessero riscontrare la presenza dei segnali sopra elencati nei propri figli, è bene rivolgersi a un esperto, senza aspettare che i segnali di disagio spariscano spontaneamente. Per arrivare a una “risoluzione” del Mutismo Selettivo spesso sono necessari anni e un intervento precoce garantisce una riduzione dei tempi di lavoro. È essenziale un lavoro di rete bambino-specialista-genitori-insegnanti: soltanto se vi è una sinergia di intenti e modalità, è possibile rendere visibile un cambiamento. Il primo passo è non richiedere al bambino di parlare: dobbiamo togliere dai riflettori la comunicazione verbale, incentivare il più possibile il non-verbale, trasmettere al bambino l’idea che lui è importante al di là del fatto che parli o meno. C’è un circolo vizioso che va spezzato: se gli chiediamo di parlare e aumentiamo le aspettative, manifesterà più ansia e parlerà di meno, noi allora insisteremo ancora di più e lui parlerà sempre di meno. Dobbiamo fare in modo di fargli avvertire meno aspettative (prima di tutto non chiedendogli espressamente di parlare): solo così comunicherà o parlerà di più e avrà meno ansia. Con gli insegnanti è utile seguire le stesse linee guida e strutturare un intervento graduale per portare nel contesto scolastico maggior relax e aprire alla possibilità della parola. Ricordiamoci sempre che i bambini con Mutismo Selettivo non scelgono di non voler parlare, vorrebbero tanto parlare ma non ci riescono proprio perché bloccati dall’ansia. Cerchiamo quindi di comprendere questa paura e di non leggere il loro comportamento come un atto volontario o come una sfida personale: non è affatto così. 

A cura di Maria Castellano
con la collaborazione della Dott.ssa Laura Ferla Psicologa
Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo