Il modo di affrontare gli eventi della vita è soggettivo. C’è chi tende a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto e a vivere le situazioni con ansia e paura, focalizzandosi sui problemi invece che sulle opportunità. Chi, al contrario, vede in ogni caso il bicchiere mezzo pieno, vive con serenità ed entusiasmo, affronta i rischi con spirito avventuroso, pensando di avere le capacità di superare gli ostacoli e riuscire a raggiungere i propri obiettivi. «Nel linguaggio comune s’intende per ottimismo la disposizione psicologica che induce a scegliere e considerare prevalentemente i lati migliori della realtà, oppure ad attendersi uno sviluppo favorevole del corso degli eventi . Lo psicologo Daiel Goleman definisce l’ottimismo come l’aspettativa che nella vita le cose andranno per il meglio nonostante le sconfitte e le frustrazioni. Il pessimismo, invece, è l’affrontare con sfiducia la realtà e l’esistenza» osserva la dottoressa Enrica Des Dorides, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Des Dorides, ma ottimisti si nasce o si diventa?
Secondo alcune scuole di pensiero l’ottimismo e il pessimismo sono insiti nell’individuo sin dalla nascita. Secondo Seligman, psicologo statunitense fondatore della psicologia positiva, questi due stili di pensiero e di comportamento sono assimilati dalle figure di riferimento e cominciano a manifestarsi nel corso dell’infanzia, facendosi più radicati man mano che passa il tempo. Ciò significa che sono potenzialmente modificabili. L’ottimismo potrebbe dunque essere appreso imparando una serie di abilità per interpretare gli eventi. Serve l’esercizio e la flessibilità di pensiero.

“Il pessimismo è una scusa per non tentare e una garanzia per assicurarsi di fallire”
Bill Clinton

Come fare?
Facendo leva sul desiderio naturale di migliorare si può ritrovare il meglio di se stessi dal punto di vista emotivo. Si potrebbe prendere in esame le proprie predisposizioni negative per trasformarle in un atteggiamento aperto e costruttivo che permetta di assaporare di più le esperienze piacevoli. Nel momento in cui prevale una visione negativa della vita è possibile liberarsi di tali pensieri cercando prima di tutto di individuarli ed accettarli. Risulta fondamentale concentrarsi sul “qui e ora” per vivere il momento presente che è il nostro punto di forza. Per questo è necessario fare riferimento sempre alla realtà che si vive per godere dei momenti che si susseguono, cercando di coglierne gli aspetti positivi. Ci sono poi due altri aspetti sui quali, una volta presa consapevolezza di essi, si può lavorare e che sono alla base del pessimismo e dell’ottimismo: la sensazione di poter esercitare o meno un controllo sugli eventi e il modo con cui ci spieghiamo ciò che ci succede. Chi è più ottimista crede di poter modificare eventi e circostanze a suo favore. La percezione di sentirsi potenti o impotenti deriva da come si’interpretano le situazioni. Ognuno ha un suo stile esplicativo per spiegarsi ciò che succede, legato anche alla visione di se stesso nel mondo; l’ottimista tende a percepirsi come persona degna di valore e meritevole. Il pessimista tende a considerarsi come un essere incapace o inadeguato.

Ma da cosa dipende lo stile esplicativo?
Lo stile esplicativo è caratterizzato da tre dimensioni.
> Permanenza. Quest’aspetto riguarda il tempo e il modo con il quale le persone si spiegano gli eventi. I pessimisti ritengono che le cause dei propri successi o fallimenti si protraggano nel tempo e non siano modificabili. Gli ottimisti il contrario.
> Pervasività. Si riferisce allo spazio. C’è chi riesce ad andare avanti anche quando sta affrontando esperienze dolorose e pervasive. C’è chi invece non riesce a mettere da parte le difficoltà che vive in un settore dell’esistenza con il rischio di mandare all’aria tutto il resto.
> Personalizzazione. È legata all’attribuzione causale degli eventi a noi stessi o a fattori esterni. Le persone ottimiste considerano i successi dovuti alle loro qualità e delimitano gli insuccessi come eventi occasionali. Le persone pessimiste tendono a non valorizzare il proprio contributo nella riuscita e a ingigantire gli insuccessi.
Chi ha un atteggiamento positivo in genere è oggetto di invidia da parte di chi tende a vedere sempre tutto nero.

“L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità”
WiNston Churchill

Ma può capitare di peccare di ottimismo?
L’ottimismo ha un impatto positivo sulla nostra salute. Ci aiuta a vivere meglio e più a lungo. Il sistema immunitario è più efficiente, ci si ammala meno e s’invecchia meglio. La sua funzione psicologica è quella di impedirci di cadere nell’apatia o nella disperazione di fronte a situazioni gravi e negative favorendo quindi la possibilità di poter valutare e trovare nuove soluzioni possibili. In questo caso si parla di resilienza. Questo termine indica la capacità di un materiale di resistere a un urto senza rompersi. È una competenza fondamentale per riuscire a resistere e riprendersi da un’esperienza traumatica. Invece quando il pensiero positivo diventa fine a se stesso creando un atteggiamento ingenuo e irrealistico, può rivelarsi un fattore negativo in quanto porta a distorcere la realtà o comunque a non vederla con la dovuta lucidità e obiettività. Reprimere la negatività può essere controproducente e dannoso perché bisogna considerare che le esperienze difficili, le prove e gli ostacoli esistono e prima o poi bisogna imparare ad affrontarli. Inoltre il rischio di sottovalutare la possibilità di correre pericoli potrebbe esporci al rischio di malattie, perdite o incidenti. Soprattutto nel momento storico di pandemia che stiamo vivendo ognuno di noi deve mantenere alto il proprio senso di responsabilità per il bene comune. Senza cadere in un eccessivo stato d’impotenza appresa o all’opposto nel costruirsi una visione edulcorata dell’esistenza, l’invito per tutti è di mantenere alto un sano senso di realismo. 

A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione della dott.ssa Enrica des Dorides
Psicologa e Psicoterapeuta
A Bergamo, Seriate, Gorlago e Trescore